Oggi 10 dicembre è stato lanciato da Jiuquan, in Cina, il vettore Lunga Marcia 4B, che ha portato in orbita un altro satellite Shijian, raggiungendo il simbolico traguardo di 400 voli della famiglia nazionale di lanciatori. Si tratta del satellite Shijian 6 del gruppo 05, destinato a scopi militari non divulgati con precisione, probabilmente di attività di intelligence per rilevamento di tipo ELINT.
Ormai la Cina è una potenza spaziale largamente consolidata, può contare su una famiglia di lanciatori molto variegata e versatile, adatta a tutte le necessità, un governo che supporta generosamente le attività spaziali e le esibisce con orgoglio ai propri cittadini, vari proficui agglomerati di costruttori privati di satelliti, una forte spinta militare e un settore scientifico in moderata espansione.
Dal 2018 la Cina è la nazione che detiene ogni anno il record di lanci orbitali effettuati dal proprio territorio e prevede nei prossimi anni un’espansione delle attività notevole, ma in passato non è stato così. La corsa allo spazio cinese è iniziata un anno dopo il lancio dello Sputnik 1 nel 1957, sulla spinta di Mao Zedong di eguagliare i vicini sovietici in tutti i campi con la proposta ufficiale al Consiglio Nazionale del Partito nel 1958.
Gli obiettivi iniziali erano ambiziosi e irrealistici, soprattutto se si considera il livello di avanzamento tecnologico della Cina in quegli anni. L’idea originaria era di partire in tre fasi, la prima con dei lanci suborbitali, il cui sviluppo era già iniziato prima dell’approvazione ufficiale del programma, la seconda con dei lanci orbitali di piccoli satelliti dimostrativi già dal 1959, la terza con lanci orbitali di satelliti operativi.
La prima fase durò (molto) più del previsto, con il primo lancio del razzo T-7 avvenuto nel 1960, con una capacità nominale di raggiungere una quota di 58 km con 25 kg di carico utile. L’origine del nome è incerta, ma assomiglia a R-7 con cui i sovietici svilupparono le loro capacità astronautiche. Sebbene il nome possa evocare analogia, dimensioni e capacità sono notevolmente ridotte, il T-7 aveva infatti un’altezza di soli 8 metri e un diametro di 45 cm.
Il primo lancio orbitale avvenne il 24 aprile del 1970, con il vettore Chang Zheng 1 (CZ-1) o Lunga Marcia 1 (LM-1), un derivato di un missile ICBM, che portò in orbita il satellite Dong Fang Hong 1, con un carico di ben 173 kg. La Cina diventò così la quinta potenza a riuscire a raggiungere autonomamente l’orbita, dopo Unione Sovietica, Stati Uniti, Francia e Giappone. L’esordio fu anche notevole, in quanto la massa del primo carico era decisamente superiore al totale delle masse dei primi lanci delle quattro potenze precedenti. Il nome scelto per la famiglia di lanciatori evoca la gigantesca ritirata militare del 1934–1935 dell’esercito dell’Armata Rossa Cinese, che marciò per 12.000 km sotto il comando di Mao.
Il secondo lancio avvenne l’anno dopo, nel 1971, sempre con un CZ-1; fu anche l’ultimo volo di quel vettore, che concluse la seconda fase del programma, quella dimostrativa. Il terzo volo avvenne solamente nel 1974, con il primo vettore CZ-2, e si concluse con un fallimento della missione. Gli sviluppi restavano lenti, ci furono un totale di soli sei lanci nel decennio 1970–1980, e dopo la morte di Mao nel 1976 il programma subì un brusco stop.
Le attività ripresero con continuità dal 1982, con l’esordio di una versione migliorata, il CZ-2C, un lanciatore tutt’ora in esercizio; un ulteriore decisivo slancio all’attività astronautica fu dato dal disastro dello Space Shuttle Challenger nel 1986, che causò uno stop improvviso nella cadenza di lanci statunitensi e, di conseguenza, aumentò notevolmente la coda dei satelliti da lanciare. Fu un’ottima occasione per la Cina, che aveva da poco aperto i confini della sua economia al mondo esterno, diventando politicamente la “fabbrica del mondo”, come è stata denominata a inizio millennio.
Alcuni satelliti che dovevano essere lanciati con lo Space Shuttle vennero rediretti a un vettore cinese, come l’AsiaSAT 1, che venne lanciato con un CZ-3 nel 1990, divenendo il primo satellite straniero lanciato dalla Cina. Le attività aerospaziali divennero un’importantissima risorsa economica per la nazione a quel tempo – dopotutto si trattava ancora di una nazione sottosviluppata, con infrastrutture improvvisate. Gli introiti derivati dai lanci dei satelliti commerciali costituirono una fetta considerevole del prodotto interno lordo nazionale, una peculiarità decisamente unica al mondo.
