Gli ultimi mesi di vita di InSight
Durante una teleconferenza appositamente organizzata, l’agenzia spaziale americana ha annunciato che entro la fine dell’estate cesseranno le attività scientifiche del lander InSight, anche se verranno mantenuti i contatti fino alla fine dell’anno. In vista del suo prossimo termine, ripercorriamo velocemente la storia della prima missione dedicata allo studio dell’interno di Marte.
Obiettivi, disavventure e scoperte
Fino all’atterraggio di InSight (acronimo di Interior Exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport) del 26 novembre 2018 lo studio dell’interno di Marte era rimasto un obiettivo secondario di tutte le missioni ivi dirette, dedicate alla ricerca di tracce di vita e di acqua liquida e alla caratterizzazione dell’atmosfera. Basti pensare che fu solo con il lander Phoenix, atterrato nel 2008 e con cui InSight condivide la piattaforma principale, che furono effettuate le prime analisi degli strati di terreno appena sotto la superficie. NASA decise quindi di sviluppare una sonda con lo scopo di approfondire le conoscenze sull’interno dei pianeti rocciosi e avere ulteriori dati per le teorie di evoluzione degli stessi, dotandola di strumentazioni appositamente dedicate: la “talpa” HP³ con lo scopo di studiare la distribuzione interna del calore, il sismometro SEIS per registrare i terremoti marziani e RISE per studiare la rotazione del pianeta. In aggiunta a questa suite di strumenti InSight fu equipaggiata con alcune fotocamere, un sensore a infrarossi e una stazione meteo.
La selezione ufficiale di InSight, nota inizialmente come GEMS (Geophysical Monitoring Station), è avvenuta nel 2012, con la costruzione da parte di Lockheed Martin della struttura principale. In ottica di riduzione dei costi, che non avrebbero comunque potuto superare i 425 milioni di dollari, oltre alla sopracitata piattaforma derivata da Phoenix, NASA decise di instaurare una collaborazione con le agenzie spaziali francese CNES e tedesca DLR per la costruzione di due dei tre strumenti principali: ai primi fu assegnata la costruzione di SEIS e ai secondi di HP3.
Nonostante un difetto nelle saldature per SEIS, che portò al rinvio del lancio dal 2016 al 2018, fu HP³ a causare maggiori problemi al team, una volta arrivata su Marte: progettata con lo scopo di penetrare per cinque metri, incontrò un terreno molto più compatto rispetto alle previsioni, di fatto bloccandosi dopo due o tre centimetri. Nonostante mesi di tentativi e soluzioni innovative, tra cui l’utilizzo del braccio robotico per forzare la penetrazione dello strumento, a gennaio 2021 NASA decise di interrompere i tentativi.
HP³ quindi non ha mai potuto sfruttare la capacità di rilevare il flusso di calore proveniente dall’interno del pianeta, ma ha comunque permesso agli scienziati di apprendere alcune informazioni sul suolo e sul design dello strumento, che in future applicazioni potrebbe essere progettato per essere riposizionato in luoghi più promettenti di quelli inizialmente selezionati.
Le attività di InSight non hanno risentito eccessivamente dei problemi occorsi alla talpa: la stazione metereologica ha continuato a monitorare pressione, temperatura e direzione del vento a Elysium Planitia, oltre a registrare più di 1.300 eventi sismici, tra cui il più potente, di magnitudo 5, il 4 maggio 2022. Le informazioni ottenute hanno permesso di ampliare il bagaglio di conoscenze sulla struttura interna di Marte, con risvolti applicabili anche agli altri pianeti rocciosi del Sistema Solare: Mercurio, Venere e Terra.
Presente, futuro e speranze
Tra successi e insuccessi InSight ha comunque completato con esiti positivi la sua missione primaria della durata di due anni terrestri (un anno marziano) e ha anche ricevuto un’estensione di missione, soggetta però al vincolo della produzione di energia elettrica. L’accumulo di polvere sui due pannelli fotovoltaici di cui dispone ha ridotto infatti la produzione giornaliera di energia da 5.000 W/ora iniziali (sufficienti per far funzionare un forno elettrico per un’ora e quaranta minuti), a poco meno di 500 W/ora. Già a inizio 2021 la sonda fu costretta a un periodo di ibernazione, a cui seguì a giugno un tentativo innovativo di rimozione della polvere con il braccio robotico e il deposito di granelli di sabbia. Queste soluzioni estreme sono state adottate anche a causa del mancato passaggio di dust devil, deboli venti che soffiano solitamente nelle ore più calde e che possono ripulire i pannelli fotovoltaici.
In aggiunta all’accumulo di polvere, che ha ormai raggiunto livelli critici, nei prossimi mesi, a causa dei cambiamenti stagionali, aumenterà la concentrazione di polvere in aria, riducendo ulteriormente la luce in arrivo ai pannelli. Se solo il 25% dei pannelli fotovoltaici venisse pulito, la sonda riuscirebbe a guadagnare 1.000 W/h al giorno, sufficienti per prolungare la raccolta di informazioni da studiare.
A meno .dell’arrivo di un dust devil le attenzioni del team saranno quindi incentrate sulla massimizzazione del ritorno scientifico dei dati, utilizzando al meglio le rare accensioni degli strumenti non direttamente coinvolti nella rilevazione dei terremoti. Solo il sismometro SEIS rimarrà in funzione, operando in momenti specifici della giornata, come ad esempio la notte, quando i venti sono pochi e gli eventi tellurici più facilmente individuabili. Questo strumento sarà l’ultimo a spegnersi, verso la fine dell’estate, decretando ufficialmente la fine della missione scientifica. Da quel momento in poi InSight utilizzerà l’energia residua per comunicare con la Terra e scattare qualche foto fino a quando, intorno a dicembre, la produzione sarà così bassa che la sonda non sarà più in grado di rispondere.
Fonte: NASA
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