Ennesimo test in vista dell’Exploration Flight Test-1 di Orion
In vista del primo volo di test della capsula Orion previsto per settembre 2014 e denominato Exploration Flight Test-1 (EFT-1), si sono svolti a fine giugno dei test di compatibilità per l’hardware di recupero.
L’Exploration Flight Test-1 è una sorta di replica della missione Apollo 4 del 1967 e serve a validare i principali sistemi della capsula ma soprattutto lo scudo termico grazie ad un rientro ad alta velocità: la missione infatti prevede che Orion venga lanciata a bordo di un vettore Delta IV in versione Heavy su di un’orbita molto elittica, e quindi, dopo aver raggiunto un’altezza di circa 6700 Km alla sua seconda orbita, che effettui un rientro ad alta velocità in atmosfera e che si tuffi nell’Oceano Pacifico dove verrà recuperata con la collaborazione della United States Navy.
In agosto presso la Naval Station di Norfolk in Virginia il Ground System Development and Operation Program del centro Kennedy in Florida, l’ente incaricato di sviluppare le operazioni di recupero dopo lo splashdown, effettuerà dei test sulle procedure e sulle attrezzature deputate al recupero della capsula. Prima di poter eseguire questi test, tra il 25 ed il 28 giugno scorsi presso il Langley Research Center in Virginia si è proceduto alla verifica della compatibilità hardware delle attrazzature costruite appositamente per questo scopo da un pool di tecnici ed ingegneri del Kennedy Space Center in Florida, del Langley Research Center in Virginia e del Loockheed Martin Space Operations in Colorado.
Per la prima volta presso il “Trim Pad” di Langley (il piazzale in cemento adiacente all’hangar in cui era contenuta l’attrezzatura) sono stati assemblati e testati nello stesso luogo il Boilerplate Test Article (BTA) di Orion, il prototipo dell’handling fixture bumper assembly progettato del centro Kennedy ed il crew module recovery cradle progettato invece da Lockheed Martin.
Il BTA di Orion è un prototipo della capsula a grandezza naturale progettato e costruito dal centro di Langley che lo ha utilizzato originariamente durante i test di impatto in acqua del progetto SPLASH (Structural Passive Landing Attenuation for Survivability of Human-crew). Lo stesso centro si è quindi occupato di modificarlo per simulare i pesi e la distribuzione di massa che avrà la capsula alla fine della missione EFT-1 nonchè di aumentarne la resistenza all’acqua per le operazioni di recupero.
Mike Generale, manager delle Orion Recovery Operation e direttore al Kennedy dei test di recupero, afferma che oltre alla conferma della compatibilità fisica delle attrezzature, uno degli obiettivi di questi test è imparare ad usarle ed acquisire pratica nell’assemblarle e disassemblarle.
Durante i test il team si è prima preoccupato di disegnare sul cemento la sagoma del ponte della nave che verrà utilizzata per i test così da verificare anche che l’attrezzatura possa essere imbarcata ed utilizzata a bordo.
L’handling fixture bumper assembly è la prima attrezzatura relativa al recupero che è stata completata e consegnata a Langley in maggio e si tratta di un pezzo unico che è stato progettato dal Kennedy’s Prototype Laboratory e costruito presso il Launch Equipment Test Facility del centro da un gruppo di fornitori di Engineering Services. L’ingegnere del Prototype Laboratory che ne ha guidato la creazione, Jeremy Parr, ha spiegato che il lavoro è iniziato utilizzando dei modelli a computer tramite CAD e quindi, man mano che i requisiti venivano definiti, si è arrivati al design definitivo nel giro di circa un mese. Si tratta sostanzialmente di un telaio in travi d’acciaio di circa 5 metri per 6 metri con l’aggiunta di una struttura paraurti che può muoversi in verticale lungo delle guide e che serve ad orientare la capsula nella giusta posizione rispetto al telaio.
Lo scopo dell’attrezzatura è chiaro nelle parole di Mike Generale: “L’handling fixture permette di muovere il test article dentro e fuori dalla nave della marina e può essere utilizzata per immagazzinarlo in sicurezza a bordo”.
Il crew module recovery cradle permetterà quindi di mettere in sicurezza Orion sulla nave e di scaricarlo una volta arrivati in porto.
Il test di compatibilità ha dato anche l’opportunità di verificare come le procedure sviluppate da NASA si integrino con le procedure e le attrezzature sviluppate invece dalla marina e questa collaborazione assicurerà il successo operativo durante lo svolgimento della missione EFT-1 come ha dichiarato Lisa Hawks, manager del programma SPLASH.
Questo è un piccolo video dei test
Fonte: http://www.parabolicarc.com/2013/07/09/orion-undergoes-fit-check-for-recovery-test/
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