Gli Emirati Arabi Uniti torneranno nella primavera 2023 a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, dopo la breve, storica, esperienza di sette giorni di Hazza Al Mansouri nel 2019. A differenza del recente passato, un astronauta emiratino lavorerà in orbita per una missione di lunga durata, circa sei mesi, la durata canonica di una Expedition alla quale parteciperà al fianco di sei tra astronauti e cosmonauti.
Lo scorso 27 aprile, presso l’ambasciata degli Emirati Arabi Uniti a Washington, la firma dell’intesa tra l’agenzia spaziale emiratina (MBRSC) e l’azienda privata statunitense Axiom Space, che suggella un accordo di notevole importanza per la cooperazione internazionale nel settore spaziale. Tale traguardo rappresenta solamente l’ultima meta nell’impegno oltre l’atmosfera terrestre dello stato arabo da un quindicennio a questa parte. Il giovane ente governativo che lavora al programma spaziale emiratino, MBRSC appunto, è stato nel 2020 tra i primissimi sostenitori degli Artemis Accords e nello stesso anno ha lanciato – con la collaborazione del Giappone – la sonda Hope verso Marte, e prevede di inviare un piccolo rover lunare – Rashid – entro la fine del 2022 insieme al lander nipponico Hakuto-R. A tal proposito, queste iniziative «Rispecchiano la visione degli Emirati Arabi Uniti, che vedono l’esplorazione spaziale come un’opportunità per una maggiore cooperazione tra paesi ed enti nel perseguimento degli obiettivi comuni della scoperta scientifica e di un futuro sostenibile per l’umanità», ha dichiarato Hamad Obaid Al Mansouri, presidente dell’agenzia spaziale emiratina.
Tra i presenti alla firma Salem Humaid Al Marri e Michael Suffredini rispettivamente Direttore Generale del Centro Spaziale Mohammed bin Rashid e Amministratore Delegato, nonché fondatore, di Axiom Space. Quest’ultimo non ha nascosto la sua soddisfazione nell’aver chiuso la trattativa con il MBRSC, i cui funzionari erano in contatto da mesi con diversi soci internazionali (Russia e Stati Uniti) per assicurarsi una seconda missione, che fosse essa di breve o di lunga durata: «Axiom Space è orgogliosa di offrire al MBRSC un’opportunità di volo per un astronauta emiratino, permettendo così la prima missione di lunga durata a bordo della Stazione».
Se Axiom è stata in grado di chiudere l’accordo bilaterale con MBRSC, è grazie al patto stipulato con la NASA nel marzo 2021. L’azienda di Suffredini garantì per l’agenzia spaziale statunitense un posto per l’astronauta Mark Vande Hei sulla Sojuz MS-18 a un mese dal lancio, appannaggio di un cosmonauta di Roskosmos. Tale accordo, privo di trasferimento di denaro, è stato istituito sulla base di uno scambio “uno a uno” di pari valore, con la NASA che si impegnava a cedere in cambio i diritti di un posto in suo possesso sulle navicelle commerciali di SpaceX e Boeing. E così è successo!
A due giorni dall’ufficializzazione del sodalizio in ambasciata, l’annuncio alla stampa. Le parti coinvolte, ossia Axiom e MBRSC, hanno colto l’occasione per presentare il veicolo e la missione diretta verso l’avamposto orbitale. Si tratta della Crew Dragon di SpaceX: uno dei quattro astronauti professionisti degli Emirati Arabi Uniti affiancherà sicuramente gli astronauti statunitensi Stephen Bowen e Warren Hoburg nella missione Crew-6, il sesto volo operativo con equipaggio dell’azienda di Elon Musk da/verso la Stazione per conto della NASA. Resta, invece, il riserbo sulla nazionalità sul quarto, e ultimo, membro dell’equipaggio che completerà il quartetto sulla Crew Dragon, così come sul nome dell’astronauta emiratino.
Un posto per quattro
Come accennato in precedenza, il corpo astronauti degli Emirati Arabi Uniti conta oggi ben quattro persone, frutto di due selezioni datate 2018 e 2021. Al primo gruppo appartengono Hazza Al Mansouri e Sultan Al Neyadi, i vincitori del bando di selezione lanciato sul finire del 2017 con la collaborazione di Roskosmos e del Centro di Addestramento Cosmonauti Jurij Gagarin, in relazione dell’accordo con il MBRSC per il lancio dal Kazakistan per primo cittadino degli Emirati Arabi. In vista della missione, Al Mansouri e Al Neyadi si sono addestrati per la missione di breve durata sulla Sojuz russa, acquisendo le conoscenze base richieste per un soggiorno sulla Stazione di sette giorni in qualità di partecipante al volo spaziale, terminologia poi rivista in astronauta professionista in visita – visiting astronaut in inglese.
