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La Russia dice addio ai razzi Dnepr (e mette in difficoltà gli spagnoli)

Sarebbe dovuto partire entro dicembre dalla base di Dombarovsky con a bordo il satellite spagnolo Paz, ma è molto probabile che l’ultimo lancio del razzo russo-ucraino Dnepr sia stato quello del 26 marzo 2015, quando il vettore aveva portato in orbita il KOMPSat-3A per conto della Corea del Sud.

La decisione di sospendere il programma Dnper, vettore derivato dal missile balistico sovietico (ICBM, Intercontinental Ballistic Missile) SS18 Satan, era arrivata lo scorso aprile. È stata però comunicata dalle autorità russe solo poco prima di Natale, quando il generale Sergei Karakaev ha confermato all’agenzia TASS che «il presidente Putin ha deciso di annullare il programma Dnepr già il 15 aprile scorso». Così come per il lanciatore Zenit, anch’esso nato dalla collaborazione tra la Russia e l’Ucraina, a mettere la parola fine sul Dnepr sono state le difficili relazioni tra i due paesi a seguito della crisi di Crimea del 2014.

Il programma Dnepr era nato alla fine degli anni Novanta per riutilizzare i vecchi ICBM radiati dal programma START, e prevedeva una stretta collaborazione tra russi e ucraini: i primi fornivano i razzi Satan; i secondi, tramite l’azienda di proprietà statale Yuzhmash, li adattavano alle esigenze spaziali. L’aspetto commerciale era invece assegnato alla Kosmotras, una joint venture tra i due Stati partecipata anche dal Kazakistan. Le due basi di lanciIl programma Dnepr era nato alla fine degli anni Novanta per riutilizzare i vecchi ICBM radiati dal programma START, e prevedeva una stretta collaborazione tra russi e ucraini: i primi fornivano i razzi Satan; i secondi, tramite l’azienda di proprietà statale Yuzhmash, li adattavano alle esigenze spaziali. L’aspetto commerciale era invece assegnato alla Kosmotras, una joint venture tra i due Stati partecipata anche dal Kazakistan. Le due basi di lancio del vettore erano il cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan, e di Dombarovsky, nella Russia meridionale.o del vettore erano il cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan, e di Dombarovsky, nella Russia meridionale.

Il fairing della ventesima missione del Dnepr, avvenuta il 19 giugno 2014 con a bordo, tra gli altri, il satellite italiano Unisat-6; Credits: Kosmotras

Nei suoi anni di servizio, il Dnepr ha totalizzato 22 missioni, registrando un solo fallimento nel 2006, quando un esemplare vecchio di vent’anni si era schiantato in una zona desertica del Kazakistan a causa di un malfunzionamento di una camera di combustione. Grazie al suo basso costo e alla capacità di portare fino a 2,9 tonnellate in orbita LEO, il vettore si è ritagliato una discreta fetta di mercato nella messa in orbita di microsatelliti. Nel 2007 e nel 2013, in particolare, il Dnepr ha stabilito il record di spacecraft depositati nello spazio nella stessa missione, portando rispettivamente 14 e 32 payloads con un solo lancio.

Per conto dell’Italia, il vettore ha messo in orbita i satelliti universitari Unisat, il MegSat-1 e il PICPOT, il nanosatellite del Politecnico di Torino.

Con lo scoppio della crisi russo-ucraina del 2014, tuttavia, il destino del Dnepr era apparso da subito segnato, nonostante le rassicurazioni del marzo scorso (quando i vertici della Kosmotras assicuravano che «le notizie sulla sospensione del programma sono assolutamente false»). Inoltre l’azienda aveva annunciato l’intenzione di garantire i lanci già prenotati nel 2015 e anzi, ad agosto, aveva siglato (a Mosca in occasione del Maks) un contratto con la Spagna per il lancio della missione Paz entro dicembre.

Al momento della firma del contratto, però, il manifesto dei lanci del Dnepr prevedeva per dicembre ancora la prima missione di Iridium Next, rimandata poi di quattro mesi per un problema tecnico ai satelliti. A quel punto il Paz è stato assegnato a dicembre, spostando le prime due missioni di Iridium, pagate 51 milioni di dollari di cui 34 già versati, ad aprile 2016.

Vista l’interruzione del programma, ora resta da capire chi porterà a termine le tre missioni.

Al momento della firma del contratto, però, il manifesto dei lanci del Dnepr prevedeva per dicembre ancora la prima missione di Iridium Next, rimandata poi di quattro mesi per un problema tecnico ai satelliti. A quel punto il Paz è stato assegnato a dicembre, spostando le prime due missioni di Iridium, pagate 51 milioni di dollari di cui 34 già versati, ad aprile 2016.

Se per Iridium-Next c’è la possibilità in extremis di rivolgersi a un altro operatore (i lanci successivi sono previsti con il Falcon 9 SpaceX), per il satellite spagnolo la situazione è più delicata.

Come ha scritto il quotidiano El Pais, «la sospensione lascia in un limbo uno dei più importanti progetti del settore aerospaziale spagnolo», anche perché con una vita operativa prevista di sette anni il satellite «rischia l’obsolescenza tecnologica» già prima del lancio.

Il Paz è un satellite per l’osservazione della Terra con tecnologia radar ad apertura sintetica (SAR) sviluppato dalla Spagna e pensato per essere integrato con il satellite ottico SeoSat/Ingenio, attualmente in fase di sviluppo. Costruito da Airbus Defence&Space e costato circa 160 milioni di euro, al momento il Paz è ospitato in un hangar dell’aeroporto di Madrid Barajas, dove era già pronto verso il trasporto verso Baikonur.

Lo stesso El Pais lascia tuttavia aperta una possibilità. Le fonti riportate dal quotidiano di Madrid giurano che i più interessati a trovare una soluzione siano proprio i russi, che non vogliono essere tagliati fuori da un mercato in rapida evoluzione come quello dei lanciatori. E perdere un cliente come la Spagna potrebbe dar forza ai sempre più agguerriti concorrenti e mettere a rischio la loro idea dei lanci orbitali low cost effettuati tramite missili balistici riconvertiti.

(Foto: Kosmotras)

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