Il modulo russo Nauka entra in una nuova fase
La luce in fondo al tunnel, la fine di un lungo percorso partito il 3 settembre 2021. Sergej Prokop’ev e Dmitrij Petelin hanno portato a compimento una serie, se non la serie di attività extraveicolari (EVA) più estesa e articolata che l’agenzia spaziale russa Roskosmos abbia mai pianificato. Sette cosmonauti e un’astronauta – Samantha Cristoforetti – hanno preso parte a undici EVA per la configurazione del laboratorio russo Nauka, il montaggio e la messa in opera di elementi indispensabili come il braccio robotico europeo (ERA), lo scambiatore di calore supplementare e la camera di equilibrio.
La parte più difficile della strada verso la piena operatività del tormentato modulo Nauka può essere considerata alle spalle, soprattutto dopo l’installazione del radiatore e della piccola camera stagna per portare all’esterno gli esperimenti scientifici. Il riposizionamento con ERA di queste componenti, dalla loro collocazione temporanea a Nauka, era infatti considerato il compito più complesso. Sebbene restino ancora alcune attività di perfezionamento che richiedono altre attività extraveicolari, il laboratorio Nauka entra in una nuova fase e può ottemperare concretamente al suo compito: la ricerca.
Nauka non è come gli altri moduli del segmento russo e infatti presenta al contempo similitudini e marcate differenze. Alcune di esse specifiche per la destinazione d’uso e per il cospicuo spazio utilizzabile, tanto da essere considerato un “laboratorio”, in antitesi all’appellativo “piccolo” di Mini Research Module attribuito a Poisk e Rassvet, luoghi attrezzati per condurre alcuni degli studi commissionati dall’Accademia russa delle scienze. D’altro canto, Nauka è stato concepito con una filosofia costruttiva più moderna che coniuga caratteristiche consolidate dei moduli statunitensi alla tipica impostazione sovietico/russa. Tra le novità c’è la personalizzazione a seconda delle esigenze del laboratorio, con unità ed equipaggiamenti modulari da installare nei vani ricavati nell’intelaiatura delle pareti come gli “scaffali” (più propriamente International Standard Payload Rack – ISPR) del segmento statunitense. Ciò segna un punto di svolta, poiché Nauka darà una spinta al programma scientifico russo, non paragonabile per quantità, eterogeneità, dotazione di bordo e finanziamenti alla controparte internazionale.
Il radiatore
La nuova piattaforma del modulo permette di ospitare un numero maggiore di strumenti e sofisticate attrezzature, fino a 14 distinte aree di lavoro che durante il normale funzionamento produrranno calore da dissipare verso lo spazio. Il radiatore integrato nel guscio di Nauka non è sufficiente, pertanto i progettisti hanno previsto un’estensione della superficie radiante con il fissaggio di un pannello pieghevole a tre segmenti.
Alle 02:40 italiane del 19 aprile 2023 con l’attività extraveicolare russa VKD-56 di Sergej Prokop’ev e Dmitrij Petelin il radiatore viene traslato e imbullonato nella sua sede finale. Dopo essere stati rimossi i fermi che lo assicuravano a Rassvet, il radiatore è tolto delle coperte di protezione e i cavi dei riscaldatori sconnessi dalla rete elettrica. Dal terminale di ERA situato dentro l’avamposto, il connazionale Andrej Fedjaev ha manovrato il radiatore di 570 chilogrammi con il braccio robotico verso la piastra fissaggio su Nauka mentre i colleghi in esterna lo aiutavano nell’allineamento finale. Al termine di VDK-56 vengono ristabilite le connessioni elettriche e idrauliche dello scambiatore di calore. Il cronometro segna 7 ore e 55 minuti: è la terza attività veicolare più lunga di sempre con la tuta russa Orlan.
