L’odissea del modulo russo Nauka
Volendo, non sarebbe una forzatura paragonare le vicissitudini del modulo russo Nauka alla Tela di Penelope descritta nell’Odissea di Omero. In modo analogo all’azione di Penelope, che scuciva di nascosto il tessuto filato per guadagnare tempo, ogni volta che pensavamo di essere vicini all’epilogo ecco venire alla luce qualcosa d’inatteso a scombussolare i programmi originari e a far ripiombare in un futuro lontano un passaggio chiave del progetto (milestone in inglese) o il giorno del lancio.
Quella di Nauka è una vera e propria odissea, costellata di imprevisti che non ti aspetti, ritardi e false speranze che tutto stesse voltando per il meglio. Stavolta la situazione è cambiata per davvero e finalmente, dopo una lunga attesa, siamo vicinissimi al lancio di un modulo nei cui confronti Roskosmos e alcune persone nell’industria spaziale russa (e non solo) nutrono sentimenti contrastanti. Su tutte è emblematica la replica di Dimitrij Rogozin, direttore generale di Roskosmos, che risponde per le rime alla dura affermazione dei detrattori di Nauka, secondo i quali sarà la rovina per la persona che autorizzerà il lancio, nella convinzione che il modulo darà problemi anche nello spazio a causa del suo tormentato passato:
Siamo pronti a correre questo rischio e il nuovo team di Roskosmos se ne farà carico, perché non possiamo più tollerare la costruzione a lungo termine. E la nostra responsabilità è già molto grande, ne siamo consapevoli.
Dimitrij Rogozin, direttore generale Roskosmos, da una intervista a TASS il 4 febbraio 2020
In vista del grande giorno vogliamo ripercorrere con questo articolo cosa è successo a Nauka in questi anni, vicende che sono state documentate sia qui su AstronautiNEWS, sia in modo più diffuso su ForumAstronautico.it. Se da un lato si sta chiudendo la parentesi sulla Terra di Nauka, dall’altra sta per iniziare la sua avventura nel luogo per il quale è stato progettato: lo spazio.
Le origini e l’antenato sovietico
Premessa: l’anno della messa in orbita di Nauka, il 2021, non deve indurre a pensare che si tratti di un progetto recente. Tutt’altro! Si tratta piuttosto di un ponte tra il passato e il futuro della cosmonautica russa: l’ultimo manufatto figlio dell’eredità sovietica portato nel XXI secolo con soluzioni tecniche d’avanguardia mai adottate in altri moduli russi, ma che si sono affermate come uno standard a livello internazionale.
Torniamo indietro nel tempo. Negli anni novanta Stati Uniti, Russia, Canada, Giappone e 11 stati europei, sotto l’egida dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), uniscono le forze e trovano l’intesa per realizzare un nuovo avamposto umano nello spazio: la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), che dovrà succedere alla Mir e sostituire le stazioni nazionali Freedom e Mir-2, ferme a proposte su carta. Approvato il progetto, definiti i contratti e ricevuti i fondi da Boeing, nel dicembre 1994 il Centro Chruničev di Mosca si mette all’opera per realizzare il primo tassello del nuovo avamposto: Zarja. Inoltre, quasi in modo simultaneo, il Centro ha assemblato in modo parziale – a proprie spese – un modulo gemello, attingendo ai materiali avanzati dal cantiere di Zarja. L’intento era avere una base di partenza molto avanti nella costruzione, per essere impiegata per altri progetti (inclusa la ricostruzione di Zarja in caso d’incidente) e ultimata in tempi brevi. È da questo modulo, noto con il nome FGB-2 per distinguerlo da Zarja (FGB/FGB-1), che avrà origine, dopo vari ripensamenti, Nauka.
Questo non è un modus operandi insolito per l’agenzia spaziale russa, visto che diversi moduli di riserva destinati al programma Saljut sono stati completati e lanciati nello spazio, senza dimenticare che due di essi sono diventati, con le opportune modifiche, il fulcro della Mir e della Stazione Spaziale Internazionale, il modulo Zvezda. I motivi di questo modo di fare sono molteplici: in primo luogo la considerazione che non c’è garanzia di successo della missione (spesso si sente dire l’espressione space is hard, lo spazio è ostile), poi la fallibilità del lanciatore Proton – nei primi anni di servizio non era un vettore affidabile, benché risolti i problemi di gioventù sia diventato la colonna portante del programma spaziale sovietico/russo.
