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Ariane 6, un debutto quasi perfetto

Il momento del decollo di Ariane 6. Credits: ESA/Arianespace

Lo scorso 9 luglio l’Agenzia Spaziale Europea ha raggiunto un importante e attesissimo traguardo: alle 21:00 italiane è decollato con successo dalla Launch Area 4 del centro spaziale della Guiana Francese il primo Ariane 6, nella sua variante Ariane 62.

Lo scopo primario di questa missione, che trasportava un carico di piccoli satelliti e capsule sperimentali, era di testare in volo il nuovo vettore europeo, arrivato al suo esordio spaziale dopo anni di ritardi e problemi di sviluppo.

Ecco il video ufficiale della missione.

I problemi al secondo stadio

I booster laterali a propellente solido P120C (forniti dall’italiana Avio) e il primo stadio di Ariane 6 hanno funzionato senza alcun problema, così come da manuale è stata la prima accensione del secondo stadio, avvenuta otto minuti dopo la partenza e durata dieci minuti. Dopo una fase di coasting, a T+56 minuti lo stadio superiore si è riacceso per 22 secondi, posizionandosi in un’orbita circolare dalla quale sono stati rilasciati con successo nove CubeSat di vario tipo provenienti da agenzie spaziali, aziende private, istituti di ricerca e università.

L’imprevisto è avvenuto a T+1 ora e 15 minuti circa, quasi in beffa ai massimi dirigenti di ESA e Arianespace che nel frattempo erano in diretta per congratularsi e gioire del successo conseguito. Proprio in quegli istanti, infatti, la seconda accensione del secondo stadio si è interrotta prematuramente a causa del malfunzionamento alla APU (Auxiliary Power Unit), l’unità che tra gli altri ha il compito di pressurizzare i serbatoi dei propellenti.

Il secondo stadio di Ariane 6 è dotato del nuovo motore Vinci alimentato a idrogeno e ossigeno liquidi, progettato per riaccendersi varie volte. Questo consente al lanciatore europeo di svolgere missioni che vanno dal “semplice” rilascio di carichi utili su una specifica orbita alla distribuzione di diversi satelliti su orbite differenti, requisito fondamentale per lanci multipli e costellazioni satellitari. In questo contesto, l’APU è l’elemento abilitante della flessibilità di Ariane 6 e uno dei pilastri del suo potenziale successo commerciale.

Il fallimento dell’APU ha costretto i controllori di missione a rinunciare alla manovra orbitale per il rilascio delle due capsule sperimentali di rientro, che sono rimaste collegate all’adattatore di supporto così da evitarne il rilascio su un’orbita e traiettoria non nominali.

Un ulteriore obiettivo mancato, cui ESA teneva molto sia dal punto di vista tecnico sia di principi operativi, è stata la deorbitazione del secondo stadio. Se l’intento era quello di non aggiungere ulteriori detriti a un’orbita terrestre sempre più affollata di piccoli e grandi oggetti, il guasto alla APU ha causato l’effetto opposto. Lo stadio si trova al momento in un’orbita di poco inferiore ai 600 km, e il suo rientro spontaneo avverrà solo tra diversi anni.

Ai controllori di terra non è rimasto che comandarne la passivizzazione, un’attività dove i propellenti residui vengono rilasciati nello spazio per evitare che la loro ebollizione porti, col tempo, all’esplosione dei serbatoi con conseguente formazione di una pericolosa nuvola di detriti.

Sebbene imprevisti di questo genere siano assolutamente “normali” nelle primissime missioni di un nuovo lanciatore (ricordiamo che il lancio del primo Ariane 5 si concluse con una inopinata quanto spettacolare esplosione), il problema alla APU è particolarmente molesto in quanto si tratta del componente necessario a garantire la capacità di riaccensione multipla del secondo stadio, caratteristica chiave per i servizi che Arianespace vuole vendere ai clienti di Ariane 6.

Il CEO di ArianeGroup Martin Sion, in un’intervista rilasciata poco dopo il lancio, ha tentato di minimizzare l’impatto dell’anomalia affermando che si era verificata durante una “fase dimostrativa” della missione. Secondo Sion, tale fase aveva lo scopo di studiare il comportamento del secondo stadio in microgravità, e come i diversi sistemi avrebbero operato in quell’ambiente. «Ecco perché, fin dall’inizio, siamo stati molto chiari sul fatto che c’erano due aspetti. Uno era dimostrare il successo del lanciatore, cosa che abbiamo fatto. Volevamo poi capire e raccogliere quante più informazioni possibili sulla fase in microgravità». Va detto che nessuno dei documenti ufficiali rilasciati prima del lancio alla stampa nominava diverse fasi del volo o obiettivi distinti per il test del secondo stadio.

