Rientrata a Terra la capsula della Chang’e 5 Test Mission
La Cina completa con successo la missione lunare di test in preparazione all’ambiziosa Chang’e 5, che nel 2017 riporterà a Terra dei campioni di suolo lunare.
Venerdì 31 ottobre 2014 alle 22:42 GMT si è conclusa con un atterraggio perfetto nella Mongolia cinese la missione della piccola capsula automatica che ha effettuato un viaggio di 8 giorni dalla Terra alla Luna e ritorno, dimostrando che la Cina è in grado di far rientrare a Terra un veicolo proveniente dalla Luna.
L’obiettivo principale di questa missione, denominata Chang’e 5 Test Mission, era quello di testare un veicolo in grado di resistere alle sollecitazioni di un viaggio Terra-Luna-Terra e al relativo rientro atmosferico ad altissima velocità. L’intera navicella era costituita da un modulo di servizio (frutto delle precedenti esperienze con le missioni lunari Chang’e 1 e Chang’e 2 del 2007 e 2010) e da un veicolo di rientro identico a quello che verrà utilizzato nella missione Chang’e 5 nella quale si tenterà di riportare a Terra dei campioni di suolo lunare.
Dopo il lancio, avvenuto il 23 ottobre scorso per mezzo di un razzo Lunga Marcia 3C/E, la navicella si è inserita in una traiettoria lunare di ritorno libero che in 4 giorni l’ha portata a girare attorno al nostro satellite, sorvolandolo ad una distanza minima di 12.000 km, per poi tornare verso la Terra coprendo il percorso di ritorno in altri 4 giorni. Fra andata e ritorno la navicella ha effettuato solo tre manovre per la correzione della rotta (due all’andata e una al ritorno) dimostrando un’ottima precisione del lancio e della successiva navigazione.
I due componenti della navicella si sono separati alle 21:53 GMT del 31 ottobre, quando si trovavano a 5.000 km dal nostro pianeta. Tre minuti dopo, il modulo di servizio ha acceso il suo motore per effettuare una manovra diversiva atta ad impedire il suo rientro distruttivo in atmosfera non essendo dotato dello scudo termico che invece ha protetto il veicolo di rientro. Quest’ultimo ha iniziato il rientro atmosferico 20 minuti dopo la separazione dal modulo di servizio alla velocità record (per il programma spaziale cinese) di 11 km/s mentre sorvolava la costa del Kenya. Per ridurre al massimo il surriscaldamento dovuto al fortissimo attrito è stato utilizzato un profilo di rientro in due fasi (chiamato skip re-entry), già effettuato con alterne fortune dalle sonde russe Zond negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso ed inizialmente ipotizzato anche per le missioni americane Apollo.
La manovra consiste in un primo tuffo nell’atmosfera fino a circa 60 km di altezza seguito da una manovra di risalita fino a 140 km (e quindi nuovamente al di fuori dell’atmosfera). Durante quest’ultima manovra è importantissimo che la navicella acquisisca la corretta velocità sub-orbitale e la giusta traiettoria per fare in modo che atterri nel luogo prescelto. La precisione richiesta nel corridoio d’ingresso è nell’ordine dei 0,2 gradi! Questo secondo ingresso in atmosfera è avvenuto alle 22:22 GMT seguito 10 minuti dopo dall’apertura del paracadute con il veicolo che si trovava a circa 10.000 metri di quota. Dopo altri 10 minuti di volo con il paracadute dispiegato, la navicella ha infine toccato il suolo nel distretto di Siziwang Banner all’interno della Mongolia cinese. Si tratta della stessa regione in cui vengono fatte atterrare le capsule Shenzhou del programma spaziale cinese con equipaggio.
L’atterraggio è stato talmente preciso che gli elicotteri delle squadre di recupero sono arrivati sul posto nel giro di pochissimi minuti. All’interno della capsula erano contenuti svariati kg di campioni atti a valutare gli effetti del viaggio su organismi viventi, fra cui semi e piante. Dopo l’atterraggio il veicolo di rientro ed il suo carico sono stati portati a Pechino per essere ispezionati a fondo. I primi rilievi tuttavia mostrano già che la capsula ha sopportato egregiamente le sollecitazioni del viaggio e del rientro atmosferico.
Questo successo permetterà ora all’agenzia spaziale cinese di guardare con fiducia alla missione Chang’e 5, benché quest’ultima sarà notevolmente più complessa. Vedrà infatti all’opera una navicella di 8 tonnellate suddivisa in 4 moduli e con il compito (mai testato prima) di raccogliere campioni lunari, effettuare una risalita dalla superficie con successivo rendezvous in orbita lunare e scambio dei campioni con il modulo che effettuerà il viaggio di ritorno sulla Terra. Di tutte queste manovre ne potrà essere testata solo una prima del lancio, e cioè la raccolta di campioni che sarà con tutta probabilità uno degli obiettivi della Chang’e 4 prevista per il prossimo anno.
Nel frattempo il modulo di servizio utilizzato in questa Chang’e 5 Test Mission verrà mantenuto attivo almeno fino al prossimo maggio. L’accensione successiva alla separazione dal veicolo di rientro è durata 12 minuti, ha variato la sua velocità di 650 km/h e lo ha portato verso il punto lagrangiano L2 del sistema Terra-Luna. Questo punto si trova 60.000 km dietro la Luna, dal punto di vista terrestre, ed il modulo di servizio vi rimarrà per un breve periodo prima di effettuare delle manovre che lo inseriranno in orbita lunare. Nei suoi serbatoi rimangono ancora 800 kg di propellente sui 1.065 kg che contenevano al lancio. Con questa enorme riserva di carburante potranno essere effettuate molte manovre in orbita lunare in vista delle delicate operazioni richieste dalla missione Chang’e 5.
Oltre al modulo di servizio, anche il terzo stadio del Lunga Marcia 3C/E si trova ancora nello spazio. Attualmente è su un’orbita terrestre di 140.000 x 415.000 km con un’inclinazione di 50 gradi. A bordo di questo stadio si trova l’esperimento radio 4M che dovrebbe esaurire entro brevissimo tempo le sue riserve di energia. Dopodiché potrà contare solo sui suoi pannelli solari che però non essendo orientabili verranno illuminati dal Sole in maniera del tutto casuale dal momento che non è più attivo il controllo attitudinale del terzo stadio.
Fonte: Spaceflight101
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