L-18: Ripensando agli esami Sojuz della settimana scorsa

L'equipaggio della Soyuz TMA-15M con Samantha Cristoforetti sceglie uno scenario d'esame. Credit: GCTC
L'equipaggio della Sojuz TMA-15M con Samantha Cristoforetti sceglie uno scenario d'esame. Credit: GCTC

Dal Diario di bordo di Samantha Cristoforetti:

Star City (Mosca, Russia), 5 novembre 2014—Come sapete, la settimana scorsa Terry, Anton e io abbiamo passato i nostri esami finali. Quello veramente grosso, naturalmente, è l’esame Sojuz di un giorno intero, dove simuliamo ogni cosa dal lancio al rientro. Ho parlato di come funziona tutto questo quando ho sostenuto l’esame come equipaggio di backup.

In quell’occasione, quando è arrivato il momento di scegliere una delle cinque buste con gli scenari d’esame, ci è capitato di prendere lo scenario più difficile (e fisicamente più scomodo), quello con l’incendio. Visto che abbiamo preso quello, non è stato più disponibile alla scelta per l’equipaggio primario il giorno seguente.

Questa volta, il nostro equipaggio di backup ci ha fatto lo stesso favore: hanno dovuto affrontare lo scenario dell’incendio nel loro esame di giovedì, così, quando ci siamo presentati venerdì per scegliere fra le quattro buste rimanenti, sapevamo almeno che non ci sarebbe toccato ancora l’incendio!

La nostra prima avaria si è verificata dopo l’inserimento: si è guastata una valvola di un sistema di controllo termico, così per il resto della simulazione abbiamo dovuto controllare la temperatura manualmente accendendo e spegnendo la pompa che fa circolare l’acqua verso i radiatori.

Il nostro sistema di rimozione della CO2 nel modulo orbitale ha anche avuto un problema minore: si è guastato il motore della ventola principale e il passaggio automatico al motore di backup non è avvenuto, così ci siamo dovuti prendere cura manualmente anche di quello.

Poi c’è stato un guasto al computer prima dell’attracco, a un paio di km dalla Stazione, e Anton ha dovuto pilotare manualmente l’avvicinamento da lì. Come potreste ricordare, facciamo un bel po’ di pratica in proposito e c’è perfino un esame separato per quello.

Dopo la pausa del lancio è arrivato il momento di simulare il distacco e la discesa. Abbiamo potuto ritenere che il computer principale fosse di nuovo in funzione a questo punto e abbiamo eseguito un distacco nominale, dopo il quale ci siamo resi conto che uno dei serbatoi di ossigeno, quello situato nel modulo di discesa, stava perdendo riversando ossigeno nella cabina. È una situazione pericolosa perché non vogliamo che la percentuale di ossigeno superi il 40%, che è considerato un rischio di incendio. Così abbiamo chiuso una valvola per isolare quel serbatoio. Fino alla separazione, ci sono in ogni caso quattro altri serbatoi di ossigeno nel modulo di servizio e, dopo la separazione, avevamo abbastanza ossigeno in cabina per respirare fino all’atterraggio, così non c’è stato bisogno di aprire la valvola (se non ricordate cos’è la separazione, l’ho spiegato qui).

Ma abbiamo dovuto riaprire comunque la valvola dopo che lo scudo termico è stato espulso: ciò accade a circa 5 km di altitudine, ben dopo l’apertura del paracadute. Una volta che lo scudo termico non c’è più, viene inviato un comando per aprire due valvole ridondanti (sulle quali non abbiamo alcun controllo manuale) che permettono all’ossigeno rimanente nel modulo di discesa di essere scaricato. Sarebbe piuttosto pericoloso avere il serbatoio pieno di ossigeno all’atterraggio, così abbiamo dovuto ricordare di aprire anche la valvola manuale, per fare in modo che avvenisse lo svuotamento.

Nel mezzo abbiamo avuto un altro paio di guasti, naturalmente. Il motore principale ci si è guastato a metà dell’accensione di deorbitazione, e un convertitore di segnale nel sistema di controllo del rientro non ha funzionato, lasciandoci senza giroscopio e sensore di rateo: l’unica soluzione, passare al rientro balistico. Nemmeno il sistema di rientro balistico “primario”, ma uno di backup, che utilizza il suo specifico sensore di rateo di backup.

La Sojuz ha effettivamente molte opzioni per passare a una modalità di rientro alternativa meno preferibile in seguito a ogni sorta di avaria: in un modo o nell’altro, vi porta a casa!

Foto credit: GCTC

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS. Leggi il Diario di bordo di Samantha Cristoforetti e l’introduzione.

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Samantha Cristoforetti

Ingegnere ed ex ufficiale dell'Aeronautica Militare, dal 2009 è un’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Ha volato nello spazio per 199 giorni, dal 23 novembre 2014 all'11 giugno 2015 per la missione Futura, svoltasi a cavallo tra Expedition 42 ed Expedition 43.