Le cause del guasto della APU non sono ancora state comunicate, e le indagini relative sembrano essere un affare interno ad Arianespace. Il CEO di Arianespace Stephane Israël ha confermato che gli accertamenti in corso non avranno alcun impatto sul primo lancio operativo del razzo, previsto prima della fine del 2024 per conto del Ministero della Difesa francese. «Siamo perfettamente in linea con la tabella di marcia per il secondo lancio quest’anno», ha affermato Israel. «Il problema non ha conseguenze sui prossimi lanci».

Finalmente in volo

Avvenuto poco più di un anno dopo l’ultima missione di Ariane 5, il primo volo Ariane 6 ha rappresentato la fine di un percorso molto accidentato per l’Europa spaziale.

Negli anni intercorsi tra l’inizio dello sviluppo del nuovo razzo nel 2015 e il suo primo volo, il mercato dei lanciatori è cambiato radicalmente. Da un punto di vista tecnologico SpaceX ha sbaragliato la concorrenza dimostrando lancio dopo lancio la fattibilità del recupero e riutilizzo dei primi stadi dei Falcon 9. Mentre il progetto europeo perdeva colpi, SpaceX ha progressivamente conquistato e poi consolidando il ruolo di leader del mercato, acquisendo un vantaggio notevolissimo sui concorrenti.

I lavori di re-ingegnerizzazione degli impianti produttivi di Ariane 6 e la costruzione della nuova rampa di lancio a Kourou si sono prolungati molto oltre le attese, causando molteplici rinvii del lancio di esordio inizialmente programmato per il 2020. L’arrivo della pandemia nel 2020 e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 hanno ulteriormente aggravato la situazione, spingendo il lancio all’estate 2024.

Questi fattori, uniti a mai chiarite inefficienze e problematiche interne ad ESA e Arianespace, alla richiesta da parte dell’agenzia spaziale europea di centinaia di milioni di euro extra rispetto alle prime stime dei costi di sviluppo, e il fatto che il programma richiederà per anni l’iniezione di sussidi pubblici per chiudere i bilanci in pareggio, hanno contribuito a dare di Ariane 6 un’immagine di programma costoso, poco efficiente e “nato già vecchio”, oltre che e a mostrare tutti i limiti del monopolio creato per l’azienda aerospaziale pubblico/privata francese.

Molti lanci istituzionali che sarebbero dovuti partire a bordo di Ariane 6, come alcuni Galileo e varie missioni ESA, sono passati senza troppo clamore proprio a SpaceX. L’ultimo smacco per il lanciatore europeo è arrivato proprio pochi giorni prima del suo esordio, quando anche EUMETSAT, partner istituzionale storico di ESA, ha scelto SpaceX per il lancio della missione Meteosat Third Generation Sounder (MTG-S1), scatenando grosse polemiche.

La pressione per un lancio di successo era molto alta e, quando lo stadio superiore di Ariane 6 si è inserito nell’orbita prevista dopo un’ascesa perfetta, il sollievo sui volti dei controllori e degli alti dirigenti di ESA e Arianespace è stato immediato e palese. Sorrisi, congratulazioni e reazioni entusiaste si sono susseguite in diretta streaming, ancora prima che la missione fosse completata con il rilascio delle due capsule di rientro. Come abbiamo visto, l’imprevisto stava però aspettando dietro l’angolo, e alle pacche sulle spalle sono seguite spiegazioni e minimizzazioni.

I lanci futuri

Ariane 6 ha certamente dimostrato di poter completare con successo un profilo di missione standard (mono-boost), consistente cioè nel rilascio del carico utile dopo il raggiungimento dell’orbita. Resta da dimostrare la capacità di riaccendere il secondo stadio per missioni di maggiore complessità (multi-boost), fondamentali per riconquistare almeno una parte delle quote di mercato perdute.

A detta di Israël sono numerose le aziende pubbliche e private che hanno prenotato un volo con Ariane 6, e questo fa ben sperare per il futuro di questo lanciatore. I ritmi produttivi sono però limitati a circa dieci esemplari l’anno. È proprio questo numero, forse, a rappresentare l’irrilevanza commerciale cui il nuovo lanciatore europeo è relegato: da Kourou partiranno in un anno tanti razzi quanti SpaceX lancia in un solo mese.

Fonte: ESA

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