Apollo 16, splashdown nell’Oceano Pacifico
27 aprile 1972
Dal nostro inviato a Houston
Con l’ammaraggio nell’oceano Pacifico si è conclusa felicemente la missione Apollo 16, la penultima del programma di esplorazione umana della Luna.
Il viaggio di ritorno era cominciato lo scorso 25 aprile con l’accensione del propulsore SPS del modulo di servizio che ha accelerato la navicella Apollo quanto bastava per sfuggire al campo gravitazionale lunare.
Lo stesso giorno il pilota del modulo di comando Ken Mattingly, che per tre giorni era rimasto in orbita mentre i compagni John Young e Charlie Duke esploravano la superficie, è uscito dal modulo di comando per effettuare un’attività extraveicolare nello spazio profondo. L’obbiettivo della sortita, ripresa in diretta televisiva, era quello di recuperare le pellicole fotografiche di due fotocamere fisse alloggiate nel vano degli strumenti scientifici del modulo di servizio. Durante i 70 minuti passati all’esterno Mattingly ha inoltre esposto all’ambiente spaziale un esperimento di microbiologia che poi ha riportato in cabina.
Una curiosità, l’anello nuziale che Mattingly aveva smarrito all’interno della capsula la settimana scorsa, è improvvisamente ricomparso durante la EVA ed è stato afferrato in due tempi da Duke quando già era uscito dal portello e aveva urtato il casco del suo proprietario rimbalzando indietro verso un incredulo Duke, che quindi lo ha passato al comandante Young in attesa all’interno.
Duke: «Indovinate cosa ho acchiappato mentre galleggiava fuori dal portello?»
Young e Mattingly: «Cosa?»
Duke: «Un anello»
Mattingly: «Oh, è quello. Vero?»
Duke: «Si, penso sia il tuo. Prendilo John».
Nei successivi due giorni l’equipaggio ha effettuato diverse osservazioni di due sorgenti di raggi X (Cygnus X-1 e Scorpius X-1) attraverso uno spettrometro a raggi X, ha risposto alle domande dei giornalisti durante una conferenza stampa in diretta, ha ripreso l’esperimento già effettuato nel viaggio di andata sui brevi lampi di luce che compaiono a occhi chiusi, ha effettuato una breve correzione di rotta e fotografato ancora una volta la Terra nell’ultravioletto.
Giunto il giorno del rientro a Terra, questa sera alle 20 italiane, la capsula con l’equipaggio si è liberata del modulo di servizio, destinato a bruciarsi completamente durante il rientro.
10 minuti dopo, alla velocità di 39.600 km/h, è iniziato il rientro atmosferico che al suo massimo ha visto salire la temperatura dello scudo termico a quasi 2.500 °C.
Lo sgancio dello scudo termico e l’apertura del piccolo paracadute pilota sono avvenuti regolarmente, seguiti dal rilascio e graduale apertura dei tre grandi paracadute principali, che hanno rallentato la corsa degli astronauti fino a un sicuro splashdown quando in Italia erano le 20:45.
La capsula, inizialmente ammarata con la parte posteriore fuori dall’acqua, si è automaticamente girata nella posizione corretta e in pochi minuti è stata raggiunta dalla squadra di supporto che ha aiutato l’equipaggio a uscire.
Issati a bordo di un elicottero, 37 minuti dopo l’ammaraggio Young, Mattingly e Duke sono arrivati sul ponte della portaerei U.S.S. Ticonderoga dove hanno tenuto un breve discorso di ringraziamento acclamati da tutto l’equipaggio.
Per i prossimi due giorni gli astronauti rimarranno a bordo della portaerei per effettuare dettagliate visite mediche e un primo debriefing della missione e dopo uno scalo aereo alle isole Hawaii, giugeranno a Houston dalle proprie famiglie il prossimo 30 aprile.
Foto credits: NASA.
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