A 12 mesi dallo storico volo, i due astronauti emiratini hanno preso parte all’addestramento completo per astronauti presso le strutture del Johnson Space Center di Houston come previsto dai patti di un’attività di cooperazione tra l’agenzia spaziale statunitense ed emiratina. L‘accordo tra NASA e MBRSC, «aprirà la strada a relazioni ancora più strette tra i nostri paesi, creando nuove opportunità per gli Emirati Arabi Uniti di essere coinvolti nella Stazione Spaziale Internazionale, nel programma Artemis e nelle altre attività della NASA», come aveva affermato l’allora vice amministratore della NASA James Morhard. A Houston, Al Mansouri e Al Neyadi si sono preparati a una missione canonica di sei mesi a bordo dell’avamposto, che vede la conoscenza approfondita dei sistemi e delle procedure della Stazione Spaziale Internazionale e l’apprendimento delle abilità per le attività extraveicolari (EVA) e l’utilizzo del braccio robotico Canadarm2 per la cattura di veicoli cargo.
Nell’aprile 2021, l’agenzia spaziale emiratina è lieta di annunciare i finalisti del secondo gruppo di selezione: Mohammad Al Mulla e Nora Al Matrooshi, quest’ultima celebre per essere la prima donna astronauta araba. Le nuove reclute hanno iniziato il processo di addestramento spaziale nel gennaio 2022 insieme ai dieci candidati astronauti del 23º gruppo di selezione della NASA, i cui nomi sono stati presentati in un evento alla base aerea di Ellington Field (Houston) il 6 dicembre 2021.
È prematuro dire oggi chi tra Al Mansouri, Al Neyadi, Al Mulla e Al Matrooshi sarà assegnato all’equipaggio di Crew-6 come specialista di missione. I più quotati sono sicuramente i primi due, vista la maggior esperienza maturata negli ultimi anni in previsione di una missione, con Al Neyadi che potrebbe essere la scelta logica per ereditare il testimone di Al Mansouri dopo il suo pionieristico volo nel 2019. Difficile inoltre sbilanciarsi sul programma di lavoro e le ricerche scientifiche che saranno svolte in orbita da parte dell’astronauta emiratino. La pianificazione delle attività, parallelamente ad eventuali EVA, verrà discussa tra i funzionari della NASA e del MBRSC.
Indipendentemente dall’astronauta emiratino che verrà designato per volo spaziale, la missione di costui/costei resterà degli annali della Stazione Spaziale Internazionale. Complice l’ascesa di società private e di capsule commerciali alternative alla Sojuz russa, lo spazio non è mai stato così accessibile. Dal 1998 ad oggi ben 20 nazioni hanno avuto almeno un cittadino a bordo della Stazione, tuttavia le Expedition (le missioni lunga durata) hanno visto impegnati solamente astronauti provenienti dagli Stati Uniti (NASA), Russia (Roskosmos), Giappone (JAXA), Canada (CSA-ASC) ed Europa (ESA), riducendo il totale a dieci. Gli Emirati Arabi Uniti diventeranno l’undicesimo paese rappresentato in una Expedition, il primo che non appartiene alle cinque agenzie fondatrici dell’avamposto umano per eccellenza nello spazio.
Per l’emergente agenzia spaziale emiratina è una vittoria, oltre che un traguardo importantissimo che avvicina il paese arabo a diventare tra le nazioni leader nell’esplorazione spaziale. L’intento è di fornire ulteriore spinta al programma nazionale, rafforzando la presenza umana e robotica oltre l’atmosfera terrestre, senza dimenticare delle ricadute positive sull’industria spaziale emiratina. Inoltre, così facendo, si persegue il sogno e l’ambizione del padre fondatore degli Emirati Arabi Uniti, il compianto emiro Zayed bin Sultan Al Nahyan: ispirare i giovani del paese e del medio Oriente a esplorare lo spazio.
Fonti: SpaceNews