Il futuro del VEGA secondo AVIO
Nei prossimi anni il mercato dei lanciatori diverrà, se possibile, ancora più agguerrito. E per questo AVIO è già al lavoro sui vettori del prossimo decennio, che andranno a completare la famiglia VEGA. L’obiettivo è lo stesso: essere competitivi sul mercato, contenendo i costi, ma conservando lo stesso livello di affidabilità. Una sfida non facile, che si potrà vincere solo puntando sulla ricerca tecnologica.
Un nuovo VEGA più grande, la versione E (Evolution), che potrà portare in orbita fino a 3 tonnellate di carico, e uno più piccolo, detto Light, che invece si andrà a inserire – a modo suo – nel mercato dei satelliti fino a 500 Kg.
È questa la strategia di AVIO per gli anni a venire, che ha l’obiettivo di mantenere l’azienda di Colleferro – la “Città dello Spazio” una trentina di Km a sud di Roma – ai vertici del segmento dei lanciatori “leggeri”, un mercato che sta diventando sempre più affollato.
L’azienda lavora al VEGA, che al momento ha uno score di 9 successi in altrettanti lanci, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), tramite la joint venture ELV, a sua volta responsabile del 65% del vettore dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).
Un VEGA “evoluto”
Se tutto andrà per il verso giusto, cinque anni dopo il volo qualifica del VEGA C (Consolidation), previsto nel 2019, AVIO festeggerà un nuovo battesimo dell’aria, quello del VEGA E, terzo step evolutivo del vettore italiano.
Al momento è infatti fissata al 2024 la data del primo volo del VEGA Evolution, il fratello maggiore del VEGA di oggi.
A conti fatti però, tra la variante E e l’attuale versione ci sarà ben poco in comune, se non il nome.
Il VEGA E prenderà in dote dal VEGA C i primi due stadi, il P120C e lo Zefiro 40, che a loro volta sono la principale differenza tra la seconda evoluzione e il VEGA standard, che oggi utilizza i più piccoli P80 e Z23. Inoltre, il futuro veicolo sarà composto da tre stadi, uno in meno dei predecessori.
L’Evolution perderà infatti una sezione, con il terzo stadio Z9 e l’AVUM che verranno collassati in un nuovo, più completo, upper stage, che sarà dotato del motore MIRA, attualmente in fase avanzata di sviluppo. L’intera sezione è al momento nota come VUS, acronimo di VEGA E Upper Stage, e si prevede possa essere il 35% più performante dell’accoppiata Z9 – AVUM.
Complessivamente, il VEGA E sarà in grado di portare in orbita eliosincrona circa 3 tonnellate di carico, 800 kg in più del VEGA C e sostanzialmente il doppio dell’attuale versione.
«Il MIRA sarà la principale innovazione del VEGA E: un motore green alimentato da ossigeno liquido e metano», ha spiegato a Fly Orbit News nello stand dell’azienda all’ultimo Paris Air Show Paolo Bellomi, responsabile progetti sviluppo di AVIO.
Una delle caratteristiche principali del MIRA sarà la capacità di funzionamento impulsivo, cioè la possibilità di effettuare delle brevissime accensioni. «Si tratta di una proprietà che permette manovre orbitali che hanno bisogno di poca spinta per un tempo molto ristretto: e questo si traduce in molta precisione nell’inserimento», ci racconta ancora Bellomi, che puntualizza come tale possibilità sia assolutamente preclusa ai motori più grandi.
Il MIRA, in particolare, potrà effettuare fino a dieci riaccensioni (esclusi i microimpulsi) in orbita, anche se sarà qualificato nei test al banco fino a 40 volte.
Nell’attuale panorama del volo spaziale, effettuare in orbita multiple riaccensioni apre nuovi scenari nel campo dei servizi commerciabili ai potenziali clienti. L’idea di AVIO, in sostanza, è creare quello che Bellomi ha definito uno «scuolabus orbitale», un veicolo molto versatile «in grado di rilasciare una costellazione intera con qualsiasi cambio di anomalia». Oggi – ci ha assicurato – «nessun lanciatore è in grado di farlo».
Inoltre, grazie all’integrazione tra il VEGA e lo Space Rider – spazioplano riutilizzabile anch’esso Made in Italy che farà il suo esordio sulla Consolidation – sarà possibile «creare un mondo di servizi direttamente in orbita». Ad esempio, un’azienda che avrà bisogno di certificare un qualsiasi payload nello Spazio non dovrà più preoccuparsi di svilupparci lo spacecraft intorno, ma potrà fare affidamento sulla piattaforma di offerta dallo Space Rider. Il veicolo, a cui si sta lavorando al Centro italiano ricerche aerospaziali (CIRA) di Capua, effettuerà il suo debutto nel 2020 ed è progettato per rimanere in orbita fino a due mesi prima di rientrare sulla Terra.
Nel mondo dei lanciatori di oggi però, come sta dimostrando SpaceX dall’altra parte dell’Atlantico, essere solo affidabili non basta più e il prezzo – per anni parametro sostanzialmente ignorato – è rapidamente diventato fondamentale. Mentre negli Stati Uniti la strada intrapresa per contenere i costi è la riusabilità, la possibilità di utilizzare più volte il medesimo lanciatore, in Europa si è deciso di puntare su altri aspetti, soprattutto industriali e produttivi.
Da un lato, il primo stadio P120C dei futuri VEGA sarà in comune con l’Ariane 6, che lo utilizzerà come booster. Si tratta di una condivisione di elementi che consentirà di aumentare la produzione e creare economie di scala, che genereranno risparmi.
Dall’altro si punterà sulla tecnologia produttiva, soprattutto grazie all’additive manufacturing.