Sia Zarja che Nauka devono il loro nome al “modulo funzionale di carico”, le cui parole in russo sono abbreviate, per l’appunto, con la sigla FGB – Funkcionalʹno-Gruzovoj Blok. Esso è l’ultima evoluzione della navetta per trasporto di rifornimenti (in russo TKS) pensata verso la fine degli anni ’60 per il rifornimento delle stazioni spaziali Almaz (versione militare della Saljut) e usato come base di partenza per cinque dei sette moduli della stazione Mir.
Una seconda vita e i problemi
La composizione e la disposizione originaria dei moduli destinati al segmento russo (ROS – Russian Orbital Segment) della Stazione Spaziale Internazionale erano ben diverse e più ambiziose di quelle odierne, ma nel periodo successivo al lancio di Zarja (1998), Zvezda (2000) e Pirs (2001) Roskosmos dovette fronteggiare la crisi economica successiva alla caduta dell’Unione Sovietica e, di conseguenza, amministrare i limitati fondi a disposizione per far quadrare i conti. In seguito a un’attenta analisi di fattibilità molti moduli proposti per espandere le capacità del ROS vennero in prima battuta ripensati e infine cancellati del tutto. Tra questi si annovera l’Universal Docking Module (UDM) che doveva sfruttare la base pronta al 60-70% del FGB-2, che intanto era stata riposta in magazzino, ma la sua realizzazione avrebbe richiesto pesanti modifiche alla struttura e tanti soldi.
Qualche anno più tardi, all’inizio del 2004, le carte in tavola cambiano ancora una volta e si pensa di convertire FGB-2 in un Modulo Laboratorio Polivalente (MLM) da collocare al boccaporto inferiore di Zarja, in sostituzione di due moduli di carattere scientifico cancellati con l’Universal Docking Module. Nell’estate dello stesso anno il direttore generale di Roskosmos, Anatolij Perminov, conferma le intenzioni di voler aggiungere MLM, l’altra denominazione di Nauka, al segmento russo lanciandolo nel 2007 con il vettore pesante Proton. Tuttavia Roskosmos e RKK Energija approvano il progetto solamente nel novembre 2006, con l’auspicio di lanciarlo entro tre anni, nel 2009. È l’inizio del calvario, con il modello dello schema elettrico di Nauka che tarda a lasciare l’officina del Centro Chruničev per passare al vaglio degli specialisti di RKK Energija.
Una piccola parentesi: tutti i manufatti (moduli, sonde, rover, etc.) che andranno nello spazio o che atterreranno su altri corpi celesti (pianeti, satelliti naturali o asteroidi) hanno almeno un modello ingegneristico a grandezza naturale, perfettamente funzionante e fedele nei dettagli, che gli ingegneri usano come banco prova per risolvere problemi reali o condurre test di varia natura.
Passano gli anni e come la Tela di Penelope dell’introduzione, sinonimo di qualcosa che non si realizzerà mai, Nauka fatica a venire alla luce. Già con un ritardo considerevole sulla tabella di marcia, nel dicembre 2012 RKK Energija riceve in consegna dal Centro Chruničev il prodotto di volo di Nauka assemblato da metà anni Novanta. Per gran parte del 2013 gli specialisti esaminano a fondo il modulo e il verdetto è inequivocabile: FGB-2 si è fatto vecchio, mostra i segni dell’inesorabile scorrere del tempo, ma cosa ben peggiore – si scoprirà in seguito – i problemi sono aggravati dall’incuranza degli operai nell’eseguire alcune lavorazioni. A preoccupare sono linee del carburante e le relative valvole, dove sono state riscontrate impurità (limatura metallica) e perdite in più punti che, se non rimosse, potrebbero portare a un grave malfunzionamento dei razzi di manovra e contaminare i serbatoi di Zarja e Zvezda, mettendo a serio rischio sia il viaggio di Nauka verso la Stazione, sia la Stazione stessa.
