La Scienza di Samantha: NutrISS
Lo sentiamo spesso negli spot pubblicitari o dal medico, per vivere bene gli specialisti raccomandano di seguire uno stile di vita sano ed equilibrato, supportato da una corretta alimentazione. Un consiglio prezioso per tutti noi tanto quanto per chi, per lavoro, si trova nello spazio fuori dalla Madre Terra. La microgravità non implica esclusivamente sfide ingegneristiche per la costruzione di habitat e veicoli adeguati, per il sostentamento della vita e per l’approvvigionamento di cibo e aria respirabile. La storia e la scienza ci hanno insegnato quanto la macchina fisiologica degli esseri viventi abbia l’incredibile capacità di evolversi e adattarsi alle diverse condizioni, facendo di necessità virtù.
Senza l’azione della gravità che si impone sul corpo umano, l’organismo risponde con meccanismi di adattamento al nuovo ambiente in cui si trova. Ciò, però, induce il cosiddetto stress ossidativo, sintomo di uno squilibrio nei processi fisico-chimici alla base del metabolismo cellulare. Oggi gran parte degli effetti collaterali dovuti alla permanenza prolungata nello spazio sono noti e studiati sia attraverso l’acquisizione di svariati dati biomedici degli equipaggi in orbita, sia con ricerche ad hoc come ad esempio Rodent Research, che fa leva sulla straordinaria similitudine genetica tra i roditori e l’uomo. Tra i principali cambiamenti che gli astronauti sperimentano sulla propria pelle, visibili anche dopo svariati mesi dalla fine della missione, si enumerano: infiammazioni, l’abbassamento delle difese immunitarie, la redistribuzione dei fluidi corporei – il viso gonfio ne è una manifestazione – la riduzione della massa muscolare (atrofia), la demineralizzazione delle ossa e un indebolimento del sistema cardiovascolare. Un rigoroso programma di esercizi fisici è indispensabile per tenere il corpo in forze, ma non basta. È necessario integrare attraverso l’alimentazione le sostanze nutritive e i sali minerali persi attraverso le funzioni fisiologiche per ricostituire i tessuti. Inoltre è risaputo: il cibo è la miglior “medicina” per alzare l’umore, tenere alta la produttività e lenire lo stress psicologico con cui gli astronauti convivono in orbita.
Oggi nella rubrica de La Scienza di Samantha presenteremo NutrISS, uno studio sviluppato da Kayser Italia (azienda di spicco nella costruzione di apparecchiature per la ricerca aerospaziale) per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e condotto dalla squadra di ricercatori del professor Gianni Biolo dell’Università di Trieste.
Di cosa si tratta
NutrISS: forma compatta in inglese di monitoraggio dell’alimentazione sulla Stazione Spaziale Internazionale. Come preannunciato pocanzi, NutrISS è un progetto di ricerca italiano che è stato messo a punto per la missione Beyond, la seconda dopo Volare, del nostro connazionale Luca Parmitano. Con una dieta calibrata si è in grado di mitigare gli effetti negativi nella microgravità e di mantenere il rapporto ottimale tra massa magra e grassa durante la permanenza in orbita? Si è visto che tale equilibrio nella composizione corporea negli astronauti in servizio è instabile se non controllato, per via del minor consumo energetico e dei ridotti sforzi richiesti all’apparato muscolo-scheletrico. C’è dunque una stretta analogia tra il fisico degli equipaggi che vivono negli avamposti spaziali e quello delle persone sedentarie sulla Terra, inclusi gli infermi. Sia un eccessivo accumulo di adipe che una sensibile riduzione, ossia aumento della frazione di massa magra, può comportare l’insorgere di patologie come l’atrofia muscolare e gravare sulle ossa indebolite.
Il principio alla base di NutrISS è la bioimpedenza ossia la resistenza elettrica del corpo umano quando questo viene attraversato da una tensione. La tecnica di misura nel campo medico prende il nome di bioimpedenziometria e sfrutta una corrente impercettibile a bassissima intensità (nell’ordine del centinaio di microampere, 10-6 A) e alta frequenza (50 kHz), tra le più precise e veloci per la valutazione qualitativa e quantitativa della composizione corporea. Il concetto di “resistenza” è strettamente legato per leggi fisiche a quello della tensione e della differenza di potenziale, parametro letto dagli elettrodi applicati ai polsi e alle caviglie.