Il MIRA, ad esempio, potrebbe sfruttare uno specifico brevetto di AVIO che consente di costruire la camera di combustione in un’unica fusione e in un unico materiale. «La nostra tecnologia permette di passare da migliaia di parti ad una sola e questo sarà un grande vantaggio nel costo di produzione e nel prezzo finale», racconta il dirigente dell’azienda.
Ad oggi AVIO sta lavorando sulla versione F (flight) del MIRA, quella di volo, e nel corso degli ultimi anni ha testato duramente i primi prototipi, che hanno mostrato la bontà del progetto. «Durante le prove al banco il MIRA ha messo in luce un alto grado di resilienza e ci ha perdonato alcune nostre ingenuità, continuando a funzionare anche quando un propulsore a kerosene “tradizionale” ci avrebbe piantato», ci ha raccontato Bellomi.
Inoltre, sul fronte costi, è la stessa propulsione a metano ad essere intrinsecamente più economica. «L’accoppiata metano-ossigeno permette lo sviluppo di uno stadio più compatto, più leggero e meno costoso». Anche se l’impulso specifico del metano è più basso, «quel che si perde si guadagna in massa e, in ultima analisi, in costo».
Non a caso dall’alta parte dell’Atlantico la propulsione a metano è considerata la prossima frontiera del volo spaziale, con SpaceX che sta lavorando sui motori Raptor e Blue Origin sui BE-4, che alimenteranno il New Glenn e (probabilmente) il Vulcan di United Launch Alliance (ULA). Ma anche in Europa si guarda con interesse al metano: oltre al MIRA, nel vecchio continente si sta lavorando a Prometheus, un dimostratore tecnologico per i motori del vettore pesante del dopo Ariane 6.
«Crediamo che il MIRA possa essere una rivoluzione: il nostro obiettivo è portare la propulsione criogenica allo stesso livello di costo di quella a solido, più conveniente e su cui si basa la storia di AVIO», ha quindi aggiunto Bellomi.
Un VEGA in versione Light
Secondo un report dell’azienda americana SpaceWorks, nel 2022 il mercato dei piccoli satelliti varrà 7,5 miliardi di dollari, triplicando di fatto rispetto il valore. Dal 2010, inoltre, il numero si spacecraft di piccoli dimensioni lanciato nello Spazio è più che quadruplicato, arrivando ad oltre 500 unità l’anno. Insomma, il mercato è in fermato e i provider si stanno preparando.
Quando si parla di piccoli satelliti si è di fronte ad un ampio spettro di spacecraft, che possono essere grandi come una scatola di scarpe, i cosiddetti CubeSat, ma anche pesare fino alla mezza tonnellata.
Nel segmento AVIO ha già affilato le sue armi, presentando proprio al PAS2017 il Small Spacecraft Mission Service (SSMS), un dispenser da installare sulle diverse varianti del VEGA per trasportare un elevato numero di satelliti (che variano in base alla dimensioni) per singolo lancio. Il volo di qualifica dell’SSMS è previsto nel 2018 e, secondo il numero uno dell’azienda Giulio Ranzo, permetterà di «soddisfare le richieste sempre più sofisticate dei clienti dei piccoli satelliti fornendo loro un servizio dedicato e competitivo».
Inoltre, in vista del VEGA C, l’azienda si prepara a migliorare l’upper stage AVUM, aumentandone sia la capacità dello stadio e sia il numero di riaccensioni del motore ucraino RD-843, che potrebbero salire dalle attuali cinque fino a venti totali.
Oltre all’SSMS e l’evoluzione dell’AVUM però, AVIO ha in mano un’altra carta, il VEGA Light, un versione più piccola ed economica del vettore « Se consideriamo il mercato attuale e futuro, il VEGA Light è un’evoluzione necessaria», ci ha detto ancora Bellomi al PAS2017, dove l’azienda ha mostrato il lanciatore “leggero” per la prima volta.
Il VEGA Light si inserisce in una particolare nicchia di mercato ed è pensato di fatto per portare in orbita tutto ciò che – per diversi motivi – non può essere trasportato con il VEGA “completo”. «Per questioni logistiche, di traiettoria o di disponibilità, alcuni payload molto particolari potrebbero non poter volare sul VEGA con l’SSMS, allora in questo caso la soluzione diventa il lancio singolo con il Light», ci ha raccontato Bellomi.
Insomma, uno specifico cliente, soprattutto governativo, potrebbe non volere un lancio in piggyback con altri provider, ma una missione dedicata, più rapida e precisa.
La versione Light è quindi un vettore «complementare» all’intera famiglia, che ne «completa l’offerta», e che ha il vantaggio di una campagna di lancio molto breve, di una sola settimana. «Il VEGA Light è pensato per clienti che hanno un bisogno immediato del lancio: il vettore sarà sempre stoccato e pronto all’uso, con la missione che può essere organizzata in settimane e non in mesi», ci ha raccontato ancora Bellomi.
Dal punto di vista tecnico il VEGA Light sarà un bistadio derivato dalle generazioni C ed E, con un primo stadio alimentato a solido e un upper stage a liquido, l’AVUM se dalla seconda evoluzione e il VUS, con il MIRA, se dalla terza. L’obiettivo è trasportare fino a mezza tonnellata in orbita eliosincrona a 300 Km, con costo di lancio di circa 12 milioni di euro.
«Si tratta di un prezzo assolutamente competitivo, che ci permette di rivaleggiare con gli altri provider: il VEGA Light non è certamente una rivoluzione, ma darà al mercato un’altra opzione rapida nelle orbite basse», ha concluso Bellomi.
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