Webb osserva Chariklo, un asteroide con anelli
C’è una porzione del sistema solare tra Giove e Nettuno dove orbitano degli asteroidi piccoli e difficilmente osservabili da Terra, i centauri. Si sa molto poco di loro, proprio per la difficoltà di studiarli. Finora non c’è mai stata nessuna missione spaziale che vi abbia mandato una sonda vicino, e da Terra non si riesce a vedere più di qualche pixel, nemmeno con il James Webb Space Telescope.
Nonostante ciò, con l’utilizzo di astuti espedienti si è riusciti a ricavare informazioni sull’aspetto di uno di loro in particolare, Chariklo, il più grande centauro conosciuto. Ultimamente si ricorre alla tecnica dell’occultazione per avere informazioni sulla forma di asteroidi troppo lontani da poter essere osservati direttamente. Consiste nell’aspettare un evento simile all’eclissi, quando cioè l’asteroide passa davanti una stella rispetto a un osservatore a Terra, e vedere in qualche modo l’ombra proiettata sulla superficie terrestre. Visto che la luce delle stelle lontane è molto fioca, l’effetto reale non è una vera e propria ombra, ma all’osservatore la stella in questione apparirà più fioca per un breve intervallo di tempo. Rielaborando i tempi di riduzione di luminosità da vari punti della superficie, si riesce a ricostruire l’ombra dell’asteroide sulla Terra.
La predizione di un’occultazione è sì facilmente fattibile per oggetti con un diametro apparente molto grande, come è stato fatto per secoli ad esempio per le eclissi solari, ma è molto difficile per oggetti di piccole dimensioni. Per piccoli asteroidi e stelle lontane va tenuto conto anche del moto proprio delle stelle, che a questo livello di precisione è sbagliato considerare fisse. Una spinta notevole a questa tecnica osservativa è stata fornita dalla missione europea Gaia, che ha permesso di costruire un database con posizione e velocità accurate di miliardi di stelle della nostra galassia.
Nel 2013 è stata usata la tecnica dell’occultazione per osservare Chariklo. L’asteroide è passato davanti a una stella di magnitudine 12.4, abbastanza brillante da essere osservata dai telescopi da Terra. L’evento si è rilevato decisamente spettacolare, perché l’affievolimento della stella si è verificato non solo al passaggio dell’asteroide, ma anche sette secondi prima e dopo, permettendo di ricostruire che è presente un sistema di anelli. Questo centauro è stato il primo asteroide scoperto con un sistema di anelli, di fatto il quinto corpo celeste in assoluto dopo Saturno, Urano, Giove e Nettuno (in ordine di scoperta).
A ottobre, il telescopio spaziale James Webb ha confermato la scoperta sfruttando un’altra occultazione. L’osservazione di Webb non è stata solo una mera conferma, ma è anche una dimostrazione delle capacità di osservazione di questo telescopio. Intanto bisogna sottolineare che predire un evento del genere è molto più complicato per Webb che per un osservatore da Terra. Il nostro pianeta è dopotutto più pesante e situato in un’orbita più stabile. Webb subisce di continuo correzioni di rotta per il mantenimento dell’orbita, deviando di una manciata di mm/s ogni mese, quel tanto che basta da mancare una previsione troppo indietro nel tempo.
L’osservazione in oggetto è stata inserita nel piano di opportunità di JWST, ToO, Target of Opportunity. Webb ha un lungo piano di osservazioni regolari, ma una certa percentuale del suo tempo dedicata al ToO. In caso si presenti un’opportunità, Webb interrompe il suo lavoro e punta all’obiettivo occasionale. E in questo caso l’evento si è verificato il 18 ottobre 2022. Chariklo, Webb e Gaia DR3 6873519665992128512 erano quasi perfettamente allineati. Come si può intuire dal nome della stella, la ricerca per un simile evento non è stata fatta a mano, ma elaborata dall’immenso database fornito dalla missione Gaia, a rimarcare la necessità di un intensivo uso di software e automazioni nell’astronomia moderna.
Il quasi deriva dal fatto che Chariklo non è tecnicamente passato davanti alla stella, ma i suoi anelli sì. La distanza apparente (appulso) tra l’asteroide e la stella nelle immagini di Webb era veramente minima, ai limiti della sensibilità degli strumenti ottici, ma il cambio di luminosità al passaggio è stato correttamente misurato e non lascia adito a smentite della presenza di anelli, che è il metodo scientifico per fornire ulteriori conferme.
Gli anelli sono due e abbastanza vicini uno all’altro, e hanno anche un nome. Il primo, il più interno, Oiapoque, si trova a 390 km dall’asteroide e ha una larghezza di 6 km. A 8 km di distanza dal primo si trova l’altro l’anello, quello esterno, Chuí, con una larghezza di 3–4 km. Potrebbero essere fatti di ghiaccio, come gli anelli dei pianeti, ma la composizione di anelli e asteroide non è ancora certa. Già in passato si era sospettata la presenza di ghiaccio nell’asteroide, ma Webb ha contribuito a qualche progresso in più nello studio della chimica dell’oggetto.
Poco dopo l’occultazione, infatti, il telescopio ha osservato l’asteroide e ne è stato analizzato lo spettro di luce riflesso dalla superficie. Viene confermata la presenza di ghiaccio, ma in più è stato anche scoperto che si tratta di ghiaccio cristallino. E questa pure è una scoperta importante, perché la presenza di ghiaccio cristallino indica continue attività di piccoli bombardamenti di oggetti microscopici o polveri spaziali, altrimenti la superficie sarebbe stata levigata col tempo dal vento solare. Non è chiaro se questo spettro provenga dall’asteroide o dai suoi anelli; il rapporto tra la superficie illuminata degli anelli e quella dell’intero corpo, asteroide più anelli, è di 1:5 in questa campagna osservativa, ma un’altra osservazione in futuro potrebbe dare risultati diversi con condizioni di illuminazione diverse per capire meglio dove sia localizzato il ghiaccio.
Per JWST si è trattato della prima volta in cui ha analizzato un’occultazione, e il successo di questo esperimento spiana la strada a future osservazioni di altri oggetti lontani del sistema solare. Sebbene il telescopio passi la maggior parte del tempo a osservare oggetti molto più remoti dell’universo, come galassie, durante i primi sei mesi di attività ha già fornito immagini di pianeti, satelliti e asteroidi. Ha catturato l’impatto di DART su Dimorphos, controllato il meteo su Titano, osservato Nettuno con i suoi anelli e satelliti, fornito immagini abbaglianti di Marte e Giove.
Per il futuro sono in programma osservazioni ordinarie e di probabili eventi improvvisi, anch’essi sotto il programma ToO, come impatti estremi sui pianeti giganti, eruzioni, oggetti interstellari occasionali. E questo è solo il programma scientifico del sistema solare nel primo ciclo di attività del telescopio. Le reali possibilità di impiego del telescopio spaziale James Webb sono ormai sotto gli occhi di tutti. Dopo decenni di attesa, di ritardi, di aumenti di budget che hanno scoraggiato durante il suo sviluppo e fatto temere a volte addirittura la cancellazione del programma, il successo della missione ha quasi cancellato quei brutti ricordi, portando alla ribalta solo gli attuali risvolti positivi della missione: un destino mediatico comune a molti programmi spaziali.
Fonte: NASA
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