Artemis II: ecco i quattro astronauti che voleranno attorno alla Luna
Nel corso di una cerimonia tenutasi al Johnson Space Center (JSC) a Houston, Texas, l’amministratore dell’agenzia spaziale americana Bill Nelson ha comunicato al pubblico il nome dei quattro astronauti che prenderanno parte alla prima missione con equipaggio della capsula Orion, Artemis II. La missione è attualmente pianificata per la fine del 2024, anche se uno slittamento è considerato probabile dalla maggior parte degli esperti del settore, e decollerà a bordo dello Space Launch System (SLS) dal pad di lancio 39B del Kennedy Space Center (KSC), in Florida.
Come detto, si tratterà della prima missione con equipaggio della capsula e la seconda in assoluto, dopo che il 16 novembre 2022 era stata inaugurata con un volo senza passeggeri della durata di tre settimane, conclusosi senza particolari problemi. I quattro posti a bordo saranno occupati dagli specialisti di missione Christina Hammock Koch (NASA) e Jeremy Hansen (Canadian Space Agency, CSA), dal pilota Victor Glover (NASA) e dal comandante Reid Wiseman (NASA). La missione sarà sensibilmente più corta della prima, circa 10 giorni in totale, e avrà lo scopo di validare il sistema di supporto vitale di Orion e verificare che la capsula abbia le caratteristiche di manovrabilità, vivibilità e utilizzabilità necessarie per lo spazio profondo.
La missione e l’equipaggio
I quattro membri dell’equipaggio partiranno dal KSC fra meno di due anni, almeno secondo le tempistiche attuali. Fin dai primi momenti Glover e Wiseman, e in misura minore Koch e Hansen, saranno coinvolti per verificare che tutti i parametri della capsula siano nominali. Sarà un volo carico di significati simbolici: i quattro saranno i primi esseri umani a bordo di Orion e i primi a uscire dall’orbita bassa terrestre (LEO) dal 1972, quando Eugene Cernan, Ronald Evans e Harrison Schmitt decollarono dalla vicina rampa 39A a bordo di un Saturn V per l’ultima missione del programma Apollo, Apollo 17.
Tutti gli astronauti di questo programma furono uomini bianchi e statunitensi, pertanto Koch sarà la prima donna a poter vantare il fatto di essere andata oltre la LEO, Glover la prima persona di colore e Hansen il primo non statunitense, in quanto canadese.
I membri di NASA selezionati sono parte del più ampio Artemis Team, composto da 30 astronauti (i dodici della selezione 2021 e altri 18). A questi vanno aggiunti quelli dell’agenzia spaziale canadese, europea (che sembra manderà i veterani, lasciando ai rookie le missioni sulla Stazione Spaziale Internazionale) e giapponese.
Reid Wiseman
Per Wiseman sarà la seconda esperienza nello spazio, dopo i 165 giorni tra maggio e novembre 2014 trascorsi a bordo della ISS come ingegnere di volo nel corso della missione Sojuz TMA-13M. A bordo dell’avamposto, durante l’Expedition 40/41, oltre a più di 300 esperimenti scientifici condotti, effettuò anche due attività extraveicolari, per un totale di 13 ore. Fu selezionato come astronauta nel 2009, come parte del ventesimo gruppo. In precedenza si era laureato in ingegneria dei sistemi alla Johns Hopkins University di Baltimora, nel Maryland e aveva fatto parte dell’aeronautica militare statunitense, partecipando anche a due missioni in Medio Oriente, dove ottenne diplomi e abilitazioni al volo di diversi aeroplani. Ha servito anche come Capo dell’Ufficio Astronauti dal dicembre 2020 al novembre 2022 e comandato la missione NEEMO-21, a cui partecipò anche Matthias Maurer.
Victor Glover
Glover sarà verosimilmente la persona a tornare più rapidamente nello spazio dei quattro, dato che la sua ultima e unica missione è stata Crew-1, la prima missione operativa della capsula Crew Dragon di SpaceX, dopo quella di test Demo-2 con Doug Hurley e Bob Behnken, tra novembre 2020 e maggio 2021. Anche in quella missione gli fu assegnato il ruolo di pilota e una volta a bordo della ISS lavorò come ingegnere di volo nel corso della Expedition 64. Laureato in Flight Test Engineering presso la Air University della Edward Air Force Base, assieme ad altre due lauree specialistiche, ha servito come pilota di velivoli militari sia in contesti di guerra che di pace, partecipando a 24 missioni di combattimento e accumulando oltre 3.000 ore di volo in 40 diversi aeroplani. Fu selezionato come astronauta NASA nel 2013, nel ventunesimo gruppo dell’agenzia, completando l’addestramento due anni dopo. Ha trascorso 168 giorni nello spazio, completando anche quattro EVA.
Christina Koch
Anche per Koch sarà il secondo volo, dopo aver lavorato sulla Stazione Spaziale Internazionale per 328 giorni nel corso delle Expedition 59, 60 e 61, dal luglio 2019 al giugno 2020. Arrivata a bordo della Sojuz MS-13 ha stabilito il record di permanenza nello spazio per una donna e assieme a Jessica Meir ha formato la prima coppia di donne a condurre una attività extraveicolare, portando il proprio computo a 42 ore e 15 minuti. Selezionata assieme a Glover nel 2013, a differenza del collega proveniva dal mondo accademico: la sua carriera iniziò come ingegnere elettrico al Goddard Space Flight Center, dove lavorò su diversi strumenti per le missioni scientifiche dell’agenzia, e alla JHUAPL, il laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins, dove contribuì alle sonde Juno e Van Allen Probes. A queste esperienze alternò anche il lavoro nel programma di studi in Antartide degli Stati Uniti e nella National Oceanic and Atmospheric Adminsitration.
