E Polaris Dawn che fa?
Ieri 30 agosto 2024 sarebbe dovuto essere il quarto giorno della missione Polaris Dawn, quello immediatamente successivo all’evento principale di questa missione: l’attività extraveicolare eseguita da due membri dell’equipaggio. Tutto questo però se il Falcon 9 B1083 assegnato alla missione fosse decollato dallo Space Launch Complex 39A del Kennedy Space Center (KSC), in Florida, negli Stati Uniti d’America il 26 di agosto, come inizialmente comunicato.
Lo slittamento della partenza è dovuto al meteo nella zona di recupero della capsula al ritorno dal volo spaziale: Polaris Dawn non è una missione diretta verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e non dispone quindi della possibilità di prolungare molto la permanenza a bordo in attesa di un miglioramento nelle condizioni meteo, come successo nel caso di Axiom-1 nell’aprile 2022.
Si tratta invece di una missione in volo libero di cinque giorni e le previsioni meteo per il giorno del rientro devono essere favorevoli alle operazioni di recupero e non prevedere condizioni atmosferiche e del mare che potrebbero creare problemi alla Crew Dragon Resilience utilizzata per la missione. Va anche aggiunto che non è nemmeno possibile cambiare il punto di ammaraggio, dal momento che virtualmente tutte le zone di recupero nel sud-est degli Stati Uniti hanno condizioni meteo che violano i criteri.
Con il passare dei giorni le condizioni meteo nei punti di recupero previsti per la missione non sono migliorate e hanno costretto quindi SpaceX a spostare la data di partenza di giorno in giorno: fonti non ufficiali fissano attualmente la partenza per mercoledì 4 settembre alle 09:39 italiane, senza tuttavia alcuna conferma da parte dell’azienda. SpaceX anzi ha pubblicato un post su X per comunicare che, non appena sarà individuata una data per la partenza, questa verrà resa nota e ufficializzata.
Tuttavia il meteo ha rappresentato soltanto uno degli intoppi in cui la missione è incappata: poco meno di 24 ore prima del lancio, e subito dopo uno static fire effettuato, SpaceX ha comunicato che alcuni team stavano monitorando una perdita di elio dal quick disconnect: il sistema di disconnessione rapida delle tubazioni di rifornimento dirette verso il razzo. Tramite le videocamere di appassionati puntate verso il pad di lancio si è poi visto come le operazioni abbiano preso forma: è stato utilizzato un camion con un braccio estensibile in modo da raggiungere la zona dell’interstadio, dove era localizzata la perdita. L’operazione è durata circa un’ora, trascorsa la quale il razzo è stato riportato in posizione orizzontale, probabilmente per permettere ai tecnici di operare con più facilità. Il problema è stato poi risolto, come confermato da Jared Isaacman, comandante della missione.
A ritardare la partenza è poi intervenuta anche la Federal Aviation Administration (FAA), l’ente statunitense con funzioni di supervisione del settore aerospaziale: nel corso della missione Starlink 8-6 il primo stadio (B1062) non è riuscito ad atterrare correttamente, come avviene routinariamente da diversi anni, portando la FAA ad aprire un’indagine. Come conseguenza sono stati fermati i voli del Falcon 9, almeno fino al termine dell’investigazione, il cui è scopo è verificare che «nessun sistema, processo o procedura relativo all’anomalia impatti sulla sicurezza pubblica». A ritardare ulteriormente il ritorno al volo del Falcon 9 si potrebbero aggiungere i tempi tecnici e burocratici necessari per modificare e approvare la licenza di volo del razzo: tali modifiche conterrebbero eventuali azioni correttive da apportare per ridurre la probabilità che si perda nuovamente un booster al rientro.
Con una successiva comunicazione arrivata nella notte tra venerdì 30 e sabato 31 agosto, la FAA ha comunicato che, in attesa che venga terminata l’indagine, i Falcon 9 possono tornare operativi. SpaceX non ha perso tempo e ha organizzato la partenza di due lotti di satelliti Starlink: il gruppo 8-10 dallo Space Launch Complex 40 nella Cape Canaveral Space Force Station (CCFS) in Florida e il gruppo 9-5 dallo Space Launch Complex 4E della Vandenberg Space Force Base (VSFB).
