La capsula Blue Origin sfugge a un guasto del razzo durante un volo senza equipaggio

Sequenza dell'incidente al New Shepard. Credits: Blue Origin

Il razzo suborbitale New Shepard sviluppato da Blue Origin, la compagnia spaziale di Jeff Bezos, ha subito qualche giorno fa il suo primo fallimento non riuscendo a concludere la propria missione. L’interruzione non pianificata del volo ha visto l’attivazione delle procedure di emergenza che hanno separato la capsula dal vettore. Il booster, uno dei due razzi New Shepard operativi, è andato perso mentre la capsula solitamente dedicata al trasporto dell’equipaggio, che per questa missione non trasportava persone ma esclusivamente esperimenti scientifici, dopo essersi separata dal razzo è atterrata in sicurezza.

Decollo del razzo New Shepard con in cima la capsula di Blue Origin. Credits: Blue Origin

A causa di alcuni rinvii, il razzo era decollato con quasi un’ora di ritardo sull’orario previsto. Il propulsore avrebbe dovuto accendersi e rimanere acceso per circa 2 minuti e 20 secondi ma, dopo circa un minuto dal decollo, quando il New Shepherd era ormai prossimo ad aver raggiunto la velocità supersonica e una quota di circa 8.500 m di altitudine, il getto del motore BE-3 è stato osservato variare colore e forma, per poi sembrare spegnersi, facendo inclinare il razzo dalla sua traiettoria nominale. In quel preciso momento si sono attivati i sistemi di sicurezza che hanno permesso alla capsula di separarsi dal vettore per tornare a Terra integra, frenata dai suoi tre paracadute, dopo circa 5 minuti e 30 secondi dal decollo.

Blue Origin, in alcuni post sui social network, ha dichiarato che il comportamento in volo del booster, andato distrutto nell’impatto a Terra, apparirebbe essere stato innescato da una avaria al propulsore ma l’azienda ha anche colto l’occasione per evidenziare che il sistema di fuga della capsula ha funzionato come previsto.

La Federal Aviation Administration (FAA), l’agenzia del Dipartimento dei Trasporti statunitense incaricata di regolare e sovrintendere su ogni aspetto riguardante l’aviazione civile nel Paese e nelle acque internazionali circostanti, ha affermato che collaborerà con Blue Origin per indagare sulle cause del fallimento del lancio. In una nota emessa poco dopo l’incidente, la FAA ha affermato che la capsula è atterrata in sicurezza mentre il booster ha impattato il terreno in un’area posta all’interno della zona interdetta. Non sono stati segnalati feriti o danni alla proprietà pubblica.

Questa era una missione che non prevedeva un equipaggio umano, ma prima di autorizzare il ritorno al volo di un veicolo New Shepard, la FAA analizzerà se i sistemi, i processi e le procedure dedicate alla gestione dell’emergenza abbiano influito sulla sicurezza pubblica, applicando un protocollo standard adottato per tutte le indagini che vedono coinvolti mezzi volanti.

La missione NS-23 ha rappresentato il 23º volo di un razzo New Shepard e il nono lancio di questo booster riutilizzabile, abbinato alla capsula per equipaggi RSS H. G. Wells, anch’essa giunta al suo nono volo. Questa missione ha rappresentato anche il primo fallimento di un volo operativo di un razzo New Shepard, perché ricordiamo che il primo volo di collaudo di questo razzo, effettuato nel 2015, si era concluso con la perdita del booster a causa di un guasto in fase di atterraggio. La missione NS-23 sarebbe dovuta partire il 31 agosto, ma il maltempo aveva costretto la compagnia a sospendere i tentativi di lancio per tre giorni consecutivi. I funzionari hanno quindi riprogrammato la data di lancio a lunedì 12 settembre.

Dal 2015 ad oggi, Blue Origin ha lanciato sei voli suborbitali portando 31 persone ai confini dello spazio. L’ultimo volo era stato effettuato lo scorso 4 agosto, utilizzando un booster e una capsula diversi da quelli utilizzati in questo volo. Finora Blue Origin ha costruito e lanciato quattro veicoli New Shepard: un razzo distrutto in fase di atterraggio nel 2015, un secondo ritirato da tempo dal servizio attivo, un terzo tuttora operativo e infine il quarto razzo, quello perso nell’incidente di pochi giorni fa, che non poteva essere utilizzato in missioni con equipaggio non essendo stato certificato per il volo umano.

