Il 2023 delle stazioni spaziali
Come ogni Capodanno è tempo di bilanci per l’anno che si è concluso e di previsioni sull’anno appena arrivato sta portando. AstronautiNEWS vuole ripercorrere gli eventi salienti che il 2023 ha lasciato, trattando distintamente le vicende delle due stazioni spaziali in orbita (internazionale e cinese) e una panoramica sui lanci commerciali.
Stazione Spaziale Cinese
Per il neonato avamposto nello spazio della Cina il 2023 è stato un anno intenso sotto diversi punti di vista. Nell’ottobre 2022 dopo l’aggancio del laboratorio Mengtian, il terzo e per adesso ultimo modulo del complesso orbitante, l’agenzia spaziale cinese ha dichiarato concluso il periodo di costruzione e ha annunciato l’avvio della fase operativa di almeno 10 anni. Ciò ha avuto una ripercussione sulla cadenza delle missioni di rifornimento Tianzhou e di rotazione degli equipaggi con il veicolo Shenzhou.
I tre astronauti di Shenzhou 15 sono stati i primi a entrare in questa nuova era. La missione di Fei Junlong, Deng Qingming e Zhang Lu è iniziata il 29 novembre 2022 e si è protratta per 186 giorni sino al ritorno sulla Terra il 3 giugno 2023. In sei mesi in orbita hanno condotto svariati esperimenti scientifici di molteplici discipline, ma anche prove tecniche sui sistemi di bordo. Non sono mancate le attività extraveicolari, tutte racchiuse tra febbraio e aprile e con artefici il comandante Fei Junlong e Zhang Lu. Rimasto dentro l’avamposto, invece, Deng Qingming ha avuto l’onere di fornire ai colleghi assistenza col braccio robotico e di assicurare lo svolgimento in sicurezza delle mansioni. In tutto Shenzhou 15 ha portato a compimento quattro EVA, un numero ragguardevole sia perché fino a ora nessun equipaggio ne ha fatte così tante nell’arco della missione, sia in confronto con le uscite totali di tutto l’anno: sei. Entrambi sono dei nuovi primati!
Eccezion fatta per la prima della serie, l’agenzia spaziale cinese ha mantenuto massimo riserbo sulla durata delle EVA così come sul programma di lavoro eseguito all’esterno. Sarà l’equipaggio, mesi dopo il rientro sulla Terra, a placare la curiosità dei giornalisti nelle interviste pubbliche con i media. Senza entrare nel tecnico, sottolineando però la complessità e le sfide delle operazioni, hanno descritto sinteticamente l’installazione di alcune strumentazioni e apparecchiature per ospitare le prime ricerche, la posa di trecce di cavi tra i moduli, il montaggio di un gruppo di pompe esterne.
Il 10 maggio è stata lanciata da Wenchang l’unica missione di rifornimento del 2023: Tianzhou-6. Essa ha visto il debutto di una versione rivista, più efficiente, del veicolo cargo, con una stiva più capiente e una missione tipo di otto mesi anziché sei. Il 30 dello stesso mese ecco il cambio della guardia: Jing Haipeng, Zhu Yangzhu e Gui Haichao di Shenzhou 16 raggiungono l’avamposto. Già al lancio questa missione porta con sé delle pietre miliari. Lo specialista di missione Gui Haichao, infatti, è celebre per essere stato il primo civile del suo paese (è un professore universitario) ad andare nello spazio, una novità considerando che per poter partecipare al bando di selezione degli astronauti era vincolante militare tra le fila delle forze armate. Requisito non presente nel 2018, quando con un’attenta pianificazione predittiva, si stava già pensando alla necessità di avere profili altamente qualificati eterogenei per far fruttare al meglio le risorse dell’avamposto che da lì a breve sarebbe stato costruito.
La spedizione di cinque mesi per Shenzhou 16 è trascorsa tra molteplici studi scientifici dei più svariati ambiti (medicina spaziale, scienza dei materiali, biotecnologia, ecc.), eventi didattici e una sola attività extraveicolare di manutenzione per riposizionare delle telecamere a campo largo su Tianhe e Mengtian. Essa ha avuto luogo il 20 luglio ed è durata 7 ore e 55 minuti, mai una così lunga per la Cina!
Il 30 ottobre il terzetto di Shenzhou 16 torna a casa non senza però condividere qualche giorno in orbita con i connazionali Tang Hongbo, Tang Shengjie e Jiang Xinlin di Shenzhou 17 partiti il 26 ottobre dallo spazioporto di Jiuquan. Sciolti gli ormeggi da Tianhe, l’equipaggio di Shenzhou 16 ha avuto modo di fare un sorvolo a distanza ravvicinata per scattare alcune fotografie dell’avamposto ormai completato.
