Iniziato il viaggio di Hera verso Dimorphos

Rappresentazione artistica di Hera e del sistema di asteroidi binario Didymos. Credits: Space Office

Nonostante un meteo incerto — a poche ore dal lancio, le probabilità di violare i criteri per un decollo sicuro erano dell’85% — nel pomeriggio italiano del 7 ottobre 2024 alle 16:52, dallo Space Launch Complex 40 (SLC-40) della Cape Canaveral Space Force Station (CCSFS) in Florida, Stati Uniti d’America, un Falcon 9 di SpaceX è decollato con a bordo la missione Hera dell’agenzia spaziale europea (ESA).

Se per la rampa si è trattato del primo volo dopo Crew-9, che aveva portato verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) Nick Hague e Aleksandr Gorbunov il 25 settembre 2024, per il vettore si è trattato del 23esimo e ultimo: per via della particolare orbita in cui Hera è stata inserita è stato necessario sfruttare al massimo le performance del Falcon 9, rendendo quindi impossibile il recupero, sia vicino al pad di lancio che su una chiatta oceanica. B1061 non è stato però il primo booster a raggiungere questo traguardo: prima di lui ci era riuscito B1062 il 28 agosto 2024, quando per un cedimento di una landing leg dopo l’atterraggio su A Shortfall of Gravigtas (ASOG) si era rovesciato sulla chiatta ed esploso. A differenza di B1062, B1061 aveva però servito molte meno missioni Starlink (10 contro 16) e più missioni commerciali, tra le quali spiccano Crew-1 e Crew-2, le prime due missioni operative di lungo periodo della Crew Dragon sulla ISS nell’ambito del Commercial Crew Program (CCP), IXPE, Arctic Satellite Broadband Mission (ASBM) e la quarta e la quinta missione Transporter, il programma di SpaceX per voli rideshare periodici verso l’orbita eliosincrona.

La nascita di Hera, in modo non molto diverso da quello che accade a molte missioni spaziali, risale ad oltre 20 anni fa: a seguito della nascita del Near-Earth Object Mission Advisory Panel (NEOMAP) nel 2002 erano stati presentati 6 concept studies che si sarebbero poi dovuti tramutare in Don Quijote, una missione di difesa planetaria. La missione sarebbe stata composta da due sonde: una avrebbe agito come una sorta di proiettile, impattando e modificando la traiettoria di un piccolo asteroide, mentre l’altra vi avrebbe orbitato intorno per studiare l’efficacia dello scontro e gli effetti prodotti.

Sebbene Don Quijote non abbia mai visto la luce e sia rimasto solamente un concept, l’idea è stata portata avanti da ESA e dall’agenzia spaziale americana (NASA), che hanno sviluppato rispettivamente Hera e DART (Double Asteroid Redirection Test).

La missione americana è stata lanciata il 24 novembre 2021 a bordo del Falcon 9 B1063 ed ha impattato con la luna più piccola del sistema binario Didymos, Dimorphos, il 27 settembre 2022. Poco prima dello scontro la sonda aveva rilasciato LICIACube (Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids), un cubesat sviluppato dall’agenzia spaziale italiana (ASI) dotato di due fotocamere: LEIA (LICIACube Explorer Imaging for Asteroid), una camera pancromatica a campo stretto per immagini da grande distanza e un alto livello di definizione spaziale, e LUKE (LICIACube Unit Key Explorer), una camera RGB a campo largo, per un’analisi multicolore dell’ambiente asteroidale. Lo scopo di LICIACube era quello di osservare l’impatto tra DART e Dimorphos, ma anche studiare la nube di polvere che si è creata e caratterizzare il cratere sulla superficie dell’asteroide.

La missione europea compirà invece la seconda parte del progetto iniziale: avrà lo scopo di studiare nel dettaglio l’efficienza dell’impatto di DART su Dimorphos, misurandone la massa. In questo modo sarà possibile identificare eventuali materiali mai esposti all’ambiente esterno e studiarne l’interazione avuta nel corso degli anni, oltre a fornire informazioni utili per studiare il trasferimento di momento nel caso di scontri tra altri asteroidi con composizione simile.

