Dopo un lancio perfetto, seguito dall’inaspettata perdita di carburante durante le prime ore di volo, il lander commerciale destinato a riportare gli Stati Uniti sulla Luna è stato fatto rientrare distruttivamente in atmosfera lo scorso 18 gennaio, per poi precipitare nell’oceano Pacifico a sud delle isole Fiji.
La Peregrine Mission One di Astrobotic, la prima del programma NASA Commercial Lunar Payload Services (CLPS), era partita lo scorso 8 gennaio a bordo del vettore Vulcan Centaur di United Launch Alliance (ULA), al suo lancio di esordio.
Dopo l’immissione nella traiettoria verso la Luna e la separazione dall’upper stage Centaur V, uno dei quattro serbatoi del lander Peregrine ha evidenziato una perdita di propellente, impedendo il corretto orientamento verso il Sole per ricaricare le batterie.
L’incidente è stato causato dal malfunzionamento di una valvola che controlla il flusso di gas elio, comunemente utilizzato per pressurizzare i serbatoi. Durante l’inizializzazione dei sistemi la valvola non si è richiusa correttamente, facendo entrare nel serbatoio del tetrossido di azoto troppo elio in pochissimo tempo; ciò ha causato un aumento della pressione ben oltre il limite strutturale del serbatoio che quindi si è criccato.
Mentre con il calare della pressione la perdita si attenuava, dal centro di controllo di Astrobotic presso la sede centrale di Pittsburgh veniva inviato un comando per eseguire una manovra di emergenza che ha consentito al lander di manovrare e posizionare i moduli fotovoltaici verso il Sole per ricaricare le batterie in rapido esaurimento.
Dai primi dati giunti al centro di controllo la vita operativa di Peregrine era stimata in poche ore, ma con il passare dei giorni il lander continuava a rimanere attivo e inviare dati.
Il 12 gennaio Peregrine era ancora funzionante mentre raggiungeva l’apogeo a circa 400.000 km, iniziando quindi la traiettoria di ritorno verso la Terra. Infatti il piano originale era di sfruttare questo passaggio per correggere l’orbita e raggiungere definitivamente la Luna il 15º giorno di volo.
Pochi giorni dopo, mentre la perdita si era praticamente fermata, sono stati accesi tutti i payload scientifici a dimostrazione che il lander era in grado di inviare a Terra i loro pacchetti dati ed è stata effettuata un’accensione di 200 millisecondi dei propulsori principali. Astrobotic ha quindi comunicato che pur avendo la capacità propulsiva, il rapporto tra carburante e ossidante era ben oltre i valori nominali, impedendo qualsiasi accensione prolungata dei propulsori in tutta sicurezza.
Collaborando a stretto contatto con la NASA, che a bordo di Peregrine aveva 5 payload per un valore di 108 milioni di dollari, Astrobotic ha infine preso la difficile decisione di far bruciare nell’atmosfera terrestre Peregrine, nonostante la capacità di continuare a operare per diverse settimane.
Secondo il CEO John Thornton è stata una scelta difficile ma importante per non rischiare un’esplosione nelle vicinanze della Luna creando uno sciame incontrollato di detriti, e ha aggiunto che questa decisione responsabile creerà un precedente storico per le future missioni commerciali lunari.
Per indirizzare correttamente lo sfortunato lander verso la caduta nell’oceano Pacifico sono state effettuate una serie di 23 micro accensioni dei propulsori principali.
Il rientro è avvenuto quindi nella serata italiana del 18 gennaio con gli eventuali detriti che si sono inabissati nel consueto “spacecraft cemetery”, una ben precisa zona dell’oceano Pacifico dove di consuetudine viene fatta deorbitare la maggior parte degli oggetti orbitanti arrivati a fine operatività.
Fonte: Astrobotic