Prima che cali il sipario sul 2023 per la Stazione Spaziale Cinese, l’esperto Tang Hongbo e il giovane Tang Shengjie mettono a referto la sesta attività extraveicolare dell’anno. Il 21 dicembre fanno capolino all’esterno dell’avamposto da Wentian; l’intento è provare l’efficacia delle tecniche sperimentali di riparazione sulle celle fotovoltaiche di Tianhe che si sono danneggiate il 25 ottobre a causa dell’urto con dei piccoli frammenti di detriti. L’apprendimento di tali capacità fa parte del ventaglio di conoscenze trasversali utili per il sostentamento dell’avamposto negli anni a venire.
Stazione Spaziale Internazionale
La Stazione Spaziale Internazionale entra nel nuovo anno con uno stato d’animo di apprensione, l’immagine della Sojuz MS-22 che nella notte tra il 14-15 dicembre 2022 disperde fluido refrigerante nello spazio è ancora vivida. Con professionalità e freddezza le squadre di supporto di tecnici sulla Terra gestiscono la contingenza e assicurano il benessere all’equipaggio di Expedition 68 in orbita. A quattro settimane dal misfatto, si appurerà che un detrito microscopico ha forato un tubo idraulico; l’11 gennaio NASA e Roskosmos informano la stampa su come intendono rispondere alla situazione straordinaria venutasi a creare. Le due agenzie spaziali convengono nell’inviare la Sojuz MS-23 in modalità automatica e di far atterrare in via precauzionale la Sojuz MS-22 danneggiata priva di equipaggio. Tale decisione obbligherà a rivedere il piano di volo degli equipaggi, limitatamente però agli astronauti e cosmonauti assegnati alle Sojuz, lasciando inalterato il cronoprogramma delle Crew Dragon.
Alla luce dei comprovati dubbi sulla sicurezza della Sojuz MS-22, Sergej Prokop’ev, Dmitrij Petelin e Francisco Rubio vedono la loro missione di lunga durata estendersi. Viceversa Oleg Kononenko, Nikolaj Čub e Loral O’Hara, i prossimi in partenza da Bajkonur a marzo, dovranno pazientare ancora un po’ dal momento che Sojuz MS-23, su cui avrebbero dovuto volare, è diventata la navicella adibita al ritorno per i primi tre.
Nell’ultima settimana di febbraio fervono i preparativi per la transizione tra Expedition 68 e Expedition 69, che in via eccezionale vedrà la rotazione parziale dell’equipaggio limitata ai quartetti a bordo della Crew Dragon, Crew-5 e Crew-6. Due giorni dopo il lancio, il 26 febbraio, la Sojuz MS-23 giunge a destinazione attraccando normalmente al modulo Poisk. Il 3 marzo la popolazione dell’avamposto cresce a 11 persone, infatti Expedition 68 dà il benvenuto agli statunitensi Stephen Bowen e Warren Hoburg, al russo Andrej Fedjaev e all’emiratino Sultan Al Neyadi.
Per Crew-6 è un po’ come il primo giorno di scuola con tanto da imparare: Bowen è reduce da due brevi missioni con lo Space Shuttle, gli altri non erano mai stati nello spazio in precedenza. È la prima Expedition per tutti!
La convivenza di Crew-6 e Crew-5 dura circa una settimana, il tempo di far ambientare i nuovi arrivati con le dinamiche e la vita a bordo dell’avamposto, mentre l’equipaggio rientrante si prepara per la parte conclusiva della missione tra addestramento e recupero degli effetti personali. Sono più di 200 gli studi ai quali Crew-5 ha contribuito, per citarne alcuni: la coltivazione in vitro del muscolo cardiaco da cellule staminali, la crescita di piante di pomodoro nano e l’ampliamento delle conoscenze sullo sciabordio dei liquidi, nello specifico in condizioni di gravità lunare. La mattina dell’11 marzo gli statunitensi Nicole Mann e Josh Cassada, il giapponese Koichi Wakata e la cosmonauta Anna Kikina salutano quella che negli ultimi 155 giorni – cinque mesi – è stata la loro casa e famiglia. Meno di 19 ore più tardi sono sani, salvi e sorridenti sulla Terra tra le mani del personale di recupero che li attendeva nel luogo di ammaraggio nel Golfo del Messico.
Expedition 68 termina formalmente il 28 marzo, quando la Sojuz MS-22 scioglie gli ormeggi. Nonostante le incognite per il sistema di raffreddamento non funzionante a causa del ben noto imprevisto, un problema più per l’equipaggio privato della vitale capacità di deumidificazione che per l’avionica, la capsula atterra regolarmente nella steppa del Kazakistan. Ovviamente a bordo non c’è nessuno, ma soltanto beni dell’avamposto e campioni da inviare in laboratorio.
