L’Expedition 55 esordisce con un’EVA
L’Expedition 55, iniziata ufficialmente con la partenza della Sojuz MS-06 di Misurkin, Vande Hei e Acaba, il 27 febbraio scorso, è da pochi giorni a ranghi completi. Al comandante Anton Shkaplerov (Roscosmos) e agli astronauti Scott Tingle (NASA) e Norishige Kanai (JAXA) si sono infatti aggiunti altri tre colleghi di esperienza: il russo Oleg Artemyev e gli statunitensi Andrew Feustel e Richard Arnold, che hanno attraccato la loro Sojuz Ms-08 al modulo Poisk il 23 marzo, quando in Italia erano le 21.40.
L’arrivo della Sojuz MS-08
Il trio era partito dalla piattaforma 1/5 (“Gagarinskiy start”) del cosmodromo di Bajkonur due giorni prima, il 21 marzo alle 19.44; un lancio e un volo perfetti, nella migliore tradizione dei Sojuz FG. Dopo 8 minuti e mezzo dal decollo, allo spegnimento del motore del terzo stadio, il segnalatore di 0 G, in questo caso un pupazzo raffigurante il lupo Zabivaka, mascotte dei prossimi mondiali di calcio in Russia, iniziava a fluttuare sopra le teste degli astronauti, stretti negli angusti spazi della navicella che doveva ospitarli per le successive 34 orbite.
Nonostante i progetti per rendere più veloce il viaggio verso la Stazione Spaziale Internazionale (la sperimentazione sui cargo Progress di un rendezvous rapidissimo, in due orbite, fino ad oggi è fallita per piccoli incidenti alla partenza), la maggior parte delle ultime capsule Sojuz, cinque sulle otto della serie MS, hanno adottato il profilo di volo più lungo in due giorni.
Nel caso del veicolo che trasportava Artemyev, Feustel e Arnold, non si è trattato di una soluzione di ripiego, adottata in conseguenza di qualche problema (come era accaduto allo stesso Artemyev nel 2014), ma di una decisione presa in sede di pianificazione della missione. Il rendezvous breve, in sei ore, non era compatibile con la posizione orbitale della ISS al momento del lancio: volerlo utilizzare avrebbe significato uno spostamento della data della partenza.
I tre non sembravano comunque particolarmente provati dal viaggio, quando, all’apertura del portello, hanno abbracciato i compagni che li attendevano a bordo e l’equipaggio si è riunito al completo nel modulo Zvezda, per il tradizionale collegamento con la terra.
I tre nuovi inquilini della ISS
Ma chi sono i nuovi componenti dell’Expedition 55? Nessuno dei tre ha il profilo classico dell’astronauta pilota, con trascorsi nell’aeronautica militare dei rispettivi paesi.
Oleg Germanovich Artemyev, infatti, classe 1970, nato in Lettonia quando ancora faceva parte dell’Unione Sovietica, ha trascorso nei paesi baltici gli anni di formazione, che l’hanno portato alla laurea in ingegneria industriale al Politecnico di Tallin (1990), seguita dalla specializzazione in Tecnica e fisica delle basse temperature all’Università tecnica di Mosca (1998). In seguito si è laureato in Gestione del personale all’Accademia russa per il servizio di Stato (2009), ma già dal 1998 aveva iniziato a lavorare in ambito astronautico, presso RKK Energia, sviluppando strumenti e procedure per l’addestramento alle attività extraveicolari e partecipando alla preparazione degli astronauti alle spacewalk sulla appena nata Stazione Spaziale Internazionale.
Nel 2003 fu selezionato come cosmonauta nel gruppo 15 di RKK Energia, con altri dieci colleghi tra i quali l’altro membro russo della Expedition 55, Anton Shkaplerov. Negli anni successivi passò attraverso varie attività di addestramento e partecipò a diversi programmi a terra, tra i quali Mars 500, simulazione delle condizioni di isolamento che si avranno in un viaggio su Marte. Finalmente, nel 2014, arrivò la possibilità di partecipare ad una vera missione sulla ISS. Come membro della Expedition 39/40 raggiunse la stazione a bordo della Sojuz TMA-12M il 27 marzo e vi si trattenne per 169 giorni, fino al 10 settembre, avendo anche la possibilità di accumulare 12 ore e 33 minuti di esperienza EVA, nel corso di due spacewalk russe.
Originario della Pennsylvania, ove nacque nel 1965, Andrew Jay Feustel (“Drew”) ha invece studiato geologia e geofisica presso la Purdue University, ottenendo nel 1995 un Ph.D. in Scienze Geologiche, con specializzazione in sismologia, presso la canadese Queen’s University. Dopo essersi mantenuto durante gli studi con varie attività, compresa quella di restauratore di automobili, dopo la laurea per alcuni anni ha messo a disposizione le sue competenze di geofisico a vantaggio delle attività di industrie minerarie e del petrolio.