Comparazione tra alcuni oggetti terrestri, Hera, Dimorphos e Didymos. Credits: ESA-Science Office

Le conseguenze dell’impatto, come il cratere che si è formato sulla superficie e che verrà studiato per avere maggiori dettagli sui processi e meccanismi di formazione di queste strutture, non sono solo visive, ma anche dinamiche: è stato misurato il cambiamento nel periodo di Dimorphos dopo lo scontro tramite l’utilizzo di strumentazione a Terra. Alcuni effetti sono però difficilmente osservabili e richiedono la presenza di una sonda nelle vicinanze dell’asteroide colpito.

In aggiunta a questo, Hera compirà mappature ad alta risoluzione della superficie, usando diversi strumenti, in modo da poter anche avere dettagli sulla struttura interna, una misura mai effettuata prima per quanto riguarda un asteroide, in attesa che la missione Psyche arrivi a destinazione presso l’omonimo asteroide. La caratterizzazione della superficie sarà oggetto di molte analisi, sia per capire e validare i modelli sulla formazione del sistema, ma anche per capire come le proprietà dei materiauli possano influenzarla.

Inoltre, la dimensione (160 m) e il periodo (2,26 ore) di Dimorphos lo pongono al confine tra gli oggetti dominati dalla gravità e quelli mantenuti insieme dalle forze di coesione tra le componenti, per quanto riguarda il primo aspetto, e al limite della stabilità, per quanto riguarda il secondo.

Hera ha a disposizione 5 strumenti, uno dei quali, fornito dall’agenzia spaziale giapponese (JAXA): il principale saranno le due Asteroid Fragment Camera (AFC), che produrranno immagini in bianco e nero nella banda visibile dell’asteroide. Dal momento che da sole potranno permettere di svolgere tutti gli obiettivi previsti per la missione, solo una verrà utilizzata, mentre l’altra sarà utilizzata come riserva. Le immagini a colori saranno prodotte da HyperScout-H, che osserverà in 45 bande spettrali nel visibile e nel vicino infrarosso, per fornire ulteriori dati utili per determinare le analisi geologiche e sulla composizione.

Il Planetary ALTimeter (PALT) è invece un lidar compatto che avrà lo scopo di caratterizzare l’altimetria della superficie di Dimorphos, supportare le operazioni della sonda quando questa viaggerà a bassa quota e quelle di costruzione dei modelli della forma e della massa dell’asteroide.

Il contributo di JAXA si è concretizzato nel Thermal Infra Red Imager (TIRI), uno strumento che avrà lo scopo di caratterizzare la superficie di Dimorphos distinguendo la tipologia di terreno presente, sia esso composto da polvere o rocce più grandi. Se sarà possibile con TIRI si tenteranno misure sulle proprietà termiche della superficie utili per determinare la struttura del suolo e il grado di coesione, oltre a quelle che possono avere effetti termici e influire sull’effetto YORP.

Gli strumenti scientifici non verranno però utilizzati per la prima volta all’arrivo presso il sistema binario: la traiettoria su cui Hera è stata inserita la porterà ad incontrare Marte nel marzo 2025, a soli 6 000 km di quota, ma soprattutto la luna più piccola del pianeta, Deimos. Il passaggio ravvicinato con il satellite di Marte, a soli 1000 km, permetterà di attivare molti strumenti scientifici per le operazioni di calibrazione e di osservazione.

Solo ad ottobre 2026 Hera effettuerà la manovra che la porterà ad entrare nel sistema di Didymos nel dicembre 2026, terminando il viaggio di poco più di due anni e dando inizio alla parte scientifica della missione. A questo punto cominceranno le osservazioni iniziali della massa e dello stato dinamico del sistema e ci sarà il rilascio dei due cubesat passeggeri, Milani e Juventas. Seguirà la fase di analisi più dettagliata, dove verranno studiate la superficie e le proprietà dell’interno dell’asteroide, e quelle specifiche per il cratere creato da DART. Infine inizieranno le dimostrazioni per le operazioni di prossimità.