Un altro stop importante avvenne nel 1996, e le conseguenze si riflettono ancora sull’astronautica moderna. Nel 1995 ci fu un incidente che portò alla distruzione di un satellite commerciale, e nel 1996 il maggior disastro dell’astronautica cinese: un CZ-3B deviò considerevolmente dalla traiettoria andandosi a schiantare in un villaggio vicino, provocando la morte di sei cittadini, numerosi feriti e la distruzione del carico Intelsat 708.
Oltre i danni del lancio in sé, l’evento innescò uno spiacevole dibattito negli Stati Uniti relativo all’espansione delle attività cinesi nello spazio, provocando di fatto un embargo verso la Cina, con il divieto di esportare qualunque tecnologia che potesse permettere la prolificazione di armi balistiche (ITAR). La decisione impose il blocco anche ai partner statunitensi, limitando, di fatto, l’uso di costruttori europei di satelliti di usare lanciatori cinesi. Le limitazioni statunitensi non si interruppero, anzi si inasprirono fino ai giorni nostri.
Negli anni 2000 la Cina si trasformò da paese sottosviluppato a economia emergente, e iniziò a produrre servizi dallo spazio anche per sé stessa, diminuendo la dipendenza dall’estero. Grazie alla capacità del Lunga Marcia 3 di lanciare carichi in orbita geostazionaria, la Cina ha iniziato a sviluppare servizi commerciali dapprima per i propri cittadini e poi per il mercato globale, come ad esempio il servizio di posizionamento globale Beidou.
Si concentrò molto anche sull’affidabilità dei suoi lanciatori, raggiungendo dal 1996 al 2009 una serie di 75 missioni completate con successo. Tra queste missioni, due in particolare costituiscono una pietra miliare importante nello sviluppo delle attività spaziali domestiche: la missione Shenzhou 5 lanciata con un CZ-2F nel 2003 che portò il primo astronauta cinese nello spazio, Yang Liwei, e Chang’e 1 lanciata con un CZ-3A nel 2004, che portò la prima sonda cinese nello spazio profondo, in orbita attorno alla Luna.
Successivamente le attività spaziali hanno iniziato ad acquisire un ruolo strategico nello sviluppo interno e internazionale, ed è stata necessaria un’innovazione della flotta per mantenere alto il servizio di accesso allo spazio. Gli ultimi anni hanno infatti visto una crescita enorme delle attività spaziali: basti pensare che una metà dei lanci effettuati con i Lunga Marcia è avvenuta tra il 1970 e il 2014 e l’altra metà tra il 2014 e il 2021. In particolare gli ultimi 100 lanci, un quarto del totale, sono avvenuti tra il 2019 e il 2021.
Per far fronte alla crescente domanda, dal 2015 sono entrati in servizio alcuni nuovi lanciatori. I primi sono stati il CZ-6 e il CZ-11, dei lanciatori leggeri per coprire il mercato dei piccoli satelliti. Nel 2016 hanno fatto il loro esordio due lanciatori pesanti, CZ-5 e il CZ-7, con due varianti successive, 5B e 7A, entrate in servizio nel 2020. Un anno fa ha debuttato anche il CZ-8, il primo razzo della famiglia progettato per il riutilizzo del primo stadio.
Grazie alla seconda generazione di razzi, la Cina ha potuto realizzare imprese che erano impossibili con la precedente, come la costruzione della prima stazione spaziale modulare (in passato si era potuto costruire solo stazioni non modulari e di dimensioni ridotte, Tiangong 1 e 2), e la prima missione su Marte, Tianwen-1. Anche la missione di campionamento della superficie lunare, Chang’e 5, era difficilmente realizzabile con le vecchie tecnologie di accesso allo spazio.
Rimane ancora da assistere al debutto del CZ-6A, che molto probabilmente farà il suo volo inaugurale nel 2022, ma per il futuro un po’ più remoto (2028–2030) c’è in programma una nuova generazione di vettori, con due lanciatori superpesanti, che ancora non hanno un nome ufficiale, anche se circola qualche indiscrezione da fonti interne alla CNSA durante le varie convention.
Il primo potrebbe essere il CZ-5DY, progettato principalmente per il trasporto umano oltre l’orbita terrestre, il secondo il CZ-9, per portare in orbita carichi oltre le 100 tonnellate. Entrambi questi razzi servono a rispondere alle nuove esigenze di esplorazione spaziale della Cina dal 2030 in poi, che prevede di costruire una base operativa sulla Luna con equipaggio umano a partire dal 2030.