La rilevazione della conduttività corporea viene svolta una con cadenza mensile e viene messa in relazione con il “peso” (più propriamente la massa) dell’astronauta. Lo studio non si limita solamente a questo, però. Infatti l’astronauta è giornalmente seguito da tre accessori indossabili dotati di sensori che registrano preziosi parametri medici e fisiologici come ad esempio l’attività fisica, la frequenza del battito cardiaco e la qualità del sonno, sviluppato dal Centro nazionale di Studi Spaziali francese CNES. Questo gruppo di dispositivi appartiene allo stesso sistema che si interfaccia con EveryWear, un’applicazione che gira su sistema operativo iOS di Apple. Essa è parte integrante di NutrISS e funge da diario alimentare digitale condiviso in cloud con i nutrizionisti sulla Terra. Il sistema è intuitivo da usare, gli astronauti annotano gli alimenti consumati durante i pasti, semplicemente con una fotografia del codice a barre stampigliato sulle confezioni, e il quantitativo d’acqua bevuta, con la possibilità di aggiungere cibi non precaricati nella libreria.
Tra i vantaggi dell’era digitale vi è quello di avere un report dettagliato sui valori nutrizionali (carboidrati, lipidi, proteine…) e le calorie assimilate, grazie alle informazioni presenti nel database degli alimenti presenti nella dispensa dell’avamposto. L’équipe medica a supporto dell’astronauta è dunque in grado di monitorare l’assunzione energetica e di suggerire e concordare in tempo reale piani alimentari specifici (o combinazioni di cibi per il pasto) affinché il bilancio energetico resti stabile oppure per integrare particolari sostanze. Il parere dell’astronauta è sempre tenuto in seria considerazione, pertanto gli esperti modellano una serie di menù equivalenti per assecondare i desideri della persona e il cambio della percezione dei sapori.
Risvolti pratici
Nel preambolo è stato discusso il ruolo chiave del cibo, per l’operosità dell’astronauta in un ambiente aspro come quello dello spazio. Il ricorso quasi esclusivo a prodotti termostabilizzati o disidratati alla lunga stanca il palato degli astronauti. Ecco che i cibi freschi consegnati con i veicoli cargo e quelle piccole coltivazioni spaziali sono eventi che strappano un sorriso sul volto degli equipaggi. Un corpo in salute e in forze in orbita ha il suo risvolto positivo dopo il rientro sulla Terra, quando la forza di gravità si farà sentire con tutta la sua intensità. La riabilitazione sarà più rapida ed efficace essendo gli effetti negativi della microgravità contenuti attraverso l’alimentazione e il costante esercizio fisico.
Toccando con mano qualcosa di più vicino a noi, NutrISS avrà sicuramente un risvolto tangibile nei pazienti ospedalizzati o con mobilità ridotta come le persone costrette sulla sedia a rotelle. Conoscere in modo scientifico la composizione corporea e comporre diete su misura può essere d’aiuto per ridurre il fenomeno dell’obesità e per conoscerne meglio la causa scatenante.
Il contributo di Samantha
Con Samantha Cristoforetti l’indagine di NutrISS è giunta al termine, al pari di un altro studio del lotto di esperimenti italiani per la missione Beyond di Luca Parmitano che vi abbiamo raccontato in questa rubrica: Acoustic Diagnostics. NutrISS è arrivato alla Stazione Spaziale Internazionale nell’aprile 2019 con il veicolo cargo Cygnus NG-11 ed è stato operativo dunque per poco più di tre anni, passando nelle mani di tre diversi soggetti. Oltre ai due astronauti italiani, allo studio si è sottoposto il tedesco Matthias Maurer nella missione Cosmic Kiss.
Durante la missione Minerva, la nostra astronauta ha partecipato a sei sessioni dell’esperimento per la misurazione della bioimpedenza, l’ultima delle quali nella finestra tra il 20 e il 29 settembre 2022.
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