Negli ultimi due mesi le notizie sui progressi nella costruzione del Nancy Grace Roman Space Telescope, più spesso chiamato Nancy Grace o Roman e in precedenza noto come WFIRST (Wide Field InfraRed Survey Telescope), si sono susseguite a ritmo piuttosto costante. Prima dell’inizio dei test presso il Goddard Space Flight Center di Greenbelt (Maryland, Stati Uniti), il centro dell’agenzia spaziale americana (NASA) era stato protagonista dell’arrivo del Wide Field Instrument (WFI) e della Deployable Aperture Cover (DAC).
A settembre era stato comunicato il completamento del bus, ovvero la piattaforma leggermente asimmetrica e di forma esagonale, larga circa 4 m e alta 2 m dal peso di 3 800 kg, che permetterà al telescopio di puntare e osservare diverse posizioni dell’Universo.
L’intero processo è avvenuto al Goddard e ha visto la costruzione di un mockup, chiamato unità di verifica strutturale: questo ha permesso di effettuare le prove di resistenza per cui l’unità era stata appositamente costruita, mentre era in corso l’assemblaggio della versione che poi effettivamente volerà. Il bus è stato progettato seguendo un approccio di tipo modulare, che ha permesso ai team al lavoro di operare su parti diverse anche in funzione della disponibilità dei pezzi, drasticamente calata durante il periodo pandemico a causa dei ritardi che si erano creati nella catena di rifornimento.
Il bus del telescopio. Credits: NASA/Chris Gunn
Il bus fornirà anche energia elettrica e stoccaggio per l’enorme mole di dati prodotti: si stima che durante tutta la missione, la cui durata nominale prevista è di 5 anni, verranno prodotti 20 000 TB di dati, e che ogni giorno ne verranno inviati a Terra 1 375 GB. Per fare un confronto, l’Hubble Space Telescope (HST) ne invia quotidianamente 2,7 GB e il James Webb Space Telescope (JWST) 58 GB, mentre in termini assoluti il primo ha prodotto 172 TB di dati e per il secondo ne sono previsti circa 1 000 TB.
Il completamento del bus ha permesso ai tecnici della NASA di proseguire con l’installazione di altre componenti fondamentali al funzionamento del telescopio, come ad esempio la protezione delle ottiche, lo scudo termico, l’antenna ad alto guadagno o i pannelli solari.
Sono stati proprio questi ultimi i protagonisti dei precedenti test, avvenuti ad agosto: più propriamente si tratta del Solar Array Sun Shield, ovvero un sistema di pannelli solari con il duplice compito di generare potenza elettrica ma anche di schermare il telescopio, mantenendo gli strumenti ad una temperatura corretta.
Come successo per il bus, sono stati utilizzati due set di pannelli: uno come struttura di test per le verifiche preliminari e uno che poi sarà effettivamente operativo nello spazio. Il primo di questi due set è stato sottoposto a verifiche in una camera a termovuoto del Goddard, in modo da simulare le condizioni di temperatura e pressione che i pannelli sperimenteranno una volta in orbita, e ad un test di apertura, dal momento che i pannelli saranno richiusi al momento del lancio.
Nella foto di sinistra le due versioni del Solar Array Sun Shield: quella che verrà installata su Nancy Grace e che volerà è in primo piano, mentre quella utilizzata per i test sullo sfondo. Nella foto di destra i pannelli solari sono sottoposti ai test. Credits: NASA/Chris Gunn
La versione di volo è stata invece testata illuminandola con potenti luci, in modo tale da verificare la corretta produzione di energia elettrica, e una volta che tutti i test daranno esito positivo, verrà installata sul telescopio. Attualmente la data prevista è fissata alla primavera del 2025.
Ad ottobre è stato poi il turno dell’Outer Barrell Assembly ad essere testato: si tratta della struttura esterna di Nancy Grace deputata ad mantenere stabile la temperatura e proteggere il telescopio dalla luce non voluta che entra nelle ottiche.
Nella foto di sinistra dei tecnici preparano l’Outer Barrell Assembly per i test. Nella foto di destra l’Outer Barrell Assembly visto da dentro. Credits: NASA/Chris Gunn
La particolarità del test condotto è dovuta alle dimensioni della struttura, troppo grande per essere testata direttamente all’interno della centrifuga a disposizione del Goddard Space Flight Center: l’Outer Barrel Assembly è infatti alto 5 m e largo 4 m ed è composto da due parti. La prima è l’elephant stand, il nome tecnico per la struttura che è situata intorno ai due strumenti di Nancy Grace, il Wide Field Instrument (WFI) e il coronografo, e che connette la porzione superiore dell’Outer Barrell Assembly con il bus. Per simulare la massa mancante della seconda parte sono stati installati dei pesi: il componente è stato poi messo in rotazione da un braccio robotico fino a 18,4 giri al minuto, in grado di far sperimentare 7 g di accelerazione.
Successivamente è stata testata l’altra parte, chiamata shell stand, che prima del lancio sarà dotata di alcuni riscaldatori in grado di mantenere in un determinato intervallo la temperatura degli specchi e ridurre al minimo le deformazioni nei materiali. Ad aiutare questi riscaldatori interverrà la struttura stessa dell’Outer Barrell Assembly, costituita principalmente da due tipi di fibra di carbonio mischiata con della plastica rinforzata e collegate con raccordi terminali in titanio: la scelta di questi materiali permette di unire la resistenza alla leggerezza.
A fine ottobre è stato invece il turno dell’installazione del coronografo sull’Instrument Carrier, una struttura a griglia situata tra lo specchio primario e il bus del telescopio che permette l’alloggio dei due strumenti di Nancy Grace e che sarà installata sul telescopio più avanti. L’integrazione è stata un processo delicato: è stato usato un adattore sviluppato al Jet Propulsion Laboratory (JPL), a cui è stato attaccato l’Horizontal Integration Tool, che ha agito da contrappeso mobile e che era stato utilizzato anche durante l’assemblaggio del James Webb. Una volta posizionato correttamente il coronografo, l’Horizontal Integration Tool e l’adattore sono stati rimossi.
Il dimostratore tecnologico era arrivato al Goddard Space Flight Center nel maggio del 2024 dal JPL, dove era stato progettato, costruito e testato. Lo scopo principale del coronografo, che ha una forma simile a quella di un pianoforte e che è lungo circa 1,7 m, sarà quello di effettuare osservazioni dirette degli esopianeti, utilizzando una suite complessa di maschere e specchi attivi con lo scopo di bloccare la luce della stella attorno a cui questi pianeti ruotano, evidenziandoli.
Da sinitra a destra: un dettaglio dell’Instrument Carrier, un tecnico al lavoro sull’Instrument Carrier e lo stesso sollevato. Credits: Sydney Rohde.
Prima dell’integrazione dell’altro strumento di Nancy Grace, il Wide Field Instrument, sarà necessario verificare che tutte le connessioni siano state effettuate in maniera corretta e che le ottiche del coronografo siano correttamente allineate.
Il telescopio, il cui lancio è previsto non prima del maggio 2027 a bordo di un Falcon Heavy di SpaceX, è considerato il successore dell’Hubble Space Telescope (HST), soprattutto per via della porzione dello spettro che verrà osservata: entrambi infatti possono osservare dal vicino infrarosso al vicino ultravioletto, passando per la banda visibile, ed entrambi hanno uno specchio primario di 2,4 metri di diametro. Roman però dispone di un campo di vista 100 volte più grande, con la possibilità quindi di raccogliere molti più dati, e una risoluzione molto simile.
Fonti: NASA (1), NASA (2), NASA (3).