Il booster di Starship fa un passo cruciale verso il test orbitale
Lo scorso 9 febbraio il programma Starship ha raggiunto un’importante pietra miliare nel lungo cammino verso il primo test orbitale. Il booster del lanciatore pesante di SpaceX ha infatti superato apparentemente indenne l’accensione di 31 dei suoi 33 motori a razzo Raptor.
Il test, uno static fire, è consistito nell’accensione dei propulsori per una decina di secondi senza procedere con il decollo. L’aggettivo static suggerisce la caratteristica principale di questo tipo di prove: verificare nel modo più realistico possibile ogni passaggio e ogni procedura che conducono al momento del decollo, inclusa l’accensione dei propulsori, fermandosi appena prima di aprire il sistema di ritenzione che assicura il razzo alla rampa. Per ragioni di prudenza lo static fire ha coinvolto solo il booster, mentre Ship 24 era stata sganciata e allontanata dalla rampa alcuni giorni prima.
Questo ulteriore test di Booster 7, il primo in cui si è tentato di accendere tutti i 33 Raptor, si è concluso senza problemi evidenti, anche se due dei motori non si sono accesi correttamente. Secondo le informazioni diffuse da Elon Musk tramite Twitter, uno dei Raptor è stato spento dal team di controllo mentre l’altro si è spento autonomamente. Un ulteriore interessante dettaglio rivelato da Musk è che i propulsori sono stati portati al 50% della potenza, mentre per il test di volo saranno operati al 90%. Booster 7 aveva già superato due test di accensione svolti il 14 e 29 novembre, rispettivamente con 14 e 11 motori, oltre che un test di riempimento completo dei serbatori lo scorso 24 gennaio.
Un test di successo?
È evidente che lo static fire del 9 febbraio sia stato positivo, ma è difficile parlare di pieno successo senza conoscere gli obiettivi minimi che lo staff di SpaceX si era prefissato. Come sappiamo, l’azienda californiana non diffonde quasi mai i dettagli tecnici del suo programma di sviluppo, per cui le fonti informative si limitano spesso agli account social di SpaceX e alle riprese delle numerose troupe di youtuber che operano sul posto.
Tra gli aspetti positivi del test possiamo comunque annoverare diversi punti importanti. Il primo, e forse più banale, è che il sistema ha funzionato senza apparenti problemi e il prototipo non è esploso! 31 motori su 33 si sono accesi regolarmente, un risultato non perfetto ma che ha dimostrato sia la prontezza del team di controllo sia del software di controllo autonomo del veicolo nel contenere le due anomalie. Inoltre il numero di motori impiegato è stato oltre il doppio di quelli accesi nei test precedenti. Oltre a questo, nessun razzo aveva mai acceso tanti motori contemporaneamente nella storia dell’astronautica. Booster 7 ha infatti superato il record stabilito dal vettore sovietico N1, che era propulso da 30 motori NK-15 e che a piena potenza raggiungeva il 75% delle prestazioni previste di Starship. Anche il sistema di soppressione idrico sembra aver svolto egregiamente il suo lavoro nel contenere eventuali danni alla rampa di lancio o al vettore, a parte la rimozione delle vernici di superficie e la generazione di un’enorme nuvola di polvere e detriti.
Possiamo dunque considerare Booster 7 e Ship 24 pronti al grande balzo verso l’orbita? Probabilmente sì, ma è difficile affermarlo con certezza. I segnali sono certamente molto positivi, e ci dicono che siamo davvero a un passo da questo storico traguardo. Una conferma indiretta del buon esito dello static fire arriva anche dai tweet di Musk, che menzionano esplicitamente marzo come mese per il lancio orbitale.
Il punto che ha reso questo test diverso dai precedenti è che per la prima volta si è tentato di simulare le condizioni di decollo di una missione standard, anche se come dicevamo i Raptor hanno girato solo al 50% della potenza di targa e il secondo stadio non era montato sul booster. I test precedenti sono stati step intermedi del lungo processo di validazione Starship, un sistema molto complesso e ancora allo stato prototipale in tutte le sue componenti.
Il malfunzionamento dei due Raptor dimostra comunque che ci sono ancora varie questioni aperte rispetto all’affidabilità del sistema. Limitandosi a quanto concerne la parte propulsiva del booster, se da un lato i suoi 33 motori garantiscono una certa ridondanza in caso di guasto non distruttivo di uno o più Raptor, dall’altro non è noto il numero minimo di motori necessario per garantire il raggiungimento dell’orbita, e quali siano le esatte strategie di mitigazione delle anomalie. Anche la posizione di propulsori in avaria può giocare un ruolo importante, dato che il razzo dovrà compensare efficacemente lo sbilanciamento della spinta.
Eventuali problemi propulsivi potrebbero pesare anche sulla fase di rientro con conseguenze che, in caso di incidente, potrebbero andare dalla perdita del lanciatore al danneggiamento della rampa di Boca Chica, così come della tank farm posizionata nelle sue vicinanze. La disponibilità del sito di lancio di Cape Canaveral, in Florida, è dunque strategicamente molto importante per un prosieguo ininterrotto del progetto, specie in caso di inasprimento dei requisiti richiesti dalla FAA per concedere il permesso di lancio.
È difficile credere che SpaceX cambi improvvisamente atteggiamento di fronte ai rischi posti dal lancio orbitale, o che tenti di sviluppare da subito la Starship di “produzione”. Il tempo trascorso dall’ultimo volo di un prototipo da Boca Chica, avvenuto nel maggio 2021 con SN15, e le numerose prove e affinamenti occorsi nel frattempo, danno piuttosto l’idea delle dimensioni della sfida che l’azienda aerospaziale di Musk sta affrontando col programma Starship.
La buona riuscita del test orbitale di Starship e i lunghi preparativi per portarlo a compimento hanno una grande importanza, ora che SLS ha dimostrato eccellenti prestazioni e NASA conta sulla disponibilità di entrambi i vettori nel contesto del programma Artemis. La firma dei primi contratti basati su questo sistema di lancio ne impongono la rapida evoluzione da un puro programma di sviluppo all’essere un vettore affidabile e certificato per il trasporto di equipaggi, con un orizzonte temporale di due/tre anni. Una sfida enorme che SpaceX deve dimostrare ancora una volta di saper vincere.
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