Lanciata DART, la freccetta che colpirà un asteroide
Oggi 24 novembre, alle 7:21 italiane (le 06:21 UTC), SpaceX ha lanciato con successo la missione Double Asteroid Redirection Test (DART) con un razzo Falcon 9. Il vettore è decollato dalla rampa Space Launch Complex 4E del centro spaziale Vandenberg SFB, California, USA. Si è trattato del volo numero 85 partito da questa rampa, del terzo riutilizzo del primo stadio del lanciatore, della seconda missione interplanetaria lanciata quest’anno, ma soprattutto della prima missione in assoluto che tenterà di deviare un asteroide dalla sua traiettoria.
Il lancio si è svolto senza particolari problemi. A 156 secondi dal decollo, il primo stadio si è separato e ha iniziato la manovra di rientro verso la piattaforma galleggiante OCISLY, dove è atterrato in piedi per essere riutilizzato. Il secondo stadio ha proseguito la missione, portando la sonda a una velocità tale da portarsi in orbita eliocentrica, per poi separarsi da essa. È la prima volta in assoluto che un razzo Falcon 9 lancia il proprio carico nello spazio interplanetario.
La missione è finanziata dal PDCO, Planetary Defense Coordination Office, un’organizzazione all’interno della divisione di scienze planetarie, che a sua volta fa parte del dipartimento di scienze della NASA. L’obiettivo della missione è andare a colpire un piccolo asteroide con una sonda per deviarlo in modo visibile e misurabile direttamente da Terra. L’asteroide scelto è in realtà non un corpo singolo ma un asteroide binario, 65803 Didymos, e la sonda andrà a colpire la più piccola delle due componenti, la piccola luna Dimorphos di 160 metri di diametro, che orbita attorno al corpo principale (dal diametro di 780 metri) a una distanza di poco più di un chilometro con un periodo di 12 ore. Sarà la variazione del periodo a essere misurata da Terra.
Didymos non è un asteroide geosecante, non passerà mai vicino la Terra, nemmeno dopo la deviazione, e i detriti procurati dall’impatto non possono pregiudicare in nessun modo il servizio dei satelliti in orbita attorno alla Terra. L’impatto avverrà tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre 2022, quando l’asteroide si troverà a 11 milioni di chilometri dalla Terra, abbastanza lontano da non destare preoccupazioni, ma abbastanza vicino da poter essere osservato con i potenti mezzi terrestri.
Nonostante la vicinanza della destinazione, il viaggio non sarà breve in termini di tempo. DART è una sonda relativamente piccola, solo 670 kg di massa totale, e dotata di motori impulsivi e di un motore a ioni NEXT-C molto efficiente, con un impulso specifico di 4.170 secondi (a confronto l’impulso specifico dei motori Merlin del Falcon 9 che l’hanno lanciata è di circa 300 secondi). Per questo motivo è necessaria una piccola quantità di propellente, 60 kg di xeno nello specifico, per riuscire a raggiungere l’asteroide partendo dall’orbita bassa. I motori sono alimentati da pannelli fotovoltaici srotolabili, ROSA, testati per l’occasione qualche anno fa sulla ISS.
Inizialmente si era pensato di usare esclusivamente classici motori a idrazina, ben più comuni ed economici, ma in questo caso il lanciatore avrebbe dovuto inserire la sonda direttamente in orbita eliocentrica, aumentando di molto i costi di lancio e superando così il risparmio sui motori. Inoltre, la lenta ed efficiente spinta dei motori a ioni consente alla sonda di correggere meglio eventuali errori di inserimento nella traiettoria, riuscendo a coprire anche malfunzionamenti e mancate accensioni della durata di settimane, riducendo ulteriormente i rischi della missione. È addirittura prevista una manovra di recupero in caso la sonda manchi del tutto il bersaglio: correggendo la traiettoria dopo il primo fallimento, si potrà ritentare dopo due anni.
La sonda effettuerà così dapprima delle manovre per aumentare la quota dalla Terra, spiraleggiando verso l’esterno, infine lascerà l’orbita terrestre per inserirsi in un’orbita eliocentrica molto simile a quella della Terra, a circa un’unità astronomica di distanza dal Sole. Durante il suo lungo viaggio adopererà il motore NEXT-C per posizionarsi nella traiettoria finale, in particolare per cambiare piano orbitale di 3,6° e permetterle di impattare con l’asteroide. Le manovre di piano orbitale sono molto dispendiose in termini di carburante, infatti quasi tutto verrà consumato proprio per questa variazione necessaria.
Prima dell’incontro con Didymos, a maggio 2022 potrebbe esserci l’occasione per un sorvolo ravvicinato di un altro asteroide, 2001 CB₂₁, che verrà osservato dall’unico strumento scientifico a bordo della sonda, DRACO, Didymos Reconnaissance and Asteroid Camera for Optical navigation. Al termine della missione, a circa 30 giorni dall’impatto, la sonda userà proprio DRACO per affinare la mira, e se sarà necessario aggiustare il tiro, utilizzerà i suoi meno efficienti ma più impulsivi motori a idrazina.
DART non è sola. Con lei viaggia anche un CubeSat da 6 unità, LICIACube (Light Italian CubeSat for Imaging of Asteroids), realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), che verrà espulso dalla sonda 10 giorni prima dell’impatto. Il satellite italiano ha la capacità di comunicare direttamente con la Terra ed è dotato di due strumenti ottici diversi, capaci di tracciare l’asteroide e fornire immagini a Terra sia prima sia dopo l’impatto. Si tratta della prima missione italiana nello spazio profondo. Inoltre per il 2027 è previsto l’arrivo di un’altra sonda, Hera, che studierà più in dettaglio il sito di impatto e la composizione dell’asteroide.
La missione ha un budget di 324 milioni di dollari, di cui la maggior parte spesi per lo sviluppo della sonda. Il costo è decisamente molto basso per una missione interplanetaria, ma i risultati che si raggiungeranno col suo successo saranno notevoli. Intanto la sonda è sperimentale, possiede motori e pannelli fotovoltaici mai usati prima d’ora, quindi è già di per sé un ottimo dimostratore tecnologico. Anche i risultati scientifici saranno importanti, in quanto ci permetteranno di avere conoscenze più dirette di un corpo celeste vicino alla Terra. Inoltre è il primo passo concreto verso lo sviluppo di tecniche di difesa planetaria contro la minaccia di asteroidi che potrebbero creare danni seri alla Terra.
Al momento non c’è nessun rischio concreto che un asteroide possa schiantarsi sulla Terra con impatto distruttivo sensibile. Quello che si è fatto finora è stato monitorare e catalogare la maggior parte degli asteroidi e non c’è assolutamente niente che possa impensierire l’umanità per i prossimi 100 anni da questo punto di vista. Non è escluso che in futuro possa venire scoperto un piccolo asteroide sfuggito all’osservazione, che possa arrecare danni a una ristretta località della superficie terrestre. In casi come questo è bene premunirsi per tempo, sviluppando e tenendo pronta una tecnologia adeguata. Una sonda come DART non sarà in grado di soddisfare questi requisiti, è solo il primo passo di un lungo percorso.
Fonti
Questo articolo è © 2006-2024 dell'Associazione ISAA, ove non diversamente indicato. Vedi le condizioni di licenza. La nostra licenza non si applica agli eventuali contenuti di terze parti presenti in questo articolo, che rimangono soggetti alle condizioni del rispettivo detentore dei diritti.