Ieri 11 marzo alle 18:51 italiane (le 1:51 del 12 marzo ora locale), la China Aerospace Science and Technology Corporation (CASC), società sussidiaria della China National Space Administration (CNSA), ha lanciato con successo la missione XJY-6-02 con un razzo Lunga Marcia 7A. Il vettore è decollato dalla rampa 201 del centro spaziale di Wenchang, nell’isola di Hainan, in Cina. Si è trattato del secondo volo di questa variante del lanciatore, dopo il fallimento dello scorso anno, che sancisce il completamento di un lungo programma di ammodernamento nelle tecnologie di accesso allo spazio per la Cina.
Come per tutte le nazioni che hanno avviato un programma spaziale nel secolo scorso, anche per la Cina lo scopo principale di sviluppare tecnologie in grado di lanciare carichi a lunga distanza o nello spazio era militare. Il primo satellite spaziale cinese, Dongfang Hong 1, è stato lanciato a bordo di un vettore Chang Zheng 1 (长征一号), Lunga Marcia 1 o CZ-1, il primo razzo spaziale cinese, il 24 aprile del 1970 dal cosmodromo di Jiuquan nell’entroterra cinese.
L’accesso allo spazio ha cambiato ormai la sua identità esistenziale: oltre agli scopi militari, se ne sono aggiunti tanti altri: scientifici, economici, commerciali, di comunicazione, di sicurezza e salvaguardia del pianeta, per dirne alcuni. Sta di fatto che al giorno d’oggi si protraggono alcuni degli svantaggi che l’origine militare dello sviluppo ha portato senza curarsi delle conseguenze. I centri di lancio, ad esempio, erano situati tutti nell’entroterra del paese, per essere più protetti e nascosti, il che comportava che i pezzi di cui comunemente un razzo si disfa nei primi minuti di lancio precipitassero all’interno del territorio nazionale e non in mare.
Inoltre, i propellenti usati dai primi stadi delle varie versioni dei lanciatori spaziali erano tutti di tipo ipergolico, altamente tossici e cancerogeni, a base di tetrossido di diazoto e dimetilidrazina asimmetrica, che richiedevano particolare cura nella preparazione e stoccaggio. Questa tipologia di lanciatori ha dominato le attività spaziali nazionali dal 1970 al 2014, con solo due voli dell’originale CZ-1 e centinaia di voli di razzi di varianti dei vari CZ-2, CZ-3 e CZ-4.
Dal 2015 è iniziato un programma di rinnovamento tecnologico generale, sia per quanto riguarda i razzi vettore che per i siti di lancio. A settembre hanno fatto il debutto i nuovi lanciatori superleggeri, CZ-6 e CZ-11, che a oggi hanno sempre completato le loro missioni con successo. Il 2016 è stato l’anno più ricco di novità, che ha visto l’inaugurazione della nuova base di lancio a Wenchang e dei due nuovi lanciatori CZ-7 e CZ-5, di classe media e pesante. Il 2020 invece, ha visto il decollo del primo lanciatore progettato per essere parzialmente riutilizzabile, il CZ-8.
Il rinnovo principale di questa serie è principalmente nei primi stadi, che non usano più propellenti tossici. Molti dei nuovi lanciatori, inoltre, saranno lanciati da Wenchang, che permette un angolo di lancio (azimuth) più ampio, per servire diversi tipi di missioni, e inoltre consente l’espulsione di ogiva, primo stadio e booster mentre si sorvola il mare, evitando così rischi per la popolazione. In più il CZ-11 permette addirittura di essere lanciato da una piattaforma marina, aumentando quindi la versatilità del lanciatore.
Purtroppo non tutto è filato liscio dal primo momento. Già dal 2017 c’è stato un problema con il secondo volo del CZ-5, che si è concluso con un fallimento, e la cui indagine ha bloccato per anni alcune missioni scientifiche, lo sviluppo della variante CZ-5B e il lancio della stazione spaziale. Solo a dicembre 2019, dopo 900 giorni, il lanciatore è tornato al successo, sbloccando tutte le missioni che da esso dipendevano, come la missione lunare Chang’e 5, quella marziana Tianwen-1 e il test della nuova capsula per equipaggio. L’anno dopo, a marzo 2020 con la missione XJY-06 è stata testata la variante CZ-7A, che differisce dalla CZ-7 solamente per il terzo stadio, purtroppo conclusa con un fallimento.
È stato solo ieri che anche questo vettore è tornato al successo, rimettendo in carreggiata anche l’ultima variante di un razzo di nuova generazione. Molti dettagli del carico rimangono riservati, dovrebbe essere lo stesso della missione fallita l’anno precedente. La TV di stato ha solo rilevato che si tratta di un carico sperimentale, cosa che si evince anche dalla denominazione alternativa del carico, Shiyan 9, che in cinese vuol dire proprio esperimento. La massa del satellite è superiore alle 7 tonnellate e la sua destinazione è l’orbita geostazionaria.
Adesso la Cina può contare su una flotta moderna, variegata e funzionante di lanciatori spaziali, che la pongono in luce nel piano internazionale. Il volo di oggi non metterà in pensione i vecchi lanciatori, ci sarà ancora una lunga fase di transizione, un periodo utile per valutare l’affidabilità dei nuovi lanciatori, oltre permettere di riorganizzare la situazione logistica. Non vedremo infatti a breve la dismissione delle vecchie di basi lancio, la cadenza di lanci è ormai troppo frequente per poter contare solo su Wenchang e la piattaforma oceanica.
L’innovazione non termina qui. Al momento ci sono stati solo 26 voli dei nuovi vettori Lunga Marcia, a fronte di un totale di 362 comprendendo anche i vecchi, quindi è possibile che qualche altra variante veda la luce nei prossimi anni per coprire un vuoto di offerta di servizi di lancio. Lo stesso CZ-7A potrebbe subire modifiche all’ogiva, aumentando il diametro da 4,2 a 5,2 metri, per permettere il lancio di satelliti più grandi. Nei prossimi 3-4 anni vedremo soprattutto i tentativi di recupero e riutilizzo del primo stadio del lanciatore CZ-8 e più in futuro verrà chiarito il destino del lanciatore super-pesante CZ-9, che potrebbe portare in orbita fino a 140 tonnellate, ma non vedremo il volo inaugurale prima del 2030.
Fonte: CGTN.