Il periodo tra i mesi di aprile e giugno è stato vivace per Expedition 69. Si susseguono sette attività extraveicolari: tre dal segmento statunitense e quattro del segmento russo, per confronto nel 2023 sono state in tutto 12 equamente divise tra le due sezioni del complesso orbitante. I cosmonauti di Roskosmos hanno ultimato l’attrezzaggio del laboratorio Nauka, spostando e installando lo scambiatore di calore supplementare e la camera di equilibrio. Dall’altra parte gli astronauti NASA hanno aggiunto la terza coppia pannelli fotovoltaici iROSA che va ad aumentare la produzione di energia elettrica degli otto canali di potenza.
Degna di nota è uscita del 28 aprile condotta da Stephen Bowen e Sultan Al Neyadi. Già di sé per sé la partecipazione dell’astronauta degli Emirati Arabi Uniti a una Expedition era un fatto storico, le missioni di lunga durata hanno sempre visto rappresentanti delle cinque agenzie fondatrici della Stazione: NASA, Roskosmos, ESA, JAXA e CSA-ASC. Adesso anche la proverbiale ciliegina sulla torta per l’astronauta emiratino e per il Mohammed Bin Rashid Space Center, l’agenzia spaziale degli Emirati Arabi Uniti, che negli ultimi anni ha esteso il proprio impegno spaziale instaurando accordi internazionali di assoluto rilievo.
Parallelamente il traffico veicolare è stato altrettanto intenso: la Sojuz MS-23 e la Crew Dragon Endeavour sono state riposizionate a una porta di attracco differente in favore dei requisiti per i veicolo in arrivo. Tra questi l’unica missione privata di 10 giorni di Axiom Space del 2023: Axiom-2. L’ex-astronauta statunitense e comandante Peggy Whitson ha accompagnato il connazionale nonché pilota John Shoffner e due specialisti di missione della Commissione Spaziale Saudita: Ali AlQarni e Rayyanah Barnawi.
Dopo un luglio sereno, nel mese che segue sono previsti tanti appuntamenti. Il 4 agosto fa capolino fuori dalla Cupola il veicolo cargo di Northrop Grumman, Cygnus NG-19, carico di approvvigionamenti e materiali per Expedition 70 che arriverà a breve. La settimana seguente, giorno 11, accende il suo propulsore ai fini del mantenimento orbitale dell’avamposto. Per i tecnici e per la NASA è un’occasione per valutare le capacità del veicolo per ingegnerizzare in casa un rimorchiatore spaziale dal duplice scopo, traendo ispirazione dalla flessibilità della Progress russa. Nel frammezzo, il 9 agosto ha luogo la penultima uscita del segmento russo dell’anno, la sesta di Sergej Prokop’ev e Dmitrij Petelin insieme, l’ultima della missione per i due cosmonauti della Sojuz MS-23. Nell’occasione, peraltro, eguagliano e stabiliscono alcuni record nelle EVA a livello nazionale e globale.
Il 26 agosto è un giorno cerchiato di rosso per l’Agenzia Spaziale Europea, l’astronauta Andreas Mogensen, impegnato nella missione Huginn, parte da Cape Canaveral insieme ai colleghi Jasmin Moghbeli, Satoshi Furukawa e Konstantin Borisov come parte dell’equipaggio Crew-7. Sono loro che daranno il cambio ai colleghi di Crew-6 in orbita dai primi di marzo. Per Stephen Bowen, Warren Hoburg, Andrej Fedjaev e Sultan Al Neyadi si conclude il 4 settembre, dopo quasi 186 giorni in microgravità.
Con sei mesi di ritardo, per così dire, ecco finalmente il 15 settembre la partenza e il rapido attracco in tre ore della Sojuz MS-24 con Oleg Kononenko, Nikolaj Čub e Loral O’Hara. I primi due sono già consapevoli che trascorreranno 12 mesi in orbita, poiché Roskosmos ha organizzato nel marzo 2024 una missione turistica di una cosmonauta bielorussa. Diversamente per Sergej Prokop’ev, Dmitrij Petelin e Francisco Rubio è un lieto evento essendosi visti prolungare in corso d’opera la missione a un anno, per l’esattezza 371 giorni, quando questa doveva durare teoricamente sei mesi. Il 27 settembre lasciano l’avamposto per fare rientro tra le braccia dei propri cari. Statisticamente la loro è la terza permanenza più lunga nello spazio nella storia dell’astronautica, preceduti solamente dalle missioni fatte alla Mir di Sergej Avdeev e Valerij Poljakov di 379 e 437 giorni.