La missione NS-23 ha trasportato 36 carichi utili progettati e realizzati da istituti di ricerca e organizzazioni studentesche, metà dei quali finanziati dalla NASA. Il razzo avrebbe dovuto raggiungere gli strati più alti dell’atmosfera a un’altitudine di poco superiore ai 100 km, ovvero il confine dello spazio riconosciuto a livello internazionale.

I payload che hanno volato la missione NS-23 includevano esperimenti sulla tecnologia delle celle a combustibile di idrogeno sviluppata da Infinity Fuel Cell e Hydrogen Inc., una società con sede a Windsor, nel Connecticut. La tecnologia delle celle a combustibile AMPES potrebbe essere utilizzata per generare energia per i futuri rover lunari e per gli habitat umani di superficie. Il lancio di Blue Origin avrebbe dovuto consentire agli ingegneri di collaudare alcuni di questi sistemi in microgravità.

Un altro esperimento finanziato dalla NASA è stato fornito da Honeybee Robotics, una sussidiaria di Blue Origin. Questo progetto avrebbe dovuto studiare la forza dei suoli planetari in diverse condizioni di gravità.

Un’indagine dell’Università della Florida avrebbe dovuto collaudare un sistema di imaging a fluorescenza per permettere la ricerca biologica durante le missioni suborbitali, inoltre i ricercatori del MIT Media Lab hanno condotto un esperimento chiamato Wax Casting ideato per verificare la possibilità di produrre in microgravità le componenti non tossiche dei propellenti solidi dei razzi, come la paraffina e la cera d’api. L’esperimento Wax Casting avrebbe dovuto studiare come la cera di candela fusa e un liquido simile chiamato eptadecano avrebbero reagito quando vengono fatti ruotare in tubi posti in microgravità.

L’Electrostatic Regolith Interaction Experiment dell’Università della Florida centrale, supportato anche dalla NASA, doveva studiare il comportamento delle particelle di polvere carica in microgravità. Le informazioni ricavate da questo esperimento potrebbero aiutare gli ingegneri a sviluppare strategie per evitare che la polvere lunare danneggi le componenti elettroniche, le celle solari, le apparecchiature meccaniche e le tute spaziali degli astronauti sulla Luna.

Tra i vari payload vi era anche un esperimento della NeoCity Academy di Kissimmee, in Florida, dove sei studenti delle scuole superiori hanno sviluppato un’indagine per studiare gli effetti della microgravità sulle onde sonore ultrasoniche, mentre un progetto dell’Anatolia College in Grecia avrebbe tentato di creare un dipinto nello spazio.

Due suite di sensori che volano sul razzo New Shepard sono state progettate per misurare i dati sull’ambiente esterno al veicolo. Un sistema di sensori in fibra ottica sviluppato dall’Armstrong Flight Research Center della NASA avrebbe monitorato la salute strutturale del veicolo, raccogliendo dati sulla temperatura e sulla deformazione dei materiali.

Sul booster New Shepard è stata anche montata una piattaforma per sensori spaziali dell’Applied Physics Laboratory della Johns Hopkins University. È stato progettato per studiare le condizioni ambientali nella ionosfera inferiore, una regione dell’atmosfera terrestre difficile da studiare. Secondo Blue Origin, gli scienziati sperano di espandere le capacità della piattaforma sui voli futuri per includere telescopi, fotocamere e il dispiegamento di piccoli sensori.

Fonte: Blue Origin

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Marco Carrara

Da sempre appassionato di spazio, da piccolo sognavo ad occhi aperti guardando alla televisione le gesta degli astronauti impegnati nelle missioni Apollo, crescendo mi sono dovuto accontentare di una più normale professione come sistemista informatico in una banca radicata nel nord Italia. Scrivo su AstronautiNews dal 2010; è il mio modo per continuare a coltivare la mia passione per lo spazio.