Nel 2000 Feustel è stato selezionato come Mission specialist nel 18° gruppo di astronauti NASA. Anche per lui ci fu quasi un decennio di attesa della prima missione; nel frattempo ebbe modo di partecipare a diverse attività di training, tra cui nel 2006 NEEMO 10, durante la quale trascorse quasi una settimana nell’habitat sottomarino della NASA al largo delle coste della Florida.
Il battesimo dello spazio venne nel maggio del 2009 sullo Shuttle Atlantis con l’assegnazione all’importante missione STS-125, la quinta e ultima di manutenzione di Hubble. Fuestel di protagonista di 3 delle 5 attività extraveicolari con le quali il telescopio spaziare fu riparato e aggiornato.
Esattamente due anni dopo, tra maggio e giugno del 2011, insieme al nostro Roberto Vittori, fu parte dell’equipaggio dell’ultimo volo dell’Endeavour, STS-134, il penultimo della storia dello Shuttle a servizio della Stazione Spaziale. Durante la missione Fuestel, ai comandi del braccio robotico, partecipò all’installazione sul truss dell’Alpha Magnetic Spectrometer 2 e prese parte a tre delle quattro attività extraveicolari previste. In totale, prima dell’Expedition 55, Andrew aveva trascorso nello spazio 42 ore e 18 minuti nel corso di 6 EVA.
Richard Robert Arnold (“Ricky”) è il più anziano dei tre della Sojuz MS-08, essendo nato nel 1963 nel Maryland, dove si è laureato in Scienze, ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento e si è specializzato in Scienze marine e ambientali (1992). Arnold ha lavorato per diversi anni come docente di scienze in patria e in scuole americane in giro per il mondo (in Marocco, Arabia Saudita, Indonesia e Romania).
Questa carriera si è interrotta con la selezione nel 19° Gruppo di astronauti NASA nel 2004, in qualità di Mission Specialist-Educator. Successivamente anch’egli ha partecipato a vari programmi di training (tra i quali NEEMO 13 nel 2007 e NEEMO 15 nel 2011) ma, più fortunato degli altri due compagni, ha visto un’assegnazione ad una prime crew già nel marzo del 2009, nel volo dello Shuttle Discovery denominato STS 119 e diretto verso la stazione spaziale per installare la sezione S6 del truss, con l’ultima coppia di pannelli solari. Nel corso delle due settimane vissute in orbita Arnold ha avuto la possibilità di effettuare due EVA, per una durata complessiva di 12 ore e 34 minuti.
L’US-EVA-49
Non era trascorsa nemmeno una settimana dal loro ritorno sulla ISS che due dei tre nuovi arrivati hanno indossato le tute EMU per effettuare una nuova spacewalk, la 49° del settore statunitense e la 209° nella storia della ISS. Feustel e Arnold avrebbero dovuto compierla tra alcune settimane (tre EVA erano programmate tra maggio e giugno), ma i tecnici della NASA hanno valutato opportuno riempire il piccolo gap nelle operazioni tra l’arrivo della Sojuz MS-08 e quello del prossimo cargo Dragon CRS-14, previsto per il 4 aprile prossimo, per ottimizzare la lista delle attività future. D’altra parte, come abbiamo visto, i due astronauti americani non mancavano certo di esperienza nel lavoro al di fuori di veicoli spaziali (mentre l’altro statunitense a bordo, Scott Tingle, ha compiuto la sua prima EVA nel gennaio scorso) ed erano ancora freschi dell’addestramento compiuto a terra, prima di partire.
Il giorno fissato, giovedì 29, Feustel e Arnold hanno iniziato i preparativi per l’uscita, aiutati dai colleghi Tingle e Kanai. Arnold, EV-2, ha indossato la EMU 3003 e Feustel la 3006, con le fasce rosse che contraddistinguono EV-1. Proprio quest’ultima ha creato i primi problemi della giornata. Durante le prove di tenuta, per tre volte la tuta ha fatto riscontrare delle perdite. Per fortuna, è stato sufficiente che Feustel si togliesse guanti e casco e che i punti di chiusura fossero accuratamente puliti, per superare la difficoltà. Il quarto test dava esito positivo e i due astronauti potevano passare alle ulteriori fasi di preparazione, pur avendo ormai accumulato un’ora e mezzo di ritardo sul programma.
In Italia erano le 15.33 quando l’attivazione delle batterie delle due EMU segnava l’inizio ufficiale della EVA 49. I due lasciavano l’airlock Quest in due diverse direzioni. Feustel si dirigeva al Nodo 3, Tranquillity, mentre Arnold recuperava un appoggio per i piedi da montare sul braccio robotico.
Compito di EV-1 era l’installazione, all’estremità del nodo 3 di due antenne per la rete WiFi esterna di cui è dotata la stazione, in modo da poter fornire una connettività a larga banda alle apparecchiature disposte sull’ Exposed Facility Unit 10, collocato all’estremità del modulo Kibo, proprio davanti a Tranquillity. Il potenziamento è pensato in funzione dell’installazione di ECOSTRESS, (“ECOsystem Spaceborne Thermal Radiometer Experiment on Space Station”), un telescopio a infrarossi sviluppato dal JPL che sarà in grado di raccogliere immagini ad alta risoluzione in cinque diverse lunghezze d’onda per ricerche sull’ambiente.
