XMM-Newton osserva due buchi neri consumare gradualmente due stelle

Rappresentazione del telescopio europeo XMM_Newton. Credits: ESA

Grazie al telescopio spaziale europeo a raggi X XMM-Newton, operativo in orbita terrestre dal dicembre 1999, due gruppi di ricerca hanno osservato emissioni da due distinti buchi neri supermassicci che gradualmente e ripetutamente distruggono la reciproca stella attratta dal forte campo gravitazionale.

I buchi neri supermassicci si trovano al centro della maggior parte delle galassie e nonostante la loro massa possa essere miliardi di volte superiore a quella del Sole, sono molto elusivi e difficili da individuare. L’unica possibilità per rilevarne la presenza si ha quando una stella si avvicina troppo all’orizzonte degli eventi e viene distrutta dalle enormi forze mareali cui è sottoposta, formando un disco di detriti intorno al buco nero che a poco a poco viene inghiottito interamente.
Questo evento in inglese viene chiamato tidal disruption event (TDE). Teorizzato nel 1982, è stato osservato solamente 98 volte a partire dalla prima scoperta nel 1999.
Nel corso di un TDE per qualche mese dal centro della galassia in oggetto vengono rilevate emissioni di radiazione elettromagnetica sotto forma di transienti energetici nucleari in banda ultravioletta, X e radio.

L’eccezionalità della recente scoperta è giustificata dal fatto che in entrambi i casi la stella di turno non è stata distrutta interamente in un unico evento, ma consumata pian piano durante diversi eventi ripetuti in periodi regolari, chiamati quindi partial tidal disruption event (pTDE).

AT2018fyk

Il primo evento è stato scoperto nel nucleo di una galassia quiescente nel settembre del 2018 dal programma All-Sky Automated Survey for Supernovae che, gestito dalla Ohio State University, si avvale di 24 telescopi distribuiti in entrambi gli emisferi per rilevare le supernove e altri transienti energetici galattici ed extragalattici.

Dopo la sua scoperta AT2018fyk continuò a emettere nell’ultravioletto e in banda X per 500 giorni prima di diminuire gradualmente e scomparire quasi del tutto.
Fino al 1163º giorno dalla scoperta, il telescopio tedesco a raggi X eROSITA, attivo a bordo dell’osservatorio orbitante russo/tedesco Spektr-RG, cercò traccia dell’evento per quattro volte senza rilevare nessuna emissione.
53 giorni dopo l’ultima vana osservazione l’osservatorio orbitante Neil Gehrels Swift Observatory rilevò nuovamente emissioni, 100 volte superiori a quelle di 700 giorni prima, evidenziando un comportamento precedentemente mai osservato.

A questo punto un gruppo di ricerca internazionale guidato da Thomas Wevers dell’European Southern Observatory in Cile, che seguivano gli eventi sin dall’inizio pensando di trovarsi di fronte a un comune TDE, ottenne dall’Agenzia spaziale europea il consenso a utilizzare il telescopio XMM-Newton per alcune osservazioni che avvennero tra la fine di maggio e l’inizio di giugno 2021.
Tra lo stupore e l’eccitazione della scoperta, dalle analisi dei dati ottenuti unitamente a quelli del rilevatore NICER montato all’esterno della ISS, venne confermato che l’evento era coerente con il modello di distruzione mareale parziale pTDE.
Una stella facente parte di un sistema binario avvicinandosi troppo al buco nero supermassiccio presente al centro della galassia, era stata strappata dalla sua stella gemella e inserita in un’orbita ellittica, con periodo di circa 1200 giorni, che la portava a distruggersi parzialmente quando raggiungeva il punto più vicino al buco nero.

Con un periodo orbitale così lungo, i ricercatori hanno finora osservato solo il primo passaggio; tutto è già pronto per monitorare il secondo ed eventualmente i successivi che saranno sempre più deboli.

Lo studio Live to die another day: the rebrightening of AT2018fyk as a repeating partial tidal disruption event è stato pubblicato lo scorso novembre sulla rivista The Astrophysical Journal Letters.

Rappresentazione di una stella (a destra) che si avvicina a un buco nero (a sinistra) e viene parzialmente distrutta durante i primi due passaggi ravvicinati

eRASSt J045650.3−203750

Il secondo evento è stato scoperto nel settembre 2020 grazie al telescopio eROSITA che rilevò dei transienti energetici al centro di una galassia quiescente distante quasi un miliardo di anni luce dalla Terra.
Il fenomeno venne osservato altre volte nei mesi successivi e un gruppo internazionale di ricerca guidato da Zhu Liu, del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics di Monaco di Baviera, fece richiesta di poter utilizzare il più potente e sensibile telescopio orbitante XMM-Newton per indagare gli eventi.
Tra il marzo 2021 e lo stesso mese del 2022 il telescopio venne utilizzato quattro volte per osservare il centro della galassia, producendo una notevole mole di dati di alta qualità, unitamente a quelli prodotti da altre fonti quali il Neil Gehrels Swift Observatory, il rilevatore NICER montato all’esterno della ISS, il telescopio SALT in Sudafrica, i telescopi europei NTT e VLT in Cile, l’Advanced Technology Telescope in Australia e il radio telescopio ATCA sempre in Australia.

Analizzando i dati, i ricercatori hanno potuto definire la natura ciclica dell’evento che si ripete circa ogni 233 giorni. Finora sono stati osservati tre cicli completi, suddivisi in quattro fasi distinte: inizio delle emissioni in banda X, calo drastico di un fattore 100 entro una settimana, due mesi di emissioni ridotte e due o tre mesi senza nessuna emissione.
Tutti i risultati ottenuti, compreso il calo della luminosità e la massa termica persa per ciascuno dei tre cicli osservati, confermano l’ipotesi della stella che, a causa di un orbita ellittica, viene man mano distrutta a ogni passaggio ravvicinato del buco nero presente al centro della galassia.
Conoscendo il periodo orbitale, i ricercatori si augurano di poter osservare i prossimi passaggi per poter avere una visione completa dell’evento.

Lo studio Deciphering the extreme X-ray variability of the nuclear transient
eRASSt J045650.3 − 203750
è stato recentemente pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

Fonte e foto credits: ESA.

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.