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VKD-49: il primo passo per rendere Nauka tutt’uno con la ISS

Oleg Novickij in mezzo alle tute Orlan-MKS impiegate nella VKD-49. Credit: Roskosmos

Con l’attività extraveicolare (EVA) dello scorso 3 settembre ad opera dei cosmonauti Oleg Novickij e Pëtr Dubrov, due dei sette membri dell’equipaggio dell’Expedition 65, ha avuto inizio l’integrazione del laboratorio russo Nauka alla Stazione Spaziale Internazionale. Il nuovo modulo, che ha rimpiazzato Pirs, è arrivato il 29 luglio e i cosmonauti hanno già iniziato al suo interno i primi studi scientifici. Tuttavia, affinché diventi pienamente operativo, l’agenzia spaziale russa Roskosmos ha preventivato 10 EVA all’esterno della Stazione entro la fine del prossimo anno e l’invio di veicoli cargo Progress carichi di materiali, attrezzature, merci per lo scopo.

Da quanto si apprende dalla pubblicazione Russkij Kosmos, un’iniziativa editoriale di Roskosmos, salvo cambi di programma, due EVA sono attese per il 2021 (ne manca una che sarà svolta, sempre da Novickij e Dubrov, oggi 9 settembre), mentre le rimanenti sono previste a partire da gennaio 2022. I cosmonauti, ma anche astronauti come Matthias Maurer, si stanno preparando da più di un anno presso l’idrolaboratorio del Centro di Addestramento Jurij Gagarin a Città delle Stelle, in Russia, per eseguire le mansioni che svolgeranno nello spazio, come l’attivazione di ERA (il braccio robotico europeo), l’integrazione al segmento russo del nodo Pričal, la predisposizione per l’installazione della camera di equilibrio per gli esperimenti e di un radiatore supplementare che smaltirà il calore generato dalle apparecchiature scientifiche e tante altre attività non meno importanti.

Un lavoro iniziato nel 2012

È noto che il lancio di Nauka sarebbe avvenuto ben prima del 21 luglio 2021 se non fossero stati riscontrati numerosi problemi e imprevisti nel susseguirsi degli anni. Per questo motivo, non consapevoli di cosa avesse in serbo il destino, le cinque agenzie spaziali fondatrici della Stazione Spaziale Internazionale hanno allestito per tempo il laboratorio orbitante per l’attracco del nuovo modulo russo.

Il programma di lavoro affidato a Oleg Novickij e Pëtr Dubrov per l’uscita del 3 settembre, meglio nota come VKD-49, verteva principalmente sul collegamento di un cavo di rete Ethernet e due linee di alimentazione, attraverso le quali fluirà una parte dell’energia generata dai grandi pannelli fotovoltaici del segmento statunitense. Nauka, infatti, è attualmente alimentato sia dalle proprie celle solari sia dagli accumulatori del modulo Zvezda, attraverso le apposite connessioni presenti nell’interfaccia di attracco. L’instaurare una connessione “fisica” tra il segmento russo e quello statunitense ha dei vantaggi e non è soltanto una questione di sicurezza. Innanzitutto introduce ridondanza tra i sistemi: in casi di emergenza il primo può alimentare il secondo e viceversa; oltre a ciò Nauka può contare di un approvvigionamento elettrico maggiore per svolgere appieno le sue funzioni e supportare gli utilizzatori, come i carichi utili (payload) sistemati all’esterno del modulo o il braccio robotico europeo. Per avere un ordine di grandezza, il laboratorio russo richiederà circa 2.500 watt, ovvero poco meno della potenza elettrica erogata dal contatore di un’abitazione.

