ESA studia il torpore indotto per il viaggio verso Marte

Logo del programma Hybe. Credit: ESA

Addormentare l’equipaggio abbassandone la temperatura corporea durante il lungo viaggio verso Marte salvaguarderebbe la salute degli astronauti e consentirebbe una riduzione di un terzo delle dimensioni della navicella.

Una missione spaziale di lunga durata come quella verso Marte, che potrebbe durare 34 mesi nello scenario classico o 15 in quello più rapido ma più energivoro, oltre che essere una sfida tecnologica sottoporrebbe l’equipaggio a notevoli stress fisici e psicologici.
Progettare un veicolo che abbia notevoli riserve di consumabili (ossigeno, acqua, cibo, energia), di carburante e di sicurezza, e nello stesso tempo spazi privati e volumetria necessari a mantenere in ottima forma fisica e mentale gli astronauti, richiederà notevoli compromessi.
Con questi scopi bene in mente l’agenzia spaziale europea ESA, in collaborazione con alcune università tedesche, ha avviato uno studio sulla biologia dell’ibernazione (torpore) come riduzione fino al 75% dell’attività metabolica che, oltre ad avere effetti positivi sugli astronauti, consentirebbe anche una notevole riduzione dei consumabili inerenti il supporto vitale, quali ossigeno, cibo, acqua, vestiario ecc.

«In condizioni normali, stiamo parlando di circa 30 kg di consumabili per astronauta al giorno», spiega Jennifer Ngo-Anh, coordinatrice dell’ESA Human and Robotic Exploration e una degli autori dello studio. «Dove c’è vita c’è stress, il nostro obbiettivo è quello di minimizzare noia, solitudine e aggressività, tutti sintomi legati al confinamento di più persone in una navicella».

Durante il viaggio ciascun membro passerà il periodo del torpore nella propria cabina personale, dotata di un supporto morbido e schermata contro le radiazioni cosmiche con un’intercapedine d’acqua. Credit: ESA

Sin dagli anni ’80, nel caso di lunghe e complesse operazioni chirurgiche, il paziente può essere condotto in uno stato di ipotermia per ridurne il metabolismo ma, non essendoci un’attiva riduzione dell’energia consumata dall’organismo, non si può parlare di torpore vero e proprio.
Il torpore è un stato indotto naturale che riduce notevolmente il metabolismo di un organismo, una strategia abbastanza comune in quegli animali che vogliono conservare le energie per affrontare condizioni di scarsità di cibo o climaticamente avverse. I numerosi meccanismi naturali escogitati dall’evoluzione giocano a favore dell’ipotesi che, come altri mammiferi, anche gli esseri umani, se adeguatamente stimolati, sarebbero in grado di tollerare in tutta sicurezza lo stato di torpore.

Nel regno animale i campioni indiscussi dell’ibernazione sono sicuramente i tardigradi: invertebrati lunghi da 0,1 a 1,5 mm presenti in tutti gli ambienti terrestri, dalle fosse oceaniche all’Himalaya, che hanno dato prova di stupefacenti capacità sopravvivendo addirittura per 10 giorni nel vuoto dello spazio.
La capacità di ridurre il battito cardiaco, la respirazione e altre funzioni vitali è comune anche negli anfibi, rettili, uccelli e in alcuni mammiferi come gli orsi, il cui processo letargico sarebbe il più idoneo a essere riprodotto nel caso degli esseri umani.
Gli orsi infatti, durante i 6 mesi che passano nel freddo della tana, grazie alla pelliccia e bruciando i grassi, riescono a mantenere la temperatura corporea sopra i 30 °C, un valore del tutto sicuro anche per gli esseri umani. Al risveglio non presentano nessun segno di atrofia muscolare o perdita di massa ossea e in soli 20 giorni recuperano completamente il peso forma. Il loro segreto risiede nell’attività del sistema endocrino che rilascia una serie di ormoni specifici per impedire la perdita eccessiva di massa muscolare, di massa ossea, il rischio di trombosi, di disfunzioni cardiache, azotemia e altri problemi fisici.

Tra i vari ormoni individuati il testosterone (perlopiù maschile) e gli estrogeni (perlopiù femminili), potrebbero giocare un ruolo decisivo nella scelta degli equipaggi. Infatti se gli estrogeni favoriscono il torpore, il testosterone ha l’effetto contrario e questo potrebbe suggerire che le donne potrebbero essere le candidate ideali.

Allo stato attuale la ricerca di come poter indurre artificialmente il torpore nei mammiferi è solamente agli inizi e in nessun modo tale pratica è ancora applicabile all’essere umano. Unitamente a studi più approfonditi sul sonno e ritmi circadiani, la direzione che si ritiene di intraprendere è legata al controllo dei neuroni dell’ipotalamo e della formazione reticolare chiamata anche nuclei del rafe.
Utilizzando gli ultrasuoni su specifiche aree del cervello sarebbe possibile manipolare alcuni meccanismi neurofisiologici e endocrinologici, ma nel caso dell’essere umano questo diventa complicato per la difficoltà di raggiungere l’ipotalamo e la formazione reticolare.
Gli autori dello studio, per sviluppare un farmaco sintetico semplice e sicuro che induca il torpore, suggeriscono quindi che la ricerca continui in maniera multidisciplinare e coordinata.

Novembre 2018, a Tolosa alcuni volontari hanno sperimentato la permanenza in sospensione per simulare alcuni effetti che subiscono gli astronauti fluttuanti sulla ISS, quali perdita di massa ossea, ridistribuzione dei liquidi ecc. CNES–Rémi Benoit, 2019

Indipendentemente dallo scenario di missione utilizzato, i ricercatori hanno individuato alcuni punti inderogabili relativi al trattamento degli astronauti:

  • prima del viaggio gli astronauti dovranno ingrassare secondo un programma stabilito;
  • tutto l’equipaggio verrà posto in ibernazione contemporaneamente;
  • la durata massima sarà di 180 giorni;
  • durante il torpore l’energia richiesta dal corpo sarà ricavata dai tessuti grassi sottocutanei;
  • durante il sonno, all’interno della cabina sarà possibile un minimo di mobilità sul supporto morbido;
  • la temperatura ambiente sarà inferiore a 10 °C;
  • l’umidità dell’aria sarà consona a evitare l’eccessiva traspirazione;
  • l’abbigliamento dovrà essere in grado di mantenere il calore corporeo entro i limiti stabiliti;
  • l’unica risorsa esterna consumata dall’equipaggio dormiente sarà l’ossigeno;
  • l’unico prodotto di scarto, per evitare perdita di liquidi, sarà l’anidride carbonica;
  • nessuna comunicazione sarà possibile tra l’equipaggio e il controllo missione;
  • durante il sonno dell’equipaggio, visto il gap delle comunicazioni con la Terra, tutti i sistemi verranno gestiti in tempo reale da un’intelligenza artificiale di bordo;
  • il periodo nominale di recupero all’uscita del torpore dovrà essere di 21 giorni;
  • in caso di emergenza sarà prevista un’uscita dal torpore nel giro di qualche ora;
  • il periodo che dovrà intercorrere tra due trattamenti di ibernazione sarà nominalmente di 20 settimane e 6 eccezionalmente in caso di emergenza.

Fonte: ESA.

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.