Problemi orbitali per i nuovi satelliti Starlink V2 Mini
Il primo set di satelliti Starlink di seconda generazione lanciati lo scorso 27 febbraio con la missione Starlink 6-1 sta riscontrando qualche problema che potrebbe richiedere la deorbita di alcuni di essi.
In un tweet del 22 marzo, Elon Musk aveva dichiarato che erano stati riscontrati «alcuni problemi» al batch di satelliti lanciato lo scorso febbraio, confermando alcune speculazioni che negli ultimi giorni facevano riferimento a generici problemi orbitali di quei veicoli spaziali.
I 21 satelliti, noti collettivamente come Gruppo 6-1, erano stati rilasciati a un’altitudine di circa 370 km. Un paio di giorni dopo avevano iniziato a incrementare la loro orbita senza tuttavia superare i 380 km. A titolo di paragone, ricordiamo che la Stazione Spaziale Internazionale orbita normalmente tra i 415 e i 420 km.
A partire dal 15 marzo circa, la loro altitudine orbitale ha iniziato a diminuire a velocità variabili; più gradualmente per la maggior parte dei satelliti, più rapidamente per due di loro, scendendo fino a circa 365 km. I 21 satelliti sono ancora in orbita, ma quel comportamento insolito ha spinto a ipotizzare problemi ai satelliti.
Il tweet di Musk è stato il primo commento in assoluto che ha confermato i problemi dei satelliti, sebbene né lui né la società abbiano successivamente fornito dettagli sulla natura di questi problemi.
I satelliti del Gruppo 6-1 sono i primi di ciò che SpaceX chiama versioni V2 Mini dei satelliti Starlink. Sono significativamente più grandi degli oltre 4.000 satelliti Starlink di prima generazione che SpaceX ha lanciato fino ad oggi.
Ogni satellite V2 Mini pesa circa 830 kg ed è dotato di antenne più performanti che permettono un accesso a un nuovo set di frequenze, caratteristiche che combinate fra loro consentiranno di disporre di satelliti fino a quattro volte più performanti rispetto agli Starlink V1.0. In un confronto con gli attuali satelliti V1.5, gli Starlink V2 Mini potrebbero spremere circa il 50% in più di capacità di rete da ciascuna unità di massa del satellite. Di conseguenza, anche se il più ingombrante V2 Mini ha ridotto di quasi tre volte il numero di satelliti che un Falcon 9 può lanciare, i 21 satelliti V2 Mini di un singolo lancio potranno aggiungere circa il 50% di larghezza di banda in più rispetto ai circa 57 satelliti V1.5 di un qualsiasi precedente lancio sul Falcon 9.
Un’altra caratteristica dei nuovi satelliti V2 è il nuovo propulsore a effetto Hall alimentato ad argon. Per evitare i costi elevati del propellente allo xenon, la scelta di carburante più comune per i sistemi a propulsione elettrica, SpaceX aveva già sviluppato un propulsore a effetto Hall alimentato a krypton per i satelliti Starlink V1 e V1.5 che, distribuito su quasi 4.000 satelliti Starlink V1.x che SpaceX ha lanciato da maggio 2019, ha permesso all’azienda un risparmio di centinaia di milioni di dollari.
Il passaggio dal krypton all’argon potrebbe essere altrettanto vantaggioso. L’argon puro al 99,999% può essere acquistato in piccoli volumi fino a un max di 15 €/kg e ogni satellite Starlink V2 Mini avrà probabilmente bisogno di meno di 80 kg di propellente. SpaceX ha probabilmente speso circa 50 milioni di euro (±25 milioni) in krypton per i quasi 4.000 satelliti Starlink V1 che ha lanciato fino ad oggi. Di conseguenza, anche se ogni satellite Starlink V2 necessitasse di 200 kg di argon, alimentare la sua prossima costellazione di quasi 30.000 satelliti V2 potrebbe costare a SpaceX meno che alimentare 4.000 satelliti V1.
Nel frattempo, i lanci del 24 e 29 marzo, originariamente previsti per la messa in orbita di ulteriori satelliti V2 Mini, sono stati effettuati lanciando i “vecchi” V 1.5.
Fonte: SpaceX
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