ECOSTRESS, un dispositivo di quasi mezza tonnellata che raggiungerà la stazione nel prossimo giugno a bordo della Dragon CRS-15, sarà connessa via cavo all’Expose Facitily, per quanto riguarda alimentazione, raffreddamento, telemetria e comandi, ma dovrà disporre di una banda dai 2.3 e 4.5 Mbit/s sulla rete wireless per trasmettere i dati sperimentali raccolti.
Le antenne erano montate su due corrimano che Feustel è riuscito agevolmente a sostituire sui due lati dell’estremità di Tranquillity rivolti verso terra e verso lo spazio. Il suo lavoro si è concluso con la connessione alle antenne dell’alimentazione e della rete dati.
Nel frattempo Arnold era stato trasportato dal Canadarm2, pilotato da Tingle e Kanai dall’apposita postazione all’interno di Destiny, fino al segmento P1 del truss, dove si trova il radiatore del lato port (di sinistra rispetto alla direzione orbitale della ISS) nei cui circuiti sin dal 2016 è stata identificata una perdita di ammoniaca, ossia del liquido di raffreddamento.
Attraverso varie analisi ed osservazioni (molti lettori ricorderanno le spettacolari immagini HD dell’EVA 40, nel marzo 2017, in cui l’astronauta ESA Thomas Pesquet ispezionava proprio questi dispositivi) i tecnici NASA hanno potuto identificare la causa della perdita in uno dei sei Radiator Beam Valve Module (RBVM), che regolano l’afflusso di ammonica nei radiatori, per la precisione quello identificato dalla sigla P1-2-0113. Compito di EV-2 era quello di smontare due tubi che collegano l’RBVM, preventivamente disattivato e svuotato dal liquido di raffreddamento, al radiatore, in modo da poterli riportare a terra per studi dettagliati.
Arnold portava a termine il suo lavoro senza incontrare particolari difficoltà, mentre Feustel, che aveva concluso l’installazione delle antenne, trovava il tempo per svolgere un paio di compiti secondari, in preparazione della prossima EVA, presso la sezione S0 del truss.
A questo punto, quando gli astronauti erano fuori dalla stazione da quasi tre ore, i controller di Houston rilevavano un nuovo imprevisto: i dispositivi delle due EMU che rimuovono la CO2 erano prossimi ad esaurire le loro capacità di lavoro e non avrebbero probabilmente permesso all’EVA di protrarsi fino alle 6 ore. Ciò suggeriva ai tecnici di semplificare il terzo principale compito previsto per la spacewalk, ossia la sostituzione di un CLPA (“Camera, Light, Pan/Tilt Assembly”) un dispositivo mobile dotato di luci e telecamere, situato sopra il segmento P1 del truss, che, per un guasto, non poteva più essere orientato. Arnold avrebbe dovuto limitarsi a sostituire l’intero CLPA con un ricambio che intanto Feustel aveva portato fuori dall’airlock, senza recuperare e riposizionare la camera ad alta definizione, che sarebbe stata portata all’interno della stazione e rimossa in un secondo tempo.
Mentre il collega montava il nuovo pezzo, operando ancora sul braccio robotico, Feustel si affrettava a riportare al modulo Quest quello vecchio, che non poteva essere lasciato a lungo nello spazio privo di riscaldamento, senza subire ulteriori danni. L’intera operazione si è svolta così agevolmente da convincere Houston ad un nuovo cambio di programma, invitando EV-1 a smontare la telecamera HD e a portala ad EV-2 per l’installazione nella sede definitiva. Arnold ha potuto così completare il lavoro secondo il secondo il piano iniziale; la conferma del successo è arrivata immediatamente, attraverso le immagini dell’astronauta trasmesse dalla camera appena ricollegata.
Superate le cinque ore fuori dalla stazione, Arnold riceveva da terra il comando di liberare il braccio robotico e ritornare all’airlock, mentre per Fuestel veniva indicato un altro compito accessorio, sulla piattaforma ESP-2, in prossimità di Quest: l’allentamento dei bulloni del modulo della pompa per l’ammoniaca che sarà installato in una prossima EVA.
Portata a termine anche questa missione senza problemi (per una volta gli astronauti non hanno dovuto lottare con viti e bulloni riottosi) per Drew e Rick veniva il momento del rientro. L’EVA 49 si concludeva alle 21.43 (ora italiana) con un bilancio del tutto positivo, a dispetto di qualche spiacevole imprevisto. Ai due spacewalker non rimaneva che aggiornare i loro log. Ora Fuestel può vantare 7 EVA per un totale di 48 ore e 28 minuti (12° posto assoluto), mentre Arnold ne può contare 3 che assommano a 18 ore e 44 minuti. Totali provvisori, dal momento che, come si è detto, durante l’Expedition 55 sono in programma altre due uscite.
Video di alcuni eventi che hanno riguardato l’Expedition 55. Liftoff della Sojuz MS-08
Docking con la ISS
Apertura del portello e incontro con la crew a bordo della ISS
L’intera diretta dell’EVA 49
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