Roskosmos e i rappresentanti delle aziende spaziali russe definiscono un nuovo piano d’azione per risolvere i problemi segnalati da RKK Energija. Il 28 dicembre 2013 FGB-2 ritorna al Centro Chruničev (il principale appaltatore di Nauka) per eseguire una profonda pulizia delle tubazioni e le riparazioni del caso. Non sarà un lavoro semplice e veloce; si stima che saranno necessari 12-18 mesi e quindi Nauka resterà a terra almeno fino al 2015. Passano pochi mesi ed ecco un’altra batosta: è necessario cambiare il sistema di propulsione, che giunti nel 2014 ha superato il periodo di tempo per il quale era stato garantito dal costruttore. Inoltre la sostituzione è stata forzata anche dalla contaminazione riscontrata nelle linee d’alimentazione. Il lancio sembra un miraggio e il conto alla rovescia dà l’impressione di non essere mai partito: è sempre fermo a “fra tre anni”.
Il 2014 e il 2015 sono gli anni più bui: si pensa perfino di demolire Nauka, tanti sono i problemi riscontrati, unitamente al fatto che si crede che la Stazione Spaziale Internazionale non resterà in orbita ancora a lungo. Ma sono troppi i soldi investiti per fare un passo indietro, e inoltre la Russia ha bisogno di Nauka per dare un senso al proprio programma scientifico sull’ISS. Sfortunatamente il peggio deve ancora arrivare: nel 2017 un nuovo imprevisto incombe sul destino del modulo. Ispezionando i serbatoi del carburante vengono scoperte tracce di ruggine e difetti di fabbrica: crepe microscopiche nel metallo dovute a fatica dello stesso. Si tenta per 12 mesi di pulire i serbatoi, arrivando all’estrema decisione di aprirli all’estremità, ma il risultato non è quello atteso: la saldatura non regge e causa perdite.
Molte componenti di Nauka, tra cui i serbatoi, non sono più in produzione essendo state concepite negli anni ’70-’80. Roskosmos e RKK Energija passano al vaglio diverse soluzioni che si possono riassumere in revisionare e pulire nuovamente i serbatoi originali con tecniche migliori, oppure sostituirli con esemplari impiegati in altri veicoli spaziali. Ognuna di esse offre benefici e svantaggi, ma ambedue devono scontrarsi con la realtà dei fatti: il modulo non può subire drastiche modifiche in ragione dell’ubicazione dei serbatoi (gran parte di essi è sormontata dagli scambiatori di calore), del fatto che essi devono contenere carburante a sufficienza per le operazioni nominali e di emergenza, e che una soluzione deve essere attuabile in tempi brevi. Si decide di adattare i serbatoi sferici dello stadio superiore Fregat prodotti da NPO Lavočkin; però, a sorpresa, nel settembre 2019 viene diramata la notizia secondo la quale i serbatoi originali sono stati sistemati con successo.
Si giunge a gennaio 2020: il lancio entro l’anno è in bilico perché sono necessari controlli precauzionali non programmati per certificare le componenti, che ormai hanno qualche annetto sulle spalle, e perché questa operazione è possibile farla solamente a Mosca e non a Bajkonur, in Kazakistan. L’invio al Cosmodromo è imminente, è questione di tempo! Nonostante la pandemia di COVID-19 che ha limitato la forza lavoro e la ricomparsa di vecchi problemi, a luglio 2020 Nauka supera la campagna di test durati 30 giorni nella camera a vuoto di RKK Energija.
Finalmente Bajkonur
La sera del 10 agosto un convoglio lungo 14 vagoni lascia Mosca con destinazione Bajkonur. Dopo nove giorni e oltre 1.900 chilometri su rotaia, Nauka con tutte le sue attrezzature al seguito varca i cancelli del Cosmodromo. Si entra ufficialmente nella fase finale dell’allestimento del modulo per l’invio alla Stazione Spaziale Internazionale, che richiederà nove mesi. In questo periodo ha avuto luogo una fitta campagna di controllo qualità composta da 754 fasi distinte che hanno dettato il passo per il completamento dell’assemblaggio con il definitivo equipaggiamento di volo. Infatti Nauka è stato trasportato per gran parte smontato sia per questioni di peso e ingombri sia per facilitare l’accesso per l’ispezione di parti nascoste.
