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Parker Solar Probe e Solar Orbiter svelano il mistero del vento solare

Rappresentazione di SolO,e PSP di fronte al Sole. Credit: ESA/NASA

Il vento solare è un flusso costante di particelle cariche (elettroni, protoni e particelle alfa; nuclei di carbonio, azoto, ossigeno, neon, magnesio, silicio, zolfo, ferro, fosforo, titanio, cromo e vari isotopi del nichel) che, sfuggendo alla gravità del Sole, ne abbandonano l’alta atmosfera (corona) per fluire quasi indisturbate nell’intero Sistema Solare.
Da quasi un secolo vengono proposte teorie riguardanti la corona e il vento solare che, avendo una temperatura media di un milione di gradi (ma possono arrivare fino a 10 milioni), sono inaspettatamente molto più caldi della fotosfera, la superficie visibile del Sole che è intorno ai 5.500 °C.
Le particelle che formano la corona solare hanno una velocità media di 145 km/s, ben al di sotto dei 618 km/s necessari a sfuggire alla gravità del Sole ma, con un meccanismo non attribuibile solamente alla conduzione termica, possono acquisire energia, superare la velocità di fuga e dare origine al vento solare.

Grazie ai dati forniti dalla sonda statunitense Parker Solar Probe (PSP) e da quella europea Solar Orbiter (SolO) che, nel febbraio 2022 sono state investite da uno stesso flusso di vento solare, la spiegazione del riscaldamento e accelerazione è stata individuata in oscillazioni su ampia scala del campo magnetico del Sole note come onde di Alfvén, dal nome dell’ingegnere svedese premio Nobel nel 1970 che le propose negli anni ’40.

Il 25 febbraio 2022, mentre orbitava a 9,3 milioni di chilometri da Sole, la sonda PSP venne investita da un flusso di vento solare e lo strumento SWEAP (Solar Wind Electrons Alphas and Protons) rilevò alcuni protoni con temperature di 1.400.000 °C e velocità pari a 390 km/s.
Per una fortuita coincidenza 2 giorni dopo ma a 88,8 milioni di km dal Sole, anche SolO incontrò lo stesso flusso e lo strumento SWA (Solar Wind Plasma Analyser) rilevò protoni con temperature di 200.000 °C e velocità di 510 km/s.
Il plasma si era quindi raffreddato ma aveva stranamente aumentato la propria velocità.

In un gas ordinario, come per esempio l’atmosfera terrestre, le uniche onde che possono essere trasmesse sono le onde sonore.
Se si riscalda il gas a temperature estreme dell’ordine dei milioni di gradi, come nella corona solare, il gas diventa plasma: uno stato della materia composto da ioni, con carica elettrica totale nulla e molto sensibile ai campi magnetici.
Nel campo magnetico del Sole si formano quindi le onde di Alfvén, perturbazioni ondulatorie del plasma che si propagano tramite l’oscillazione delle particelle cariche, gli ioni. Queste onde hanno la caratteristica di immagazzinare energia e trasportarla durante il loro movimento lungo le linee del campo magnetico.
A differenza di un gas ordinario, la cui energia intrinseca viene espressa sotto forma di densità, temperatura e velocità, con il plasma si deve tener conto anche del campo magnetico in cui fluisce.
Sia Parker Solar Probe che Solar Orbiter sono equipaggiate con gli strumenti necessari a misurare questi valori, compresa l’energia del campo magnetico, che si è dimostrata essere il fattore determinante per comprendere definitivamente il comportamento della corona e del vento solare.

Senza contare l’energia del campo magnetico, l’energia totale del flusso misurata da SolO non era equivalente a quella misurata da PSP due giorni prima.
Quando PSP ha effettuato le misurazioni, il 10% dell’energia totale era trasportata dal campo magnetico, mentre due giorni dopo SolO ne ha rilevato solamente l’1%, ma il plasma aveva accelerato e si era raffreddato più lentamente del previsto.
La conclusione è quindi che quel 9% di energia del campo magnetico, persa dal flusso tra una misurazione e l’altra, ha accelerato il plasma e ne ha rallentato il raffreddamento.

Fonte ESA, Science

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