Il 23 marzo scorso, si è festeggiato il sessantesimo anniversario della missione Gemini Ⅲ avvenuto appunto il 23 marzo 1965. Quel giorno gli Stati Uniti lanciarono la capsula Gemini con a bordo gli Virgil “Gus” Grissom e John Young e fu il primo volo spaziale statunitense con a bordo due astronauti.
Grissom si guadagnò l’onore di essere la prima persona a tornare nello spazio per la seconda volta, Young invece di essere il primo membro del secondo gruppo di astronauti a prendere parte in una missione. Durante il volo che compì un totale di tre orbite, furono effettuate le prime manovre orbitali di una capsula con equipaggio, un passo fondamentale per dimostrare la fattibilità di un rendezvous e di un aggancio in orbita di due veicoli spaziali.
Grissom e Young pilotarono la capsula Gemini a un ammaraggio nell’Oceano Atlantico, ritornando incolumi sulla Terra. Questo pionieristico volo aprì la strada ad altre nove missioni Gemini di successo in meno di due anni per testare le tecniche necessarie per un atterraggio sicuro sulla Luna. Gemini Ⅲ inoltre è celebre per essere stato l’ultimo volo spaziale seguito dal centro di controllo missione a Cape Kennedy, la cui funzione fu trasferita definitivamente in una nuova struttura a Houston.
Il 13 aprile 1964, appena cinque giorni dopo la missione Gemini I senza equipaggio, nell’auditorium appena inaugurato del Manned Spacecraft Center, oggi Johnson Space Center della NASA a Houston, il direttore Robert Gilruth presentò alla stampa l’equipaggio di Gemini Ⅲ. La NASA assegnò a Grissom, veterano del Mercury 4, e a Young, astronauta del Gruppo 2, l’equipaggio principale. Al ruolo di riserve furono designati Walter Schirra, pilota della capsula Mercury 8, e Thomas Stafford, che come Young faceva parte nella nuova classe di astronauti.
Tra gli obiettivi principali del Progetto Gemini c’era quello di dimostrare le tecniche necessarie al Programma Apollo per realizzare l’obiettivo del presidente John F. Kennedy di far atterrare un uomo sulla Luna e riportarlo sano e salvo sulla Terra entro la fine degli anni Sessanta. La dimostrazione del rendezvous e dell’aggancio tra due veicoli spaziali era una priorità assoluta del Progetto Gemini.
Le missioni Gemini Ⅰ e Ⅱ senza equipaggio convalidarono il progetto, l’affidabilità generale e lo scudo termico del veicolo spaziale, aprendo la strada al lancio di Gemini Ⅲ con degli astronauti a bordo. Il 23 marzo 1965, dopo aver indossato le loro nuove tute spaziali Gemini, Grissom e Young raggiunsero con il furgone di trasferimento la rampa di lancio LC-19 di Cape Kennedy, in Florida. Salirono sull’ascensore per raggiungere la navicella Gemini in cima al lanciatore Titan II, dove i tecnici li assistettero per l’ingresso nella capsula. Alle 15.24, i motori del primo stadio del Titan si accesero e Gemini Ⅲ si alzò dalla rampa di lancio.
Cinque minuti e mezzo dopo il decollo, il motore del secondo stadio del Titan II si spense e la navicella si separò per iniziare il suo viaggio orbitale. Grissom divenne così il primo essere umano a entrare nello spazio per la seconda volta. Mentre gli ingegneri hanno monitorato il conto alla rovescia dalla sala presso la piattaforma di lancio LC-19, una volta in orbita, i tecnici del Centro di controllo della missione a Cape Kennedy hanno preso in mano le operazioni. La missione è stata seguita anche dai controllori del Manned Spacecraft Center, ora Johnson Space Center di Houston, i quali si sono occupati delle console fornendo supporto con funzioni di backup. A partire da Gemini 4, la responsabilità e la supervisione di tutti i voli spaziali umani statunitensi passò definitivamente alla struttura di Houston.
Gemini Ⅲ entrò in un’orbita di 160 km per 224 km sopra la Terra. Verso la fine della prima orbita, mentre passavano sopra il Texas, Grissom e Young azionarono i propulsori della loro navicella per un minuto e 14 secondi. «Sembra che stiano funzionando bene», disse Young, confermando il successo della manovra. La variazione di velocità modificò la loro orbita, una seconda manovra, 45 minuti dopo, ne corresse l’inclinazione orbitale di 0,02 gradi. Un altro compito dell’equipaggio è stato quello di testare nuovi alimenti e imballaggi sviluppati per Gemini. Come cibo fuori menù, e non concordato, Young aveva riposto nella tasca della tuta un panino con carne in scatola e segale prima del volo; sia lui che Grissom ne diedero un morso prima di riporlo, preoccupati che le briciole del panino potessero galleggiare nella cabina. Questo fuori programma causò forte incomprensione con la NASA sfociando in una poco edificante polemica.
Verso la fine della terza rivoluzione attorno al nostro pianeta, Grissom e Young si prepararono per l’accensione dei retrorazzi che li avrebbero portati fuori dall’orbita e quindi ad approcciare la discesa verso la Terra. Il rientro venne effettuato in due fasi separate: nella prima la capsula fu orientata con la prua verso l’alto, mentre nella seconda venne ruotata di 45° rivolta in direzione della Terra. Grissom e Young sganciarono la copertura esponendo i retrorazzi che funzionarono con successo, portando la navicella fuori dall’orbita. Lo scudo termico agì come previsto e pochi minuti dopo, l’equipaggio cominciò ad incontrare gli strati superiori dell’atmosfera terrestre a circa 120 km; l’accumulo di gas ionizzati causò una temporanea perdita di comunicazione tra la navicella e il controllo missione. Intorno a 15 km di quota, Grissom dispiegò il paracadute di emergenza per stabilizzare e rallentare la navicella, seguito dal paracadute principale a 3 km. L’ammaraggio avvenne nell’Oceano Atlantico vicino all’isola di Grand Turk, a circa 84 km dal punto previsto, dopo un volo di 4 ore, 52 minuti e 31 secondi. Un elicottero recuperò i due astronauti e li trasferì sul ponte della USS Intrepid, dove arrivarono un’ora e 12 minuti dopo aver toccato l’acqua.
A bordo della portaerei, gli astronauti ricevettero un controllo medico e una telefonata dal presidente Lyndon B. Johnson. La nave salpò quindi per raccogliere la navicella e i marinai la issarono a bordo meno di tre ore dopo l’atterraggio. Il giorno successivo all’ammaraggio, Grissom e Young volarono a Cape Kennedy per un resoconto della missione, ulteriori esami medici già iniziati sulla portaerei e una conferenza stampa. Dopo aver visitato la Casa Bianca, New York e Chicago, gli astronauti tornarono a casa a Houston il 31 marzo. Il giorno successivo, Gilruth li accolse al Manned Spacecraft Center, dove di fronte all’edificio amministrativo principale gli operai issarono la bandiera statunitense che Grissom e Young avevano portato in missione. Quella bandiera sventolò durante tutte le successive missioni Gemini.
Fonte:NASA