Disposizione sul modulo Zarja dei cavi di alimentazione di rete. Credit: NASA via Flickr

In particolar modo, i cavi oggetto di attenzione da parte di Oleg Novickij e Pëtr Dubrov sono stati instradati nel corso di tre attività extraveicolari – tra statunitensi e russe – occorse tra il 2012 e il 2013. Il primo tassello risale al 30 agosto 2012. Quel giorno, tra i compiti secondari della EVA di Sunita Williams e Akihiko Hoshide – oggi comandante di Expedition 65 – i due astronauti hanno steso la prima parte dei cavi partendo da un quadro elettrico situato nella struttura a traliccio. L’anno seguente, più precisamente il 9 luglio 2013, durante l’EVA-22, Chris Cassidy e il “nostro” Luca Parmitano, impegnato nella prima EVA di un astronauta italiano, hanno ripreso il lavoro da dove era stato interrotto, fissando le prolunghe sul modulo Unity fino a PMA-1 (Pressurized Mating Adapter), il componente che connette Zarja al segmento statunitense.

Un mese più tardi, il 16 agosto, è stato il turno di Fëdor Jurčichin e Aleksandr Misurkin. Durante le 7 ore e 29 minuti nello spazio i due cosmonauti, aiutati dal braccio telescopico Strela, hanno srotolato le bobine dal PMA-1 lungo tutta la superficie di Zarja, terminando il lavoro con il fissaggio della parte terminale dei cavi di alimentazione e di rete al modulo Poisk.

Il resoconto della VKD-49

La preparazione per l’imminente escursione nello spazio è iniziata intorno alle 08:30 italiane seguendo, sotto supervisione del centro controllo missione di Mosca (MCC-M), le procedure standardizzate, che comprendono l’inspirazione di ossigeno puro mentre si eseguono leggeri esercizi fisici per eliminare l’azoto dal sangue e scongiurare il rischio della malattia da decompressione. Ad aiutare Oleg Novickij e Pëtr Dubrov in tutto il processo, inclusa le vestizione delle pesanti – 114 kg – tute Orlan-MKS, c’era l’astronauta NASA Mark Vande Hei, compagno d’equipaggio insieme ai due cosmonauti sulla Sojuz MS-18, viste le sue ottime capacità di comunicare in russo.

Una volta assicurato che tutto fosse pronto, da Mosca si è avuto il via libera alla depressurizzazione della camera di equilibrio (il modulo Poisk) e alla successiva apertura del portello, segnando l’inizio effettivo della passeggiata spaziale VKD-49 alle 16:41 italiane. Lavorando in tandem coadiuvato da Novickij, Dubrov si è occupato di collegare gli otto connettori dei cavi di alimentazione al pannello quadro elettrico presente nella zona anteriore di Nauka. Ben presto però, ma era prevedibile, sono emerse alcune difficoltà per i cosmonauti, in particolare nello svitare, raccogliere e conservare in una scatola i tappi protettivi degli spinotti, nonostante siano stati aiutati nella presa da dei ganci. Ciò ha comportato un ritardo sul cronoprogramma, tuttavia l’intervento del centro di controllo missione di Mosca è stato provvidenziale nell’istruire, rassicurare e motivare i cosmonauti a portare a compimento i compiti principali, più importanti, prima di rientrare al modulo Poisk.

Pëtr Dubrov fotografato da Oleg Novickij mentre lavora ai cavi. Credit: Roskosmos

L’escursione nello spazio si è conclusa 7 ore e 54 minuti dopo l’apertura del portello, quando in Italia erano scoccati 35 minuti dopo la mezzanotte del 4 settembre. Oleg Novickij e Pëtr Dubrov hanno collegato con successo al modulo Nauka i due cavi di alimentazione del segmento statunitense, parzialmente connesso il cavo Ethernet e imbullonato uno dei tre corrimani pianificati in origine. Le mansioni che non è stato possibile eseguire per mancanza di tempo, incluso il posizionamento dell’esperimento Biorisk sul modulo Poisk, sono state riprogrammate nella attività extraveicolare di oggi, 9 settembre (VKD-50).

Fonti: NASA, Roskosmos

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