Non si perde tempo; scaricato il modulo dal vagone e posizionato sulla sua piattaforma di lavoro presso il Sito 254, gli specialisti di RKK Energija si mettono subito al lavoro su Nauka, partendo dalla verifica dell’impianto elettrico. Passano i mesi, arrivano nuove parti, le ispezioni delle singole componenti (pannelli fotovoltaici, batterie, sistemi d’attracco, antenne, etc.) danno esito positivo e si va spediti e senza intoppi. A ottobre, in concomitanza del lancio della Sojuz MS-17, i cosmonauti Oleg Novickij e Pëtr Dubrov hanno visto da vicino il modulo e ricevuto preziose indicazioni dagli ingegneri che ci lavorano. Saranno infatti loro due i primi a occuparsi della messa in servizio di Nauka dopo l’attracco al modulo Zvezda, atteso per il 29 luglio alle 15:25 italiane circa.
I cosmonauti non sono gli unici interessati a fermarsi a Bajkonur. Infatti verso la fine di ottobre l’Agenzia Spaziale Europea invia al Cosmodromo una squadra di persone per ispezionare il braccio robotico europeo ERA in previsione della successiva integrazione all’esterno di Nauka per il lancio. Il braccio è stato ideato per la prima volta per equipaggiare lo spazioplano Hermes in fase di studio negli anni Ottanta, poi mai realizzato. ESA credeva fermamente nelle sue potenzialità e nei benefici di tale tecnologia, tanto che nel 1996 Roskosmos firmò con l’agenzia spaziale europea un accordo di cooperazione, che si concretizzerà nel 2005 con la consegna ai russi di ERA.
Dopo quasi 30 giorni nella camera a vuoto del Sito 254 del Cosmodromo di Bajkonur, si esegue il test più temuto per verificare la tenuta stagna dello scafo, dei raccordi dei tubi, delle giunture e delle guarnizioni. L’8 maggio Nauka viene portato fuori con una buona notizia: il modulo è idoneo per la fase propedeutica al lancio, ovvero il fissaggio delle parti interne ed esterne secondarie meno critiche, nonché l’incapsulamento nell’ogiva, il riempimento dei serbatoi e l’integrazione finale con il lanciatore Proton-M.
Tutto fila liscio fino al 30 giugno quando Nauka raggiunge il Sito 31 per il rifornimento con il combustibile per i razzi di controllo d’assetto e i gas compressi per la separazione delle due metà dell’ogiva. È una doccia fredda: alcuni sensori stellari e a infrarossi per la navigazione non sono stati protetti con la coperta termica e il modulo deve tornare al Sito 254 per correggere il difetto. Forse una dimenticanza o una procedura poco minuziosa hanno portato all’errore, anche perché Nauka è il primo veicolo spaziale di tale complessità a essere processato a Bajkonur da un ventennio a questa parte, cioè dal lancio di Zvezda nel luglio 2000. Il problema incide per sei giorni sulla tabella di marcia e il decollo viene riprogrammato dal 15 al 21 luglio. C’è da dire che il personale è stato abile a reagire in fretta visto il risicato margine sulla chiusura della finestra di lancio, disponibile per circa 10 giorni ogni due mesi.
Il 10 luglio i sei serbatoi di Nauka sono stati riempiti con il carburante senza nessuna perdita, quindi l’annoso problema è scomparso del tutto. Quattro giorni più tardi, il 14 luglio, Nauka protetto dall’ogiva a sua volta fissata all’interstadio (anello adattatore) è imbullonato ai tre stadi del lanciatore pesante Proton-M che attendeva pazientemente il suo prezioso carico al Sito 92. Nella notte italiana del 17 luglio, quando a Bajkonur erano le 04:30 del mattino, la motrice ferroviaria fa capolino dal Sito 92 diretta al complesso di lancio 200/39 con al suo seguito Nauka e il Proton-M sistemati sopra il sistema di verticalizzazione (erettore). Quelle che separano i due luoghi sono le ultime migliaia di metri sulla Terra del modulo russo, la fine di un viaggio a ostacoli e dalle molteplici sfumature iniziato nel 1995 come backup di Zarja e dal 2004 come Modulo Laboratorio Polivalente, il cui lancio era stato pianificato per la prima volta nel 2007 e rimandato per 14 anni!
Adesso Nauka è in posizione sulla piattaforma di lancio per le verifiche finali e il via libera alla partenza. Quando in Italia saranno le 16:58:21 del 21 luglio scoccherà il T−0, i sei propulsori del primo stadio del Proton-M si accenderanno e i 9 minuti dell’ascesa avranno inizio.
Поехали, Наука! Ovvero andiamo, Nauka!
Fonti: ForumAstronautico.It, Roskosmos
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