Electron torna al volo con il lancio di un satellite militare
Lo scorso 29 luglio, alle 08:00 italiane (le 06:00 UTC), Rocket Lab ha lanciato con successo la missione It’s a Little Chile Up Here con un razzo Electron, decollato per la ventunesima volta (la quarta nel 2021) dal Launch Complex 1A del centro spaziale sulla penisola di Mahia, in Nuova Zelanda.
Di seguito la diretta integrale del lancio.
Missione
Per Electron si è trattato del primo volo dal 14 maggio, quando la missione Runnning Out of Toes si è conclusa prematuramente per un’anomalia del secondo stadio.
La missione sarebbe dovuta partire dal Middle Atlantic Regional Space Port, nell’isola di Wallops, in Virginia, ma ritardi nella certificazione del sistema automatico di terminazione del volo (AFTS) hanno portato l’azienda a riprogrammare il lancio dal proprio complesso situato sulla penisola di Mahia, in Nuova Zelanda. I ritardi sull’approvazione dell’AFTS erano noti da qualche mese, ma una volta che verrà dato il via libera Rocket Lab avrà accesso a due pad di lancio in due continenti diversi, con un terzo quasi ultimato sempre presso Mahia.
Il payload, finanziato dall’Air Force Reserach Laboratory, è stato rilasciato un’ora dopo il decollo in un’orbita a 600 km di altezza e 37° di inclinazione. Monolith, questo il nome del carico utile, dimostrerà le capacità di controllo dell’assetto di un satellite costituito da una sezione di massa considerevole in grado di estendersi dal corpo principale. Lo scopo ultimo è consentire l’utilizzo di bus satellitari più piccoli, da impiegare per la costruzione di futuri sensori estendibili nei satelliti, ad esempio quelli meteorologici, riducendo così i costi, la complessità e le tempistiche di sviluppo. Il satellite fornirà anche una piattaforma per testare le future capacità di protezione dello spazio.
Non si è tentato il recupero del vettore, anche se Rocket Lab entro l’anno ha intenzione di effettuare un altro splashdown in oceano e un tentativo di recupero al volo con un elicottero, cominciando a collaudare la tecnica che verrà usata in futuro.
La missione è stata realizzata nell’ambito dello Space Test Program (STP) del Dipartimento della Difesa americano e del Rocket Systems Launch Program (RSLP), entrambi basati alla Kirtland Air Force Base nel New Mexico, in collaborazione con il Defense Innovation Unit (DIU) nell’ambito del Rapid Agile Launch Initiative (RALI). Per Peter Beck, CEO e fondatore di Rocket Lab, il RALI permette di mettere in mostra tutte le potenzialità dei piccoli lanciatori nel fornire l’accesso allo spazio a programmi di innovazione in orbita.
Patch e nome della missione
La patch presenta un peperoncino verde che viene rilasciato dalle ogive di un Electron: si tratta di tributo a uno dei principali ingredienti della cucina del New Mexico, che come già detto è sede dello Space Test Program e della Kirtland Air Force Base. Per il peperoncino non si tratta però della prima apparizione su una patch di Rocket Lab, in quanto era stato raffigurato su quella della sesta missione, That’s a funny looking cactus, sempre per conto dello STP.
Anomalia nella missione precedente
Come già detto, per Electron si è trattato del ritorno al volo dopo l’anomalia di maggio, le cui cause sono state individuate in un accenditore (igniter) del secondo stadio. Quest’ultimo ha provocato un’alterazione dei segnali all’interno del computer che governa il motore, causando la deviazione del thrust vectoring control (TVC) del motore Rutherford al di fuori dei parametri nominali, e portando infine il computer del motore ad azzerare la potenza generata dalla turbopompa e a spegnere del motore.
Subito dopo l’incidente è stata istituita una commissione interna, sotto sorveglianza della Federal Aviation Administration, per indagare e correggere la criticità emersa, analizzando i dati della telemetria del vettore. Come accaduto per il fallimento di luglio 2020, quando una connessione elettrica difettosa aveva causato uno spegnimento prematuro del secondo stadio, l’anomalia non era stata riscontrata nei rigorosi test a terra che precedono il lancio, in quanto generata in condizioni particolari di ambiente e pressione.
L’azienda è stata comunque in grado di replicare il problema e ha implementato i necessari correttivi al sistema di accensione per impedire la ripetizione di questa anomalia, oltre che apportare modifiche al design e alla produzione dell’igniter stesso.
È stato infine possibile escludere che il primo stadio abbia potuto interferire e contribuire al problema, in quanto ha operato nominalmente per tutta la durata della sua missione. Un’ulteriore conferma potrebbe essere arrivata anche da un’ispezione visiva e un’analisi tecnica più approfondita del booster, una volta recuperato e riportato negli hangar di Rocket Lab.
Fonti: Space.com, Rocket Lab (1), Rocket Lab (2), Rocket Lab (3).
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