Jeremy Hansen
Unico rookie dell’equipaggio, Hansen è ad oggi il prossimo astronauta canadese a volare da David Saint-Jacques, nel 2019. Di estrazione militare, in particolare colonnello dell’esercito, è laureato in fisica al Royal Military College of Canada di Kingston, in Ontario, con un focus sul wide field of view satellite tracking. È stato selezionato nel 2009 come uno dei due membri del terzo gruppo di astronauti del paese, lavorando come Capcom, responsabile delle comunicazioni, al Mission Control Center del JSC e diventando il primo canadese a guidare l’addestramento di una classe di astronauti. Nel 2013 ha partecipato al programma CAVES di ESA e alla missione NEEMO-19, assieme all’astronauta danese Andreas Mogensen.
Il programma Artemis
La missione è parte del più ampio programma Artemis, che ha come scopo quello di instaurare nel lungo periodo una presenza sostenibile e continuativa di esseri umani al polo sud della Luna, con l’obiettivo poi di raggiungere e colonizzare Marte. Il programma, che nel corso degli anni si è evoluto attraverso nomi e concetti differenti, ha diversi elementi fondamentali per la riuscita, alcuni dei quali ancora in sviluppo.
A parte SLS e Orion, sviluppati e testati seppur con diversi anni di ritardo, sono in corso di progettazione i primi elementi del Lunar Gateway, un avamposto orbitale attorno alla Luna e verso il quale gli astronauti faranno spola dalla superficie selenica. Per la prima missione di questo tipo, Artemis III, il trasporto sarà garantito da una versione lunare Starship, il razzo completamente riutilizzabile sviluppato da SpaceX e ora in fase di validazione. Il volo inaugurale di Starship potrebbe avvenire nelle prossime settimane, stando agli ultimi test effettuati e alle autorizzazioni richieste. Il piano attuale di NASA per l’utilizzo di Lunar Starship prevede un attracco diretto con Orion, senza l’ausilio del Lunar Gateway, i cui primi due moduli saranno lanciati da un Falcon Heavy di SpaceX non prima della fine del 2025, data in cui è anche prevista Artemis III.
Per le missioni successive non è ancora stato selezionato un lander e un apposito bando verrà indetto da NASA. Parteciperanno probabilmente il National Team, un consorzio di aziende guidate da Blue Origin, l’azienda di Jeff Bezos, Dynetics e SpaceX, oltre ad altre possibili compagnie. In questo scenario gli astronauti attraccheranno con Orion al Gateway e da lì si trasferiranno sulla superficie con il lander. Al suolo compiranno esperimenti scientifici di diverse discipline, oltre a raccogliere campioni di suolo lunare e rocce per successive analisi.
Nell’ambito dell’esplorazione pacifica della Luna, gli Stati Uniti si sono fatti promotori di un accordo internazionale, gli Artemis Accords, in cui vengono ribaditi alcuni concetti contenuti nell’Outer Space Treaty del 1967 e nel Moon Treaty del 1979, come il divieto di condurre test nucleari nello spazio o la necessità di evitare contaminazioni dell’ambiente. A questi viene però aggiunto anche lo sfruttamento economico delle risorse presenti sui corpi celesti, nell’ambito di una visione a lungo termine della cosiddetta economia lunare. Gli Accordi ad oggi sono stati firmati da 23 nazioni, tra cui l’Italia, che è stata assieme ad altri sette Stati prima firmataria.
La cooperazione internazionale rappresenta uno dei tanti aspetti del programma Artemis e si riflette anche nello sviluppo delle infrastrutture, come il sopracitato Lunar Gateway, a cui partecipano anche l’agenzia spaziale europea (ESA), russa (Roskosmos), giapponese e canadese, ma anche nei programmi di supporto, come il Commercial Lunar Payload Services (CLPS). Si tratta di un progetto separato da Artemis che prevede l’appalto da parte di NASA verso compagnie spaziali private di alcuni servizi, come la raccolta automatizzata di campioni lunari, lo sviluppo di una infrastruttura di comunicazione o la consegna di materiale sulla superficie. Ad ora sono state lanciate alcune piccole missioni e altre sono in procinto di partire, come ad esempio il lander Peregrine di Astrobotic a maggio del 2023 o i lander di Intuitive Machines, che decolleranno a bordo del Falcon 9 di SpaceX.
Tutto il programma Artemis è quindi molto diverso dal programma Apollo, che aveva lo scopo di far arrivare un astronauta americano sul suolo lunare prima dell’Unione Sovietica, che era riuscita a raggiungere obiettivi importanti, come il primo uomo in orbita, prima degli Stati Uniti. La visione e l’obiettivo a lungo termine permettono a NASA di avere una certa flessibilità sulla tabella di marcia, delle volte irrealisticamente affrettata da pressioni politiche: l’agenzia ha già investito diverse decine di miliardi di dollari per lo sviluppo di alcuni elementi e altrettanti ne serviranno per completare il programma, che potrebbe subire un’accelerazione e un maggior finanziamento nel prossimo futuro per via della competizione con i piani di esplorazione cinesi, che prevedono una colonia nel 2035.
Fonti: NASA names astronauts to next moon mission, Wiseman bio, Koch bio, Glover bio, Hansen bio.
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