Con il lancio ora fissato a fine 2022, Euclid, il telescopio spaziale di ESA per lo studio di materia ed energia oscure, si avvicina alle fasi finali di assemblaggio e test, la cosiddetta ATLO (Assembly, Testing and Launch Operations). Uno degli ultimi test completati si è svolto presso gli stabilimenti del Centre Spatial de Liège (CSL) in Belgio, dopo che il telescopio aveva raggiunto il paese nell’aprile 2021, e ha riguardato la capacità di Euclid di operare nelle condizioni che troverà durante la sua vita operativa, in orbita attorno al punto lagrangiano L₂.
L’osservatorio spaziale, ancora sprovvisto del modulo di servizio, è stato posto per 60 giorni all’interno di una enorme camera a termovuoto, in cui la temperatura era di −150 °C. In precedenza è stata anche verificata la capacità di osservazione, sfruttando un collimatore (un telescopio utilizzato al contrario) per simulare la luce proveniente da galassie molto deboli che, messa a fuoco da entrambi gli strumenti di Euclid, ha prodotto immagini e spettri. I due apparati sono stati progettati da circa 1.000 scienziati di 100 istituti di 13 paesi europei (il cosiddetto Euclid Consortium), assieme a dei contributi di NASA.
Sebbene i test si siano conclusi con successo, non si può dire altrettanto per l’inizio degli stessi: NISP (Near Infrared Spectrometer and Photometer), lo strumento dedicato alla misura del redshift (lo spostamento verso il rosso della luce delle galassie che corrisponde a un loro allontanamento), ha avuto un malfunzionamento all’interno della camera a termovuoto.
Dalle parole di Paolo Strada, Senior Instrument Engineer di ESA per Euclid, si evince che il modello difettoso era quello di volo (flight model), in passato testato, formalmente accettato e integrato su Euclid assieme al banco ottico, la fotocamera e altri componenti. Il problema ha riguardato l’impossibilità di acquisire immagini in quanto, dopo la prima, lo strumento non rispondeva più ai comandi. Sempre Strada porta un paragone molto utile a rappresentare la situazione.
«Si immagini di avere una fotocamera digitale e voler scattare una serie di fotografie: dopo la prima, riuscita senza intoppi, non è possibile attivare nessun comando, regolare i parametri né aprire o chiudere l’otturatore. L’unica soluzione attuabile è il riavvio della fotocamera, che permette di ottenere nuovamente una prima immagine senza difetti, in seguito alla quale non è più possibile comandare lo strumento, costringendo a un altro riavvio».
Una soluzione di questo tipo non è conveniente né nella situazione descritta né tanto meno ad un telescopio spaziale, come Euclid, per di più in orbita attorno al punto L₂ e non raggiungibile da una eventuale missione umana di riparazione, come fu per Hubble nel corso degli anni.
A questo inaspettato inconveniente si è aggiunto il fatto che oramai Euclid fosse all’interno della camera a termovuoto, che i test per gli altri apparati stessero dando esito positivo e che le motivazioni dell’anomalia fossero ancora ignote. I tecnici, non potendo osservare direttamente NISP ed essendo in grado solamente di estrapolare dati dalla telemetria in arrivo, stavano cominciando a progettare una seconda campagna di test per poter prima risolvere il problema e poi verificare il normale funzionamento dei sistemi, aggiungendo però settimane o mesi alla tabella di marcia.
In ogni caso, prima di seguire questa possibilità è stato costituito un Tiger Team composto da esperti di ESA e dell’industria aerospaziale. Tra di loro vi era anche Felix Siegle, On-Board Computers and Data Handling Section di ESA, il quale, dopo aver letto la documentazione ed essersi consultato con gli ingegneri, ha individuato in un bug software il problema. «Se l’errore fosse stato relativo a qualche componente fisico ci si sarebbe aspettati un comportamento intermittente, in risposta alla variazione delle condizioni ambientali, a differenza però di quello che si osservava, dove la comparsa era a ogni ciclo». Ha comunicato così al team di Euclid di indagare il codice sorgente, alla ricerca della porzione in cui la trasmissione dei dati potesse sovrapporsi con il controllo dello strumento. Una volta individuato il bug si è compreso che causava una errata interpretazione di un segnale; questo indicava che la telemetria e l’interfaccia di comando al sensore dello strumento fossero guaste e ne comandava lo spegnimento.
Ci si potrebbe chiedere come mai inizialmente non ci siano stati problemi e che siano stati rilevati solo in una fase avanzata della campagna di verifica. A tal proposito Siegle spiega che «una piccola variazione nella disposizione dei cavi tra i vari test, unitamente alle temperature criogeniche, ha portato a un aumento del tempo di propagazione del segnale dai sensori al computer, portando il ritardo massimo di ricezione oltre i limiti imposti». In ogni caso il problema, se scoperto una volta raggiunta l’orbita, sarebbe stato facilmente risolvibile con un aggiornamento del software.
In conclusione, nonostante questo breve intoppo, che inizialmente aveva fatto temere il peggio, Euclid prosegue sulla timeline prevista. Il prossimo avanzamento sarà a Torino, negli stabilimenti di Thales Alenia Space, con l’integrazione tra il modulo di servizio e il carico utile (che contiene il telescopio e altri strumenti). Seguiranno una serie di test meccanici e un altro nella camera a termovuoto, per assicurarsi che l’osservatorio al completo sia pronto per essere spedito in Guyana Francese, dalla quale decollerà a bordo di un Sojuz STB diretto al punto lagrangiano L₂, a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra.