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Splashdown nel Pacifico per gli astronauti di Apollo 14

Mitchell esce dal modulo di comando aiutato da un membro della squadra di recupero.

9 febbraio 1971

Dal nostro inviato a Houston.

Con un perfetto ammaraggio nell’oceano Pacifico meridionale, oggi Alan Shepard, Stuart Roosa ed Edgar Mitchell sono felicemente tornati a casa dopo 9 giorni di missione. Si conclude quindi la terza esplorazione umana della Luna, dimostrando ancora una volta la volontà e l’ingegno nel risolvere i problemi che sorgono in queste incredibili e tutt’altro che semplici missioni.

Alan Shepard si esibisce nel suo famoso sorriso mentre si rade.

Apollo 14 aveva lasciato l’orbita lunare tre giorni fa e in questi giorni l’equipaggio ha decisamente rallentato i ritmi dopo le due intense giornate precedenti. Durante il viaggio di ritorno però le attività non sono certo mancate: fotografare la Luna che si allontanava, stivare tutto il materiale raccolto sulla superficie, due dirette televisive, una conferenza stampa in cui hanno risposto ad alcune domande da parte dei giornalisti, due test riguardanti i serbatoi e il circuito dell’ossigeno, esercizi di navigazione stellare con simulazione di perdita delle comunicazioni con il controllo missione e infine l’aver condotto alcuni esperimenti scientifici. A beneficio della diretta televisiva Roosa ha effettuato e descritto quattro esperimenti riguardanti i moti convettivi di liquidi e gas immiscibili, la tensione superficiale, la solidificazione di campioni di metalli e leghe e la separazione di molecole organiche in un campo elettrico.

Stuart Roosa afferra al volo una bevanda nella sezione inferiore del CM.

Lo stesso Roosa, che ha un passato nel corpo forestale, ha avviato la germinazione di circa 500 semi di alcune specie di alberi ad alto fusto tipici del Nord America: pinus taeda, sicomoro, storace americano, sequoia e abete di Douglas, secondo un accordo tra lo U.S. Forest Service e la NASA. Le eventuali piantine che si svilupperanno verranno poi distribuite in varie parti degli Stati Uniti e monitorate per studiarne eventuali cambiamenti dovuti alla germinazione in microgravità.

Splashdown

Il modulo di comando qualche attimo prima del tuffo nelle acque del Pacifico.

Lo splashdown del modulo di comando (CM) della navicella Apollo è avvenuto alle 21:05 italiane, circa 1.000 chilometri a sud-est delle isole Fiji e sotto controllo degli elicotteri di recupero della U.S.S. New Orleans della marina statunitense.

Raggiunti dalla squadra di recupero gli astronauti sono usciti dalla capsula indossando delle semplici tute di volo e una mascherina semifacciale munita di filtro e, dopo essere stati issati a bordo di un elicottero, sono stati trasportati a bordo della New Orleans dove li attendeva la consueta Mobile Quarantine Facility (MQF).

Da sinistra: Roosa, Shepard e Mitchell all’interno della MQF.

Nella MQF gli astronauti passeranno i prossimi giorni prima di trasferirsi negli appositi alloggi e laboratori di quarantena a