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Finalmente, l’atterraggio del (Crew) Flight Test di Starliner

Immagine infrarossa di Starliner e i tre paracadute principali aperti. Credits: NASA via YouTube.

Novantatré giorni, tredici ore e otto minuti.

Tanto è passato tra il decollo della capsula Starliner di Boeing dallo Space Launch Complex 41 della Cape Canaveral Space Force Station (CCSFS), in Florida, negli Stati Uniti d’America, e l’atterraggio presso il White Sands Space Harbor in New Mexico, sempre negli Stati Uniti.

Si è quindi concluso il travagliato Crew Flight Test di Calypso – questo il nome dato alla capsula utilizzata – il cui scopo era completare la certificazione al trasporto di equipaggi della capsula.

Per Starliner era infatti il primo volo con esseri umani a bordo, dopo le due missioni senza equipaggio effettuate nel dicembre 2019 e nel maggio 2022. Nei piani originali Barry “Butch” Wilmore e Sunita Williams, rispettivamente comandante e pilota della missione, sarebbero dovuti rimanere a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) solamente otto giorni: una serie di problemi ai thruster del modulo di servizio, uniti a una perdita di elio nel sistema di pressurizzazione dei serbatoi, avevano però costretto l’agenzia spaziale statunitense (NASA) a spostare di volta in volta la partenza dalla Stazione, fino ad arrivare alla drastica e difficile decisione di giudicare più sicuro far rimanere in orbita Wilmore e Williams e far rientrare Calypso senza alcuna persona all’interno.

Questa scelta ha impattato anche su Crew-9, che sarebbe dovuta partire a settembre: Zena Cardman e Stephanie Wilson, rispettivamente comandante e specialista di missione, sono state rimosse dalla missione per fare in modo a Wilmore e Williams di poter avere un posto per rientrare a Terra a febbraio.

L’undocking della capsula dalla ISS, ovvero il momento in cui Starliner si è separata dalla Stazione, è avvenuto a mezzanotte e quattro minuti ora italiana. A questo è seguito il breakout burn, una serie di 12 brevi accensioni dei thruster per un totale di 5 minuti che hanno portato la capsula al di sopra della Stazione e infine il departure burn, che ha immesso Starliner nella traiettoria di rientro. L’ingresso in atmosfera è avvenuto dopo quattro orbite e alle 05:18 è stato effettuato il deorbit burn. Pochi minuti dopo, lo scudo termico è stato esposto all’atmosfera, grazie alla separazione del modulo di servizio dalla capsula, che si distruggerà nelle prossime settimane o mesi in atmosfera. La distruzione di questo elemento, su cui erano alloggiati i thruster difettosti, era una delle ragioni per cui NASA aveva deciso di prolungare la missione: le anomalie riscontrate in orbita erano difficilmente replicabili a Terra e dal momento che non sussisteva nessuna situazione di pericolo per l’equipaggio, mantenere Starliner attraccata alla ISS e raccogliere più dati possibili avrebbe solo aiutato a compiere una decisione sul rientro più ponderata.

Alle 05:59 lo scudo termico è stato espulso e la capsula ha cominciato ad avvicinarsi sempre di più al suolo: i drogue chutes, dei piccoli paracadute che vengono aperti prima di quelli principali, erano già stati aperti due minuti prima e avevano anche terminato il loro compito, lasciando ai tre più grandi l’obiettivo di rallentare ulteriormente Calypso. Alle 06:01 poi è avvenuto l’atterraggio e sono iniziate le operazioni di recupero da parte dei team di Terra: NASA non ha però trasmesso questa fase e non ci sono quindi immagini su come siano andate, sebbene la coreografia sia stata molto probabilmente simile a quella dei due voli precedenti.

A circa un’ora e mezza dall’atterraggio, e quindi dopo aver analizzato i primissimi dati ricevuti dalla capsula, NASA ha tenuto una conferenza stampa con Joe Montalbano, vice amministratore associato per le operazioni spaziali, Steve Stich, program manager del Commercial Crew Program (CCP), e Dana Wiegel, manager del programma ISS per conto di NASA.

Stich ha aperto la conferenza dicendo che non ci sono stati problemi nell’undocking e che i team hanno anche ripressurizzato il sistema dell’elio: durante la permanenza a bordo della Stazione il circuito era stato chiuso e le perdite si erano interrotte, anche se in un paio di occasioni il sistema era stato testato ed era stato necessario riaprire le valvole. Uno dei 12 thruster sul Crew Module non ha invece funzionato come previsto, nemmeno dopo aver cambiato il profilo di accensione. Nonostante si tratti di un sistema ridondante e pertanto non ci siano state criticità, la questione verrà indagata nelle prossime settimane per avere maggiori dettagli. Altri piccole difficoltà si sono riscontrate in due dei tre sistemi di posizionamento inerziale, chiamati SIGI/INS (Space Integrated GPS/Inertial Navigation System).

Sono invece stati risolti i problemi al sistema di raffreddamento, che dopo il decollo non formava correttamente il ghiaccio.

A questa breve introduzione iniziale sono seguite alcune domande che hanno provato a inquadrare la missione all’interno del Commercial Crew Program e soprattutto in relazione a SpaceX, l’altra azienda selezionata nel programma.

SpaceX ha infatti effettuato il volo di prova della capsula Crew Dragon senza equipaggio nel marzo 2019, quello con equipaggio (DM-2) dal maggio all’agosto del 2020, ed è giunta alla nona missione di lunga durata (Crew-9). L’azienda ha inoltre la certezza di effettuare anche la decima (Crew-10 nella primavera 2025) e in base agli esiti delle analisi di questo volo di Starliner non è escluso che possa vedersi aggiudicata anche l’undicesima (Crew-11, nell’autunno 2025): Stich, nel corso di una conferenza di agosto, aveva comunicato che lo slot per USCV-11 (l’undicesima missione con un veicolo commerciale), è stato riservato contemporaneamente a SpaceX e Boeing proprio per garantire la flessibilità necessaria in caso di problemi a Starliner. Era già successo con USCV-10, ma i ritardi e i problemi della capsula di Boeing hanno indotto NASA ad assegnare la missione a SpaceX.

Eric Berger, di Ars Technica, ha quindi chiesto se, alla luce di queste differenze e dopo 10 anni dalla nascita del Commercial Crew Program, questo si possa considerare un successo: per Stich lo è, dal momento che ci sono non solo due capsule in grado di trasportare equipaggi, ma anche una serie di missioni al di fuori del programma, che suggeriscono come l’obiettivo di NASA di commercializzare l’orbita bassa terrestre non sia del tutto irrealizzabile. Stich si riferiva alle missioni di Axiom Space dirette verso la ISS, ma anche di Inspiration4, Polaris Dawn e Fram2, più brevi rispetto a una permanenza di due settimane sulla Stazione, ma con la peculiarità di essere in volo libero.

Jonathan Woods di Working Tens ha chiesto ai tre rappresentanti come si pone questo volo nei confronti di quello analogo di SpaceX. Stich ha ricordato come anche in DM-2 ci fossero stati dei problemi: era stata riscontrata dell’erosione nell’area intorno a un tirante (tension tie) tra la capsula e il modulo di servizio e questo ne aveva comportato un significativo cambiamento. Al commento di Stich si è unito quello di Wiegel che ha detto che non è possibile comparare i due voli dal momento che la Crew Dragon è un’evoluzione della Cargo Dragon sviluppata in precedenza, mentre per Starliner il progetto è nato da zero.

Più maliziosa è stata la domanda di Robert Pearlman di Collectspace, che ha chiesto se la missione potesse essere considerata un «fallimento di successo»: Montalbano ha risposto dicendo che «si tratta di una missione di test, e durante le missioni di test le cose non sempre vanno come si aveva pianificato. Per me è un successo. Dobbiamo capire i problemi e risolverli». Stich ha aggiunto che «l’85%–90% degli obiettivi di missione è stato raggiunto».

In merito alla necessità di effettuare un altro volo di test, Stich ha risposto che «è troppo presto e che è necessario analizzare i dati. Seppur l’obiettivo rimanga avere la rotazione delle due capsule, Starliner tornerà a volare quando tutto sarà pronto». Rispondendo a Mark Carreau di Aviation Week and Space Technologies, Stich si è limitato semplicemente a dire che «i team si incontreranno settimanalmente per studiare la perdita dell’elio e per capire cosa fare per le prossime missioni. In circa un mese sapranno a che punto sono». Per concludere l’aspetto dell’analisi dei dati, Will Robinson Smith di Spaceflightnow ha chiesto quando la capsula arriverà al Kennedy Space Center (KSC): sempre Stich ha comunicato che Calypso arriverà in Florida fra circa due settimane e che verranno scaricati ulteriori dati dai sensori a bordo della capsula stessa.

Stich, che è stato dei tre quello a cui sono state rivolte più domande, ha risposto a Micha Meidenberg del Wall Street Journal andando nel dettaglio su alcune modifiche che ci saranno nei prossimi voli: erano già state discusse prima della missione e riguardano le tute e i sedili utilizzati dagli astronauti. Per completare il processo di certificazione servirà poi che Starliner sia in grado di ricollocarsi autonomamente dalla front port a quella di zenith della ISS.

Le altre domande sono state più tecniche e relative ai problemi occorsi alla capsula: il primo è stato Sawyer Rosenstein, di Nasaspaceflight, che ha chiesto maggiori dettagli sulla questione di SIGI. Stich ha risposto dicendo che si tratta essenzialmente di sistemi simili a un GPS, ma in grado di misurare anche la velocità e l’assetto di Starliner. La terza unità ha dato dei problemi perché non riusciva a comunicare con un numero sufficiente di satelliti, ma dopo l’intervento dei team di Terra la situazione è tornata alla normalità. Solo il secondo esemplare non è stato utilizzato.

L’attenzione principale è stata però riservata ai thurster: Marcia Smith di Space Policy Online ha chiesto quando fossero stati testati l’ultima volta i thruster del Crew Module e se ci fossero mai stati problemi nei due voli precedenti. Stich ha risposto dicendo che «durante l’Orbital Flight Test 1 (OFT-1), il primo volo orbitale di Starliner, tutti i propulsori avevano funzionato correttamente, mentre durante OFT-2 solo uno venne disattivato, durante il dispiegamento dei paracadute pilota, probabilmente da un comando inviato. Il thruster che non ha funzionato questa volta potrebbe essere a causa di una valvola che non si è aperta. Il pezzo verrà comunque inviato al produttore per le opportune verifiche».

Rispondendo ad un’altra domanda relativa ad una possible riprogettazione delle doghouse, le zone in cui i thruster sono accomodati, il manager del CCP ha comunicato che «ci sono diversi team al lavoro su questo aspetto. L’obiettivo è quello di non cambiare il design dei thruster, che hanno comunque dimostrato la capacità di lavorare ottimamente quando le temperature raggiunte nelle doghouses non sono elevate». È quanto successo durante il rientro di Starliner: si tratta di un aspetto noto, in quanto «la fase di ascesa è più provante di quella di discesa». I team a White Sands sono comunque al lavoro per studiare una soluzione che «permetta alle doghouse di trattenere meno calore e parallelamente ai thruster di essere utilizzati di meno». Ha aggiunto che non ritiene i problemi ai thruster di Starliner come «insormontabili».

Un’ultima domanda è giunta da Kenneth Chain del New York Times, che ha chiesto come saranno ottenuti nuovi dati se i test a Terra sulle doghouse sono difficili da effettuare, e quindi come si preparerà la prima missione operativa di Starliner senza un altro volo di test. Stich ha detto che i team costruiranno un modello partendo dai dati ottenuti, ma anche che studieranno se e come sarà possibile studiare le doghouse nelle camere a termovuoto a disposizione dell’agenzia.


Fonte: conferenza stampa NASA post atterraggio.

Un sentito ringraziamento a Veronica Remondini per la copertura social e l’aiuto nel seguire la conferenza stampa di NASA.

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