Non è la prima volta che i Falcon 9 sono messi a terra forzatamente: era successo anche a metà luglio 2024, quando durante la missione Starlink 9-3 il secondo stadio aveva avuto un malfunzionamento che aveva portato alla perdita dei 23 satelliti Starlink. La causa era stata individuata nelle settimana successive: dell’ossigeno liquido era penetrato in alcune componenti del motore, riducendo il flusso di carburante in arrivo. Come conseguenza il motore non era stato in grado di effettuare la seconda accensione prevista nel profilo di missione e il computer di bordo aveva attivato la procedura di emergenza, che prevede il rilascio dei satelliti e il tentativo di raggiungimento dell’orbita finale con i propri motori. SpaceX aveva collaborato con la FAA e con l’agenzia spaziale statunitense (NASA) e nel giro di un paio di settimane il Falcon 9 era tornato a volare regolarmente.
In merito a questa anomalia SpaceX non ha ancora diffuso una nota ufficiale su quanto accaduto a B1062, al 23º volo, ma dalla diretta della missione è stato possibile notare come tutta la fase di discesa sia stata nominale, compresa l’apertura delle landing leg: al momento del contatto con la chiatta A Shortfall of Gravitas (ASOG), una delle quattro ha però ceduto e ha portato al rovesciamento del booster e alla conseguente esplosione.
Nel frattempo il comandante della missione Jared Isaacman ha rilasciato qualche informazione in più su quello che sta accadendo all’equipaggio, che rimane in quarantena, facendo attività fisica e rimanendo pronto a partire con un preavviso di 30 ore. Oltre a questo, ogni giorno diverse ore sono dedicate alla ricerca e a test medici, oltre a numerosi incontri e riunioni con i diversi team a supporto della missione.
In merito all’attività extraveicolare che verrà effettuata, sono state comunicate delle modifiche: inizialmente, anche grazie ai rendering diffusi da SpaceX, l’attività sarebbe stata molto simile a quella effettuata dagli astronauti sulla ISS. I due astronauti sarebbero stati collegati a un cavo di sicurezza e a un sistema di supporto vitale, dal momento che la tuta utilizzata non ne ha uno a disposizione, e di fatto avrebbero fluttuato nello spazio per un breve periodo di tempo, prima di rientrare all’interno della capsula. Non era chiaro se i due astronauti sarebbero usciti assieme o uno per volta.
Con l’approcciarsi della missione, SpaceX ha modificato la simulazione di come l’EVA verrà svolta: ora gli astronauti – o l’astronauta, dato che anche in questo caso non è possibile capire se sarà effettuata in contemporanea – si sporgeranno completamente dal boccaporto superiore, non fluttuando più liberamente nello spazio ma avendo sempre i piedi a contatto con qualche supporto. Quello che però è certo è che l’intera attività verrà ripresa da delle telecamere nel casco, all’interno del quale verranno anche visualizzate informazioni di estrema importanza come pressione, temperature, umidità relativa e stato di salute del sistema.
In merito alle tute, Isaacman ha detto che tranne per il design si tratta di un concetto completamente nuovo: dai giunti agli strati di isolamento, dal casco alla presenza di videocamere.
In attesa di capire se le condizioni meteo miglioreranno e nel caso in cui le azioni correttive per il problema al Falcon 9 dovessero essere significative, per Polaris Dawn la partenza potrebbe essere rimandata fino a ottobre inoltrato: il 24 settembre è infatti prevista la partenza di Crew-9 con a bordo Nick Hague e Aleksandr Gorbunov dallo Space Launch Complex 40, mentre il 10 ottobre un Falcon Heavy lancerà la missione Europa Clipper. I tempi di per riconfigurare un pad per il supporto di un Falcon Heavy anziché di un Falcon 9 sono di circa tre settimane e impedirebbero quindi di avere un decollo di Polaris Dawn oltre il 20 di settembre.
Ove non diversamente indicato, questo articolo è © 2006-2024 Associazione ISAA - Leggi la licenza. La nostra licenza non si applica agli eventuali contenuti di terze parti presenti in questo articolo, che rimangono soggetti alle condizioni del rispettivo detentore dei diritti.