La Cina ha informato le Nazioni Unite che la sua stazione spaziale ha dovuto effettuare manovre per evitare potenziali collisioni con due satelliti Starlink di SpaceX.
Nella nota inviata lo scorso 6 dicembre, ai sensi dell’articolo V del Trattato sullo spazio esterno, la Cina ha dichiarato che la stazione spaziale Tianhe ha dovuto effettuare due cambi di rotta, il 1 luglio e il 21 ottobre, per evitare possibili collisioni con i satelliti Starlink-1095 (2020-001BK) e Starlink-2305 (2021-024N). In entrambi i casi la stazione spaziale era abitata da astronauti (taikonauti nella definizione data dai cinesi), nel primo caso dall’equipaggio della missione Shenzhou-12 mentre nel secondo da quello dalla missione Shenzhou-13.
Tianhe-1, il primo dei tre moduli che contribuisce a realizzare la nuova stazione spaziale cinese, pesante 22 tonnellate, lungo 16,6 m e con un diametro di 4,2 m, è stato lanciato nell’aprile di quest’anno. Al modulo sono attualmente attraccate due navicelle cargo Tianzhou e la navicella Shenzhou-13.
Con questa nota la Cina ha chiesto al segretario generale delle Nazioni Unite di ricordare a tutti che «Gli Stati membri del Trattato hanno la responsabilità internazionale per le attività nazionali nello spazio, compresa la Luna e altri corpi celesti, sia che tali attività siano svolte da agenzie governative che da enti non governativi, e tutti devono assicurare che le attività nazionali si svolgano in conformità con le disposizioni normate dal Trattato».
Quest’ultima affermazione appare come un velato attacco agli USA, che sarebbero stati considerati responsabili degli eventuali danni, anche se la protesta è stata inoltrata tramite le Nazioni Unite e non con un dialogo bilaterale.
La quota operativa dei satelliti Starlink è posta a circa 550 km di altitudine mentre la CSS opera poco oltre i 400 km. La coppia di Starlink si trovava quindi a una quota decisamente più bassa del solito, apparentemente come conseguenza di manovre di deorbitamento per il primo dei satelliti e di innalzamento dell’orbita per il secondo.
Non sappiamo se si sia effettivamente sfiorata la collisione oppure se queste siano state solo manovre precauzionali, in ogni caso la megacostellazione dei satelliti Starlink è stata più volte al centro di diatribe. Le critiche sono legate principalmente all’inquinamento luminoso e al sovraffollamento orbitale. Nel primo caso si teme che il movimento dei satelliti possa interferire con le osservazioni da Terra dello spazio, mentre nel secondo caso si teme che i futuri lanci e operazioni spaziali possano dover calcolare gli effetti di un numero sempre più elevato di oggetti orbitanti, con conseguenze negative sulla pianificazione dei lanci di nuove missioni.
Qualcuno potrà obiettare che in passato anche la ISS ha dovuto schivare in più occasioni detriti spaziali: ricordiamo, ad esempio, le correzioni di rotta per evitare i detriti del satellite cinese distrutto dal test ASAT del 2007, così come ricordiamo che nel 2019 era toccato al satellite Aeolus di ESA schivare uno Starlink. È indubbio che tutti questi siano segnali evidenti del crescente affollamento della bassa orbita terrestre (LEO) che comporta come conseguenza l’incremento del rischio di collisioni che costituirebbero una minaccia per le infrastrutture spaziali da cui dipendono molti aspetti della vita quotidiana.
Qualche giorno dopo “l’incidente”, Elon Musk ha dichiarato che «Lo spazio è estremamente vasto mentre i satelliti sono molto piccoli. Questa non è una situazione in cui stiamo effettivamente bloccando gli altri in alcun modo. Non abbiamo impedito nulla a nessuno, né ci aspettiamo di farlo».
Una possibile soluzione al problema dei detriti spaziali, benché di non imminente realizzazione, viene ipotizzata da Gwynne Shotwell, direttrice generale di SpaceX, che vedrebbe l’utilizzo di Starship, l’imponente razzo attualmente in fase di costruzione che dovrebbe portare l’uomo sulla Luna e poi su Marte, nel ruolo di spazzino spaziale adibito al recupero di detriti e satelliti non più funzionanti.
SpaceX ha lanciato quasi 1.950 Starlink, di cui circa 1.800 attivi, con la previsione di realizzare una costellazione composta da oltre 12.000 satelliti, già approvata dalla U.S. Federal Communications Commission, con l’idea di immetterne ulteriori 30.000 su orbite e altitudini diverse.
Dopo la pubblicazione della notizia sui media locali, su Elon Musk sono piovute numerose critiche dagli utenti cinesi di Internet. Global Times, un tabloid con sede a Pechino noto per le sue posizioni nazionalistiche, ha citato in un articolo un commentatore aerospaziale cinese che il 27 dicembre aveva dichiarato che SpaceX potrebbe aver operato in questo modo per osservare la risposta cinese. Evitare i detriti spaziali richiede una notevole capacità di rilevare, tracciare e calcolare le traiettorie degli oggetti nell’orbita terrestre bassa, oltre che essere in grado di intervenire rapidamente per modificare la rotta di un veicolo spaziale.
Il prossimo futuro vedrà altre società, come ad esempio OneWeb, e paesi come la Cina, realizzare in LEO megacostellazioni di satelliti.
Fonte: ONU, SpaceNews.com