Ma prima dei consueti auguri di buon viaggio, il 26 settembre è tempo dei ringraziamenti di rito del comandante Sergej Prokop’ev a nome di Expedition 69 che nell’occasione conferisce al suo successore le Chiavi della Stazione Spaziale Internazionale. Andreas Mogensen è colui che ha l’onore e la responsabilità di essere il punto di riferimento per Expedition 70, un ruolo prestigioso spettato ad altri cinque colleghi di agenzia: Frank De Winne, Alexander Gerst, Luca Parmitano, Thomas Pesquet e Samantha Cristoforetti.
Come se non se ne fossero viste a sufficienza, il 9 ottobre un déjà-vu: l’astronauta Jasmin Moghbeli notifica al Centro di Controllo Missione di Houston una presunta perdita provenire dall’esterno di Nauka. È il terzo inconveniente in 10 mesi a colpire il segmento russo, prima la Sojuz MS-22, poi la Progress MS-22 a febbraio e adesso Nauka. Fortunatamente l’intoppo riguarda il radiatore supplementare operante da qualche mese, dunque il circuito di raffreddamento secondario indipendente che dovrebbe aiutare l’impianto primario a smaltire il calore generato dalle attrezzature scientifiche del laboratorio.
Il 25 ottobre Kononenko e Čub escono all’esterno del segmento russo per eseguire alcuni compiti, compresa un’ispezione più da vicino all’origine della perdita. I due cosmonauti hanno riconfigurato la posizione di alcune valvole nel pannello di controllo, isolando il circuito primario e assicurandone la piena operatività. Nel mentre hanno scrutato il radiatore esterno alla ricerca di tracce di fluido refrigerante, prima la piastra di connessione con lo scafo di Nauka, poi le superfici radianti. Infine Nikolaj Čub ha notato la formazione di goccioline provenire da uno dei manicotti che congiungono le tre sezioni di pannelli che formano il radiatore. Preso nota, i cosmonauti sono istruiti di rientrare in Poisk con le dovute precauzioni e di concludere qui l’attività extraveicolare.
La settimana seguente, 1º novembre, da Quest ha luogo l’ultima EVA dell’anno del segmento statunitense e dell’avamposto, stavolta a opera di Loral O’Hara e di Jasmin Moghbeli. Le due hanno svolto attività di manutenzione, intervenendo su uno dei giunti che consentono la mobilità dei segmenti della struttura a traliccio e dei grandi pannelli fotovoltaici sui quali sono montati. Erano previsti altri compiti, ma a causa delle difficoltà riscontrate e la minor urgenza d’intervento, si è preferito differirli in data futura.
Il 20 novembre e il 6 dicembre non sono passati inosservati due degli eventi che nel 1998 hanno segnato in modo indelebile l’astronautica: il lancio del modulo russo Zarja e la connessione con Unity, il nodo statunitense trasportato dallo Space Shuttle Endeavour. Il tempo non ha scalfito i principi fondanti della più grande collaborazione tra enti spaziali nonché, e lo si può affermare con sicurezza, quella di maggiore successo siglata il 1º novembre 1993, quando l’agenzia spaziale russa divenne partner a pieno titolo al fianco quella statunitense, europea, giapponese e canadese. Prova tangibile dell’ingegno umano, esempio di spirito collaborativo al di là delle differenze socio-culturali e politiche tra tutte le persone coinvolte quotidianamente nel progetto, pioniere della tecnologia e della scienza con un forte ritorno sulle nostre vite sulla Terra, oltre che fornire i strumenti all’uomo per esplorare il cosmo. Parole tutt’ora attuali e che le difficoltà del 2023 non hanno affatto minato.
Infine come spesso ciclicamente accade, ci sono settimane dove diversi veicoli vanno e vengono dall’avamposto per ambo i segmenti. A cavallo di novembre e dicembre da Bajkonur viene lanciata la Progress MS-25 che prende il posto della Progress MS-23. Il 21 e 22 è il turno dei veicoli delle missioni SpaceX SpX-29 e Cygnus NG-19 distaccarsi dall’avamposto dopo 40 e 140 giorni con fini diversi. Se il veicolo cargo di Northrop Grumman porta via beni non più essenziali e spazzatura, ciò non si può dire per la Cargo Dragon di SpaceX. Nella stiva sono sistemati i frutti del lavoro di Expedition 70, per molti sono al giro di boa della spedizione.
Il racconto del 2023 spaziale proseguirà nella seconda parte dell’articolo, dove si parlerà del programma Artemis, di Starship, dei voli umani suborbitali e dell’esplorazione robotica del sistema solare e oltre.
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