A ventitré anni dalla messa in orbita di Zarja, il primo tassello della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), avvenuta il 20 novembre 1998, un nuovo modulo ha preso la via per lo spazio dal Cosmodromo di Bajkonur, quando in Italia erano le 14:06 del 24 novembre 2021. Si tratta del modulo di connessione Pričal, il settimo e ultimo componente del segmento russo a essere aggiunto all’avamposto spaziale, il sesto operativo dopo la dismissione di Pirs nel 2021 che ha lasciato il posto al laboratorio Nauka.
Pričal ha raggiunto senza problemi l’orbita terrestre bassa per mezzo di un lanciatore Sojuz 2.1b e non con la versione “2.1a” impiegata abitualmente nei lanci di Sojuz e Progress. Il “2.1b” era la scelta obbligata per questa missione, infatti il diverso propulsore del terzo stadio (Block-I) garantiva una migliore capacità di carico (una tonnellata in più), necessaria per far fronte alla massa al decollo del modulo di poco superiore alle otto tonnellate.
Non essendo munito di un proprio sistema di propulsione, Pričal è stato guidato verso la Stazione Spaziale Internazionale da un rimorchiatore derivato dal modulo di servizio di un veicolo cargo Progress appositamente preparato per questa missione, noto con il nome di Progress M-UM, e del tutto analogo a quelli impiegati per la consegna di Pirs e Poisk. Il rimorchiatore, una volta esaurita la sua funzione, si sgancerà da Pričal nella notte fra il 21 e 22 dicembre, per poi distruggersi in sicurezza nell’atmosfera terrestre.
Poco più di 50 ore dopo il decollo, alle 16:19 italiane del 26 novembre, Pričal si è agganciato regolarmente al boccaporto inferiore di Nauka sotto la supervisione attenta dei cosmonauti Anton Škaplerov e Pëtr Dubrov, pronti a procedere all’attracco manuale tele-operato se la situazione l’avesse reso necessario. Quattro ore più tardi, i due cosmonauti sono entrati nel modulo appena arrivato, non prima però dei consueti controlli di tenuta e di equalizzazione della pressione. Pričal non ha viaggiato scarico: al suo interno, infatti, sono stati stoccati 584 kg di approvvigionamenti per l’Expedition 66, una parte dei quali comprendente il materiale per la messa in servizio del modulo, incluso l’occorrente per le attività extraveicolari russe del 19 e 27 gennaio 2022 a lui dedicate.
La storia
L’origine di Pričal è in qualche modo legata alla travagliata storia di Nauka, in particolare al destino del Funkcionalʹno-Gruzovoj Blok 2 (FGB-2) ossia il modulo pressurizzato costruito da metà anni ’90 come ripiego in caso di imprevisti nel lancio di Zarja. All’alba del nuovo millennio, Roskosmos insieme alle società appaltatrici Centro Chruničev e RKK Energija valutarono l’ipotesi di riconvertire FGB-2, ultimato al 70% e riposto nel frattempo in magazzino, nello Universal’nyj Stykovočnyj Modul’ (USM in breve) caratterizzato a una estremità per la presenza di un compartimento di connessione (nodo) con ben cinque porte di attracco – una assiale e quattro radiali – destinate all’aggancio di moduli scientifici specializzati e di veicoli cargo oppure con equipaggio.
Tuttavia, a causa della carenza di fondi statali di cui soffrì Roskosmos e complice la complessità di realizzazione, il progetto non vide mai la luce. Nel 2004, però, FGB-2 fu recuperato e utilizzato come base di partenza per Nauka. Malgrado ciò, il concetto del nodo di attracco sferico pensato per USM, simile a quello del modulo base della stazione spaziale sovietica Mir, è stato profondamente rivisto ed evoluto fino a prendere le forme di Pričal.
Un passo indietro per farne due avanti. Un’unità a sé stante dal corpo principale di un modulo ha un indubbio risvolto positivo secondo Roskosmos, poiché risolverebbe eventualmente quei problemi che affliggono la camera di transizione di Zvezda. Inoltre ciò ha permesso di ricavare un volume interno molto maggiore rispetto ad esempio il nodo di connessione dello stesso Zvezda o della Mir, passando da circa 6 m³ del primo ai 19 m³ di Pričal.
L’apparenza inganna
Una metafora di uso comune asserisce: «Mai giudicare un libro dalla sua copertina». Pričal non fa eccezione! Infatti dentro e fuori l’innocuo scafo sferoidale si nascondono alcune particolarità tecnologiche che segnano il nuovo corso della prossima generazione di moduli russi, già aperto – seppur in modo parziale – da Nauka.
A tal proposito Dmitrij Rogozin, il direttore generale di Roskosmos, in un episodio della serie General’s Line ha spiegato che il settore spaziale russo sta entrando in una sorta di transizione tecnologica, e in questo Pričal rappresenta lo snodo tra le navicelle spaziali oggi in servizio – Sojuz e Progress inossidabili al tempo – e quelle in via di sviluppo come Orël, il veicolo il trasporto di equipaggi verso l’orbita terrestre bassa e lunare. All’orizzonte c’è anche una diversa filosofia del modo di costruire e di manutenere gli avamposti spaziali modulari, abitati sì ma non permanentemente come la ISS, che dipende quotidianamente da un equipaggio a bordo, affinché possa restare attiva. L’architettura di Pričal fungerà in questo senso da prototipo per i moduli della Stazione di Servizio Orbitale Russa (ROSS in inglese) che vedrà la luce dopo il 2025.
Con Nauka e Pričal, l’industria spaziale russa ha avviato un processo di ammodernamento dei propri standard di attracco e ha fornito una dimostrazione del concetto di plug & play, ossia collega e usa. Esso si basa sull’impiego di interfacce esterne particolari, dette anelli adattatori, da applicare o rimuovere da un determinato boccaporto per renderlo idoneo alla ricezione di moduli oppure di veicoli, aprendo la possibilità di accogliere navicelle non russe, come le Crew Dragon di SpaceX. Il distacco della Progress MS-17, avvenuto il 25 novembre, ne è la testimonianza. Infatti ha sganciato da Nauka un anello avente un diametro interno di 800 millimetri e otto chiavistelli meccanici che permette l’ormeggio di navicelle ma non di moduli, che hanno bisogno di 12 chiavistelli disposti esternamente a una circonferenza avente un diametro di 1.200 millimetri.
Non c’è evoluzione se non si guarda al passato. Come detto in precedenza, per Roskosmos Pričal è il banco di prova per la stazione spaziale nazionale (ROSS) che pian piano si sta concretizzando, almeno per il momento, sulla carta. Ben nascosti sotto alcuni cappucci protettivi, durante la preparazione del modulo al lancio a Bajkonur, si potevano individuare sulla superficie esterna due sporgenze cilindriche: i punti di aggancio e di rotazione di un primordiale braccio robotico (Ljappa) che servirà a riposizionare i moduli dal boccaporto inferiore (assiale) a uno dei quattro laterali (radiali).
Questa soluzione ingegneristica, adottata per la prima volta sulla Mir e ripresa recentemente su Tianhe (il fulcro della stazione spaziale cinese), riduce sensibilmente gli stress sulla struttura dell’avamposto orbitante indetto da un cambio di assetto. Difficilmente vedremo Ljappa in azione sulla Stazione Spaziale Internazionale, dal momento che esso si troverà sul modulo che sarà lanciato.
Fonte: Roskosmos