Ventitré giorni più tardi, il 12 maggio, c’è l’ultimo capitolo inerente lo scambiatore di calore di Nauka. Sergej Prokop’ev e Dmitrij Petelin svitano i fermi rimanenti che bloccavano il radiatore nella configurazione compatta ripiegata e il dispositivo inizia a dispiegarsi. Archiviato con successo il primo dei compiti di giornata, provvedono ad aprire le valvole per riempire il circuito di raffreddamento con l’ammoniaca e l’azoto, contenuti nei serbatoi sotto la cappottatura del modulo. Il processo è durato un paio d’ore con i cosmonauti che man mano verificavano l’assenza di fuoriuscite indesiderate, mentre svolgevano le mansioni secondarie previste nell’attività extraveicolare. Tutto è andato per il verso giusto, tanto da essere avanti rispetto al cronoprogramma: il radiatore fa correttamente parte del sistema di controllo termico di Nauka.
La camera di equilibrio
A beneficio della produttività nel segmento russo rientra anche la camera di equilibrio cilindrica ermetica, montata tra il 3 e il 4 maggio 2023 nell’inframezzo tra le uscite VKD-56 e VKD-58 del radiatore. È dotata di una slitta scorrevole che consente di portare all’esterno piccoli carichi utili di varia natura da movimentare con il braccio robotico europeo. Per Roskosmos è una ventata di freschezza, infatti durante le EVA i cosmonauti portavano con sé fuori le ricerche da esporre alle condizioni spaziali e le recuperavano la volta successiva. Oppure non era tanto remota la possibilità di assistere al rilascio in orbita con le mani di un nanosatellite (CubeSat). Suona strano, perché le attività del segmento internazionale ci hanno abituato ad altre modalità!
La camera di equilibrio di Nauka è una parte di un sistema più articolato che comprende ERA e la piattaforma di aggancio per carichi utili ubicata sul dorso del laboratorio, avente 16 aree di lavoro con prese dati ed elettriche a supporto. Sulla Stazione Spaziale Internazionale esiste già un’infrastruttura analoga per concetto e schema d’uso: il modulo Kibo attrezzato con una camera stagna, una piattaforma esterna e un piccolo manipolatore robotico che può essere controllato da remoto.
Con il lavoro di squadra tra i cosmonauti in orbita e il personale a Terra per l’attività extraveicolare VKD-57, la camera di equilibrio è stata correttamente accoppiata alla speciale interfaccia di aggancio su Nauka. Usciti da Poisk, Sergej Prokop’ev e Dmitrij Petelin si sono diretti verso Rassvet per preparare la camera all’imminente trasloco dal modulo che è stata la base temporanea di stoccaggio negli ultimi 13 anni (ovvero fin dal lancio con lo Space Shuttle Atlantis della missione STS-132 in cui, allora come oggi, era presente l’astronauta statunitense Stephen Bowen). Rimosse le coperte isolanti, allentati i fermi e sconnessi i cavi elettrici, Andrej Fedjaev ha programmato ERA per l’estrazione in modalità automatica della camera di equilibrio, guidato nelle fasi critiche dalla prospettiva dei colleghi, scongiurando l’impatto con qualcosa o oggetti rimasti impigliati.
Un leggero disallineamento ha impedito che ERA fosse in grado di connettere la camera nella sede finale. Niente panico: il centro di controllo missione ha istruito i cosmonauti di tenere dai lati il cilindro in posizione, mentre Andrej Fedjaev guidava il braccio robotico negli ultimi centimetri, vincendo la resistenza del meccanismo di aggancio. Nell’atto di ristabilire le sei connessioni elettriche l’ennesima sorpresa: i tappi di alcune estremità erano assicurati con il nastro adesivo al posto dei classici lacci. Il nastro è stato tagliato con attenzione e l’imprevisto superato. Quando il portello di Poisk è stato richiuso alle 05:11 del 4 maggio in Italia, erano trascorse 7 ore e 11 minuti dall’inizio di VKD-57: la 65ª attività extraveicolare con lo scafandro Orlan della stazione spaziale, ma ufficialmente la numero 57 del programma nominale.
Una situazione paradossale si è verificata per la camera di equilibrio e il radiatore: entrambi erano pronti da 13 anni per la messa in funzione di Nauka che nel frattempo ritardava ad essere lanciato, ma avranno di fronte una prospettiva di vita tra i 5 e i 7 anni, stando agli attuali piani di dismissione della stazione spaziale. Nonostante abbiano quindi trascorso più tempo in attesa che in operatività, il contributo che potranno fornire sarà comunque prezioso da qui al 2030.
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