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Apollo 16 è in orbita lunare

Il sorgere della Terra ripreso dall'orbita lunare.

19 aprile 1972

Dal nostro inviato a Houston.

A tre giorni dal decollo e quasi 390.000 km percorsi, gli astronauti Young, Mattingly e Duke sono finalmente giunti in orbita lunare, preparandosi all’atterraggio previsto per domani sera.

Oltre alle consuete attività di gestione della navicella, durante gli ultimi tre giorni gli astronauti hanno tenuto sotto stretto controllo i sistemi del modulo lunare, con il timore che la perdita di parte del rivestimento termico avvenuta il primo giorno avesse avuto conseguenze, ma tutto è risultato nella norma.
Altre attività hanno riguardato un esperimento di elettroforesi per dimostrare la produzione di composti puri in condizioni di microgravità e un esperimento per investigare l’effetto dei raggi cosmici sui nervi ottici, che causano agli astronauti visioni di brevissimi lampi indipendentemente dal fatto di avere gli occhi aperti o chiusi.

Due piccole correzioni di rotta sono state effettuate accendendo brevemente il Service Propulsion System (SPS) del modulo di servizio ed è stato inoltre ripristinato il sistema di navigazione in seguito a un inaspettato e non motivato gimbal lock, il temutissimo blocco cardanico dei giroscopi che ha causato la perdita dei riferimenti inerziali di guida della navicella.
In vista delle missioni Skylab di lunga durata previste per la prossima primavera 1973, gli astronauti hanno potuto degustare alcuni nuovi cibi e bevande appositamente preparati.
«Sarete felici nel sapere che abbiamo completato la valutazione del cibo Skylab» ha comunicato il pilota del modulo di comando Ken Mattingly «con pochi danni e nessuna perdita».

La manovra di Lunar Orbit Insertion con l’accensione del propulsore SPS

Il viaggio verso la Luna richiede più di 70 ore e si potrebbe paragonare al percorso che si compie per superare una collina sfruttando solamente una forte spinta iniziale.
La stupefacente velocità di 39.000 km/h fornita dal terzo stadio S-IVB del vettore Saturn V e necessaria per sfuggire al campo gravitazionale terrestre, inizia a diminuire nel momento in cui il propulsore J-2 viene spento e questo avviene perché la Terra sta ancora cercando di trattenere la navicella Apollo nella sua sfera di influenza.
Proprio come se stesse affrontando la salita verso la cima della collina, la velocità della navicella continua a diminuire fino a raggiungere i 3.600 km/h e dopo circa 60 ore dal decollo, a 62.000 km dalla Luna, l’influenza gravitazionale di quest’ultima prende finalmente il sopravvento su quella terrestre, la vetta viene superata e come in discesa la velocità torna ad aumentare.

Per inserirsi in orbita lunare la velocità acquisita è però troppo elevata e gli astronauti hanno dovuto accendere l’SPS della navicella Apollo in direzione opposta al senso di marcia, per una frenata di circa 3.000 km/h avvenuta in poco più di 6 minuti. Nello sfortunato caso di mancata accensione la velocità sarebbe stata comunque sufficiente a garantire una traiettoria di ritorno libero verso la Terra, come avvenuto per Apollo 13.

«Salve Houston, il tenero 16 è arrivato», ha esclamato il comandante Young al ristabilirsi dei contatti radio con Houston dopo il passaggio dietro la Luna. In Italia erano le 21:45.

Una delle prime immagini ravvicinate della Luna ripresa da Apollo 16

Una curiosità: durante una delicata attività interna alla capsula svolta il secondo giorno di missione, Ken Mattingly si è sfilato l’anello nuziale e lo ha riposto in un luogo che riteneva sicuro. Quando però è andato per riprenderlo l’anello era svanito e a nulla sono valse le ricerche dei tre astronauti. Su richiesta di Mattingly, nella speranza di ritrovare l’anello prima della fine della missione, la notizia non è ancora stata comunicata alla moglie Elizabeth.

Domani sarà il giorno della discesa di Young e Duke sulla superficie a bordo del LM Orion dove, se tutto procederà secondo i programmi, gli astronauti rimarranno per i successivi 3 giorni mentre il compagno Mattingly rimarrà in orbita a bordo del modulo di comando Casper.

Foto credits: NASA.

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