Rocket Lab svela i dettagli del suo nuovo lanciatore riutilizzabile Neutron
Nel corso di una presentazione diffusa in streaming su YouTube ieri, 2 dicembre, Peter Beck ha svelato i dettagli del nuovo vettore riutilizzabile dell’azienda aerospaziale neozelandese/statunitense Rocket Lab, che presenta una prospettiva del tutto originale e fortemente innovativa al concetto di riuso del lanciatore da lui stesso definito “un razzo del 2050”. Ecco il video della presentazione.
Le parole chiave che contraddistinguono il progetto sono dunque, secondo Beck, economicità, affidabilità e rapido riutilizzo. Rocket Lab vuole implementare al meglio queste caratteristiche per rafforzare il suo ruolo di leader nel mercato dei lanciatori per carichi di massa medio-piccola, che attualmente si sta facendo sempre più affollato, e per dire la sua anche nella messa in orbita di future costellazioni.
Neutron è stato progettato letteralmente attorno a questa tipologia di satelliti, che secondo Beck costituiranno la maggioranza di quelli costruiti nel corso del prossimo decennio.
Le caratteristiche tecniche di Neutron
Neutron sarà un razzo bistadio, avrà un’altezza di 40 metri, un diametro di 7 metri alla base e di 5 metri per l’ogiva. Potrà lanciare in LEO payload fino a 8.000 kg in configurazione riutilizzabile, (circa un terzo della capacità del Falcon 9 di SpaceX) o di 15.000 kg se lanciato a perdere. La massa totale al decollo sarà di 480.000 kg. La sagoma del razzo è stata studiata per minimizzare lo stress aerodinamico e per minimizzare l’effetto delle onde d’urto al rientro.
Il primo stadio del lanciatore sarà dotato di sette propulsori Archimedes. Ciascuno di questi avrà una spinta di 1 meganewton e 330 secondi di impulso specifico; i motori saranno alimentati a metano e ossigeno liquidi e sfrutteranno un tradizionale ciclo a generatore di gas. La spinta complessiva al decollo sarà di 5.960 kN, la massima di 7.530 kN.
Il secondo stadio, del quale poco è stato rivelato, sarà dotato di un solo motore Archimedes a METALOX ottimizzato per funzionare nel vuoto, con una spinta di 1.110 kN.
Nelle parole di Beck, la scelta di progettare i propulsori Archimedes in questo modo è legata alla precisa volontà di avere un motore relativamente semplice e affidabile, che unito alla massa ridotta del razzo garantita dall’uso di materiali compositi, consentirà di utilizzare i motori a pressioni e regimi lontani dai loro limiti teorici. Questo dovrebbe ridurne l’usura e le probabilità di guasto. Il primo test dei motori Archimedes è previsto per il 2022.
La struttura di Neutron sarà costituita da pannelli di fibra di carbonio realizzati con tecnologie proprietarie di Rocket Lab tramite impianti totalmente automatizzati, contenendo i costi e massimizzando la velocità di produzione. Peter Beck ha dedicato un tempo notevole a questo passaggio, dimostrando nella pratica la “fragilità” di pannelli in alluminio e acciaio inox (il materiale usato da SpaceX) rispetto alla fibra di carbonio, più leggera e resistente.
Le “zampe” di atterraggio saranno montate in coda al primo stadio, saranno semplici, fisse e fungeranno sia da supporto sia da superfici aerodinamiche.
Il profilo di missione
Una tipica missione di Neutron non si discosta, concettualmente, da quanto SpaceX già svolge con i suoi Falcon 9. Il primo stadio porterà il secondo stadio e il carico pagante alla quota prevista per la separazione, per poi invertire la marcia e tornare a terra per essere recuperato. Il secondo stadio, non recuperabile, proseguirà la corsa per portare in orbita il payload.
Le differenze sostanziali stanno dunque nei dettagli di come Rocket Lab intende operare il suo lanciatore. In una scelta progettuale mai vista fino ad oggi, il secondo stadio sarà letteralmente rinchiuso dentro al primo, “appeso” a un apposito supporto dal quale verrà rilasciato grazie all’apertura dei petali dell’ogiva. Quest’ultima non sarà quindi a perdere, ma i suoi segmenti resteranno agganciati al primo stadio e si richiuderanno prima di rientrare.
Inoltre, il razzo sarà destinato a rientrare sempre al sito di lancio (RTLS), e non effettuerà ammaraggi su chiatta. Il controllo attivo delle fasi finali del rientro avverrà tramite l’uso di piccole alette canard montate alla base dell’ogiva.
Una volta atterrato, al suo interno saranno montati un nuovo secondo stadio con il relativo carico, e dopo essere stato rifornito, Neutron sarà pronto a ripartire in tempi rapidi.
Una via alternativa all’innovazione dei lanciatori
Le innovazioni incorporate in Neutron sono molteplici e interessanti. Dalla scelta dei materiali per finire con il concetto stesso di missione, varie scelte di Rocket Lab sono divergenti da quelle cui SpaceX ci ha abituato fino ad oggi. Falcon 9 e Starship sono due pesi massimi, e non andrebbero confrontati direttamente con Neutron. Tuttavia non è improprio comparare specifiche scelte progettuali messe in atto per risolvere lo stesso problema.
Dettagli quali gambe di atterraggio fisse contro gambe retrattili (o assenti, nel caso di Starship), alette canard contro grid fin, ogive da ripescare in mare contro ogive fissate al vettore, secondo stadio strutturale contro stadio ultraleggero contenuto nel primo, sono novità assolute che ci mostrano come non tutti gli innovatori abbiano trovato impiego presso SpaceX.
In chiusura di presentazione non è mancata una frecciatina rivolta sia alle tempistiche iperottimiste di Elon Musk, sia ai ritardi di Blue Origin. Peter Beck è stato lapidario: «Quando in Rocket Lab diciamo che faremo qualcosa, lo facciamo». E guardando alle cose che Rocket Lab ha realizzato dalla sua fondazione nel 2006 fino ad oggi, dovremmo prenderlo sul serio.
Fonti: Rocket Lab
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