Il viaggio di Hera. Credits: ESA

Milani e Juventas

Assieme a Hera, similmente per quanto accaduto a DART con LICIACube, ci saranno due cubesat che svolgeranno osservazioni complementari: Milani e Juventas.

Milani

È un cubesat 6U-XL (13 × 24,6 × 36,6 cm e 12 kg con il propellente) che orbiterà inizialmente a 10 km dai satelliti, per poi scendere fino a 2 km, effettuando una serie di flyby ravvicinati: la bassissima gravità del sistema, stimata in 5·10-5m/s2, circa un milione di volte inferiore a quella terrestre, rende l’entrata in orbita estremamente difficile. Al termine della missione Milani tenterà un atterraggio su Dimorphos: eventuali rimbalzi che farà saranno registrati da una suite di giroscopi e accelerometri che permetteranno di determinare le proprietà della superficie dell’asteroide.

È dotato di uno strumento principale, ASPECT, e uno secondario, VISTA.

I quattro sensori di ASPECT (Asteroid SPECTral imager), un imager iperspettrale dal visibile all’infrarosso ad onde corte (SWIR), sono montati sul lato di Milani. A differenza degli imager più tradizionali cattura immagini 2D ad una determinata lunghezza d’onda, che possono essere combinate a formare un datacube spettrale. Precedenti versioni erano state utilizzate in a una serie di strumenti sui droni per il monitoraggio agricolo, forestale e dell’inquinamento, mentre una più vicina a quella montata su Milani è stata installata sul primo cubesat finlandese, Aalto-1 nel 2017.

VISTA (Volatile In-Situ Thermogravimetre Analyser) è un micro-termogravitimetro che individuerà particelle di polvere più piccole di 10 μm, individuando elementi volatili, come l’acqua, o elementi organici leggeri, come gli acidi carbossilici con poche catene di carbonio, oltre a monitorare la contaminazione molecolare per altri strumenti a bordo del cubesat o di Hera. Il sistema è basato su micro-oscillatore con un sistema di individuazione bassato su cristalli piezoelttrici (cristalli che si polarizzano e creano una differenza di potenziale in risposta ad una deformazione meccanica diretta) e un elettrodo di metallo che funziona come raccogolitore di particelle con dimensioni inferiori al micron.

Juventas

Anche Juventas è un cubesat 6U-XL ( 37x23x10 cm e 12 kg di massa quando rifornito) il cui scopo è studiare le caratteristiche geofisiche di Dimorphos, tra cui il campo di gravità, la struttura interna e le proprietà superficiali.

A bordo ci sarà GRASS (Gravimeter for the Investigation of Small Solar System Bodies), che misurerà il campo gravitazionale di Dimorphos e JuRa (Juventas Radar), un radar ad apertura sintetica che fornirà per la prima volta informazioni dirette sulla struttura interna di un asteroide, oltre ad una serie di sensori come giroscopi, star tracker e telecamere nel visibile. Quattro antenne da 1,5 m serviranno per trasmettere i dati.

Per osservare Dimorphos, Juventas entrerà in un’orbita terminatore auto-stabilizzata intorno a Didymos: si tratta di un’orbita parallela alla linea del terminatore (il confine tra giorno e notte) in cui sfrutterà la pressione di radiazione solare e la debolissima attrazione gravitazionale dell’asteroide. Terminata questa fase, Juventas entrerà in orbita attorno a Dimorphos per atterarvi sulla superficie e come Milani, utilizzerà accelerometri e giroscopi per analizzare le proprietà del suolo.

Ritratto di gruppo con Milani a sinistra, Hera al centro e Juventas a destra. Credits: ESA

Fonti: Milani (ESA), Juventas (ESA), Hera (sito ufficiale), Hera (ESA).

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Matteo Deguidi

Studio Astrophysics and Cosmology a Padova e qui provo a raccontare quello che succede nel mondo dell'astronautica mondiale, concentrandomi su missioni scientifiche in corso o in fase di sviluppo, con qualche spruzzata di astronomia.