BepiColombo ha effettuato l’ultimo flyby di Mercurio

Credit: ESA/BepiColombo/MTM

Alle 06:59 italiane dello scorso 8 gennaio, la sonda interplanetaria realizzata dall’Agenzia spaziale europea (ESA) in collaborazione con quella giapponese JAXA, ha completato il sesto e ultimo passaggio ravvicinato del pianeta Mercurio, passando a 295 chilometri dalla superficie.

La manovra, chiamata gravity assist manoeuvre, è servita a correggere la traiettoria della sonda in vista dell’immissione definitiva in orbita al pianeta prevista nel tardo 2026.
Lanciata il 20 ottobre 2018, BepiColombo ha effettuato un flyby della Terra, due di Venere e quindi sei di Mercurio, di cui il penultimo lo scorso settembre quando passò a soli 165 chilometri di altitudine.
La sonda si è avvicinata al pianeta dal lato in quel momento “notturno”, sorvolando sette minuti dopo il polo nord e riprendendo immagini che, una volta analizzate con cura, rivelerebbero l’esistenza di crateri il cui fondo non viene mai illuminato dal Sole, come avviene ai poli della Luna.

Infografica del flyby. Credit: ESA

Per l’occasione molti strumenti scientifici di bordo erano accesi, tra cui due delle tre monitoring cameras (M-CAMs) posizionate sul Mercury Transfer Module (MTM), il modulo propulsivo ed energetico al servizio dei due orbiter che compongono il trenino spaziale: l’europeo Mercury Planetary Orbiter (MPO) e il giapponese Mercury Magnetospheric Orbiter (MMO).
Dopo che le M-CAMs in questi anni hanno ripreso tutti i sorvoli planetari, questa è stato l’ultimo contributo alla missione, in quanto il modulo MTM si separerà dai due orbiter prima dell’inserzione in orbita l’anno prossimo.

Le immagine riprese dalle M-CAMs sono state presentate in anteprima direttamente dal direttore generale ESA Josef Aschbacher, durante la conferenza stampa di inizio anno lo scorso 9 gennaio.

Alcuni crateri ripresi lungo il flyby. Credit: ESA/BepiColombo/MTM

Le immagini riprese durante il passaggio sopra il terminatore, il confine tra luce e ombra, hanno confermato la presenza di crateri perennemente in ombra, che potrebbero avere il fondo ricoperto da ghiaccio d’acqua. La ricerca di quest’ultimo è proprio uno degli obiettivi di ricerca della missione.
La presenza di ghiaccio d’acqua su altri pianeti non è certo una novità, ma considerando la vicinanza al Sole che scalda la superficie di Mercurio fino a 450 °C, l’eventuale scoperta sarebbe certo straordinaria.
Nonostante le immagini facciano credere che la superficie sia simile a quella della Luna, Mercurio in realtà è un pianeta molto scuro, infatti la luce riflessa è due terzi di quella riflessa dal nostro satellite naturale.
Gli scienziati ancora non conoscono la composizione della superficie del pianeta, ma sanno che le zone più chiare sono più giovani rispetto a quelle scure e questo sarà un altro obbiettivo da investigare durante la missione.

Dopo la separazione dal modulo di servizio, i due orbiter MPO e MMO si posizioneranno in un’orbita polare del pianeta nei primi mesi del 2027 e inizieranno la missione scientifica primaria della durata di un anno, cui potrebbe seguire un’eventuale estensione.

Fonte: ESA

  Ove non diversamente indicato, questo articolo è © 2006-2025 Associazione ISAA - Leggi la licenza. La nostra licenza non si applica agli eventuali contenuti di terze parti presenti in questo articolo, che rimangono soggetti alle condizioni del rispettivo detentore dei diritti.

Commenti

Discutiamone su ForumAstronautico.it

Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.