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La NASA ha osservato Marte illuminarsi durante una recente tempesta solare

Il satellite della NASA Solar Dynamics Observatory (SDO) ha catturato questa immagine di un brillamento solare di classe X5.8 avvenuto il 10 maggio 2024. L'immagine mostra un sottoinsieme di luce nell'ultravioletto estremo che illumina il materiale caldissimo presente nel brillamento. Credits: NASA/SDO

Oltre a produrre aurore, una recente tempesta solare di estrema potenza ha fornito ulteriori dettagli sulla quantità di radiazioni che potranno incontrare i futuri astronauti sul Pianeta Rosso.

I planetologi che studiano Marte hanno previsto la possibilità di tempeste solari di dimensioni importanti, quando all’inizio di quest’anno il Sole è entrato nel picco di attività denominato massimo solare. Durante lo scorso mese di maggio, i rover e gli orbiter marziani della NASA hanno offerto agli scienziati la possibilità di osservare in prima fila, una serie di brillamenti solari e di espulsioni di massa coronale che hanno raggiunto Marte causando in alcuni casi delle aurore marziane.

Questa miniera di dati scientifici ha offerto un’opportunità senza precedenti di studiare come questi eventi si svolgono nello spazio profondo, nonché di verificare quante radiazioni potrebbero investire i primi astronauti su Marte.

L’evento maggiore è avvenuto il 20 maggio con un brillamento solare stimato di classe X12 secondo i dati del satellite Solar Orbiter; tra i più potenti mai rilevati. Il brillamento ha emesso raggi X e gamma verso il Pianeta Rosso, mentre una seguente espulsione di massa coronale ha scagliato nello spazio particelle cariche. Viaggiando alla velocità della luce, i raggi X e gamma sono stati i primi ad arrivare, mentre le particelle cariche, più lente, hanno raggiunto Marte in qualche decina di minuti.

Lo sviluppo di questo evento legato alla meteorologia spaziale è stato monitorato dal Moon to Mars Space Weather Analysis Office presso il Goddard Space Flight Center della NASA di Greenbelt, Maryland, il quale ha stimato la possibilità dell’arrivo di particelle cariche a seguito dell’espulsione di massa coronale. Se fossero stati accanto al rover della NASA Curiosity in quel momento, degli astronauti avrebbero ricevuto una dose di radiazioni pari a 8.100 microgray, equivalenti a 30 radiografie toraciche in contemporanea. Benché si tratti di una dose non mortale, si è trattato del picco più elevato mai misurato dallo strumento Radiation Assessment Detector di Curiosity, da quando il rover è atterrato su Marte 12 anni fa. I dati del RAD aiuteranno gli scienziati a prendere contromisure per il livello più alto di esposizione alle radiazioni a cui potrebbero essere sottoposti gli astronauti, i quali tuttavia potrebbero ripararsi in qualche anfratto offerto dalla morfologia della superficie marziana.

«I dirupi oppure i tunnel di lava potrebbero fornire una schermatura aggiuntiva per gli astronauti durante gli eventi di tale portata. In orbita marziana o nello spazio profondo, la dose di radiazioni sarebbe significativamente maggiore» ha spiegato il principale ricercatore dello strumento RAD, Don Hassler della Solar System Science and Exploration Division del Southwest Research Institute di Boulder, Colorado. «Non sarei sorpreso se questa regione attiva del Sole continuasse a eruttare, causando sempre più tempeste solari sia sulla Terra che su Marte nel corso delle prossime settimane».

Studiare gli effetti delle tempeste solari direttamente su Marte aiuterà gli scienziati a proteggere gli astronauti dai loro effetti quando esploreranno il Pianeta Rosso

Nel corso dell’evento del 20 maggio, l’energia che ha colpito la superficie di Marte è stata di tale entità da interferire con il funzionamento delle fotocamere di navigazione di Curiosity, causando il classico effetto “neve”, con la comparsa di strisce e di piccole macchie bianche dovuta appunto all’impatto delle particelle cariche con i sensori delle fotocamere.

Similmente, la fotocamera stellare che l’orbiter della NASA Mars Odyssey usa per orientarsi, è stata inondata dall’energia proveniente dalle particelle solari, andando momentaneamente fuori uso. Fortunatamente Odyssey ha a disposizione altri modi per orientarsi e nell’arco di un’ora ha potuto recuperare il funzionamento della fotocamera. Anche con la momentanea perdita della sua camera stellare, il satellite ha raccolto dati fondamentali sui raggi X e gamma e sulle particelle cariche usando il suo High-Energy Neutron Detector.
Questo non è stato il primo incontro di Odyssey con un brillamento solare: nel 2003, delle particelle solari provenienti da un brillamento di entità X45, hanno bruciato il rilevatore della radiazioni progettato per misurare proprio tali eventi.

Aurore su Marte

Qualche centinaio di chilometri al di sopra di Curiosity, MAVEN (Mars Atmosphere and Volatile EvolutioN), un altro orbiter della NASA, ha catturato un altro effetto della recente attività solare: le aurore luminose sul pianeta. Le modalità in cui avvengono queste aurore è tuttavia differente da quelle viste sulla Terra.

Il nostro pianeta è schermato dalle particelle cariche da un robusto campo magnetico che normalmente limita le regioni delle aurore nei pressi dei poli. Marte ha perso nel lontano passato il proprio campo magnetico generato dal suo interno, pertanto non c’è protezione contro il bombardamento delle particelle energetiche. Quando le particelle cariche colpiscono l’atmosfera marziana, si formano aurore che possono inghiottire l’intero pianeta.

Nel corso degli eventi solari, il Sole rilascia una vasta gamma di particelle energetiche. Solo le più energetiche però, possono raggiungere la superficie per essere rilevate dal RAD. Le particelle leggermente meno energetiche, quelle che possono causare le aurore, sono misurate dallo strumento Solar Energetic Particle di MAVEN. Gli scienziati possono usare i dati di questo strumento, per ricostruire la linea temporale minuto per minuto del viaggio delle particelle solari, analizzando meticolosamente come si è evoluto l’evento.

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In questo filmato in colore porpora sono state evidenziate le aurore marziane nell’emisfero notturno del Pianeta Rosso. Esse sono state rilevate dallo strumento all’ultravioletto della sonda MAVEN della NASA fra il 14 e il 20 maggio 2024. Un colore più brillante nelle varie zone, evidenzia un maggior numero di aurore. NASA/University of Colorado/LASP

«Questo è stato il più grande evento legato alle particelle energetiche che MAVEN abbia mai osservato» ha dichiarato la responsabile per la meteorologia spaziale di MAVEN Christina Lee dello Space Sciences Laboratory dell’Università della California di Berkeley. «Ci sono stati diversi eventi solari nelle scorse settimane, quindi stiamo vedendo ondata dopo ondata le particelle che colpiscono Marte».

Una nuova sonda per Marte

I dati provenienti dal satellite della NASA non saranno utili solo per le future missioni sul Pianeta Rosso. Infatti essi si aggiungono all’abbondanza di informazioni che vengono raccolte dalle altre missioni di eliofisica dell’agenzia che includono Voyager, Parker Solar Probe e l’imminente missione ESCAPADE (Escape and Plasma Acceleration and Dynamics Explorers).

La missione ESCAPADE, il cui lancio è previsto verso la fine del 2024, è composta da due satelliti gemelli che orbiteranno Marte e studieranno la meteorologia spaziale dalla loro unica prospettiva duale, in modo molto più dettagliato di quello che può garantire MAVEN.

Fonti: NASA

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