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Starlink 8-3, ASBM e Starlink 10-7: un fine settimana caldo per SpaceX

Le patch della missione. Credits: SpaceX e Space Norway

È oramai da quasi tre anni che SpaceX è la compagnia che effettua più lanci in assoluto nel mondo: furono infatti 61 nel 2022, 98 nel 2023 e 81 ad agosto del 2024. Il significativo aumento è dovuto principalmente alla megacostellazione Starlink, pensata da SpaceX come soluzione per portare connettività internet in tutto il mondo, oceani e aree remote incluse. Non sorprende quindi che la percentuale di questi lanci sul totale sia man mano aumentata: dal 56% del 2022, al 64% del 2023 e infine al 69% di quest’anno, che però deve ancora terminare. La necessità di lanciare un così elevato numero di missioni ha permesso a SpaceX anche verificare le performance dei Falcon 9 dopo un considerevole numero di voli, abbattendo non solo la barriera dei 10 riutilizzi, ma anche dei 20.

Non sorprende quindi che le missioni Starlink non facciano oramai più notizia, se non quando l’oramai celebre “trenino” diventa visibile sopra i cieli italiani. E negli ultimi due giorni, SpaceX ha lanciato due missioni: con ognuna (Group 8-3 e Group 10-7) sono stati portati in orbita 21 satelliti mini della seconda generazione, di cui 8 normali e 13 direct-to-cell, ovvero in grado di fornire ai cellulari a Terra la possibilità di effettuare chiamate, inviare messaggi o effettuare brevi videochiamate.

Sono quindi le missioni dirette verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), con astronauti o meno, e quelle commerciali a destare il maggior interesse. E così, alle 04:02 italiane del 12 agosto, dallo Space Launch Complex 4E della Vandenberg Space Force Base (VSFB), in California, negli Stati Uniti d’America, un Falcon 9 è decollato con a bordo due satelliti di Space Norway, una compagnia controllata dal governo norvegese.

Il booster era B1061, che con questo volo è diventato il leader della flotta a disposizione di SpaceX assieme a B1062 con all’attivo 22 voli: due missioni con equipaggio (Crew-1, il primo volo, e Crew-2), una di rifornimento per la ISS (CRS-23), una missione scientifica di NASA (IXPE), due missioni in rideshare (Transporter 4 e Transporter 5), sei missioni commerciali o per conto di governi (Sirius SXM-8, Globalstar-2 FM15 & USA 328-331, EROS-C3, Korea 425 Project Flight 1, WorldView Legion 1 & 2 e infine ASBM) e ben 10 missioni Starlink (4-7, 3-3, 2-7, 3-5, 2-10, 7-1, 7-5, 7-10, 7-15 e 8-8). L’atterraggio del booster è avvenuto senza problemi sulla piattaforma Of Course I Still Love You (OCSILY), stazionata nell’Oceano Pacifico.

Racchiusi all’interno delle ogive c’erano due satelliti, che sarebbero poi stati rilasciati in un’orbita Molnjia di trasferimento, con l’intento poi in futuro di servire le aree artiche con connettività sia per uso civile che militare. La costruzione dei satelliti è stata affidata a Norhrop Grumman (NG), che ha consegnato i satelliti al sito di lancio poco dopo la metà di giugno 2024, con Inmarsat (acquistata poi da ViaSat) e il Ministero della Difesa norvegese a contribuire.

Notrhop Grumman ha costruito il satellite basandosi sulla propria piattaforma GEOStar-3: questa è in grado di ospitare payload fino a 1 000 kg e operare in orbita per oltre 15 anni. NG ha inoltre fornito l’Enhanced Polar Systems-Recapitalization (EPS-R), un sistema per le comunicazioni in banda X per le forze armate norvegesi e uno in banda Ka per quelle civili, gestito da ViaSat, che avrà così il suo primo payload non in orbita geostazionaria. A bordo è anche presente un contatore delle radiazioni per conto della Commissione Europea, con lo scopo di fornire maggiori dati per i satelliti Galileo, il sistema di posizionamento gestito dall’Europa.

Dall’ideazione, iniziata nel 2014, al lancio sono passati solo 10 anni, ma la firma dei contratti per la costruzione dei satelliti con Northrop Grumman è avvenuta soltanto nel maggio 2019: la Critical Design Review (CDR), ovvero la fase in cui il design del satellite viene cristallizzato, si è svolta nel 2020 e la costruzione è iniziata nel 2021.

I satelliti opereranno in un’orbita chiamata TAP, acronimo di Three Apogee Period, caratterizzata da un apogeo di 43 500 km, un perigeo di 8 100 km e un’inclinazione di 63°: saranno attivi solamente per 10 ore durante ogni orbita, due delle quali trascorse con entrambi i satelliti attivi, dal momento che la separazione temporale tra i due sarà di 8 ore. Il periodo complessivo dell’orbita è di 16 ore.

La massa complessiva dei due satelliti è di 7 200 kg completamente riforniti con il propellente, misurano 3 m × 3 m × 4 m senza i pannelli solari, che raggiungono invece un’apertura di 27 m quando dispiegati.

EPS-R (Enhanced Polar Systems-Recapitalization)

Gestito dallo Space Systems Command (SSC) della Space Force degli Stati Uniti, è un sistema per comunicazioni militari in banda EHF (Extremely High Frequency) che permetterà di estendere l’utilizzo dei servizi forniti dall’EPS. Si tratta di un servizio di transizione tra l’attuale in uso (Interim Polar Systems, IPS) e l’Evolved Strategic Satcom (ESS), che secondo i piani dello SSC dovrebbe venire lanciato intorno al 2033: invece di creare un nuovo programma, la Space Force ha preferito mantenere una certa continuità e sfruttare l’esperienza e la manodopera proveniente dall’IPS per gestire EPS-R.

Si tratta inoltre del primo payload spaziale con compiti relativi alla sicurezza nazionale a essere ospitato su un satellite di una nazione alleata degli USA: permetterà alla Space Force di risparmiare oltre 900 milioni di dollari e di avere il servizio in orbita con tre anni di anticipo rispetto alla procedura classica di utilizzo di un satellite proprietario. La collaborazione tra Stati Uniti e Norvegia è stata definita dallo U.S.-Norway Arctic MILSATCOM agreement: le due nazioni hanno riconosciuto «la continua crescita di minacce e la necessità di avere comunicazioni satellitari protette», secondo quanto riferito da William Leach, membro statunitense della delegazione che ha negoziato e discusso degli aspetti dell’accordo. Ha aggiunto che «le comunicazioni sono diventate indispensabili per le operazioni militari e richiedono una copertura globale. A oltre i 65° di latitudine nord le comunicazioni sono di bassa qualità e possono quindi influenzare le capacità operative» sia in contesti di guerra che di aiuto umanitario.

Fonti: Space Force, guida all’uso della piattaforma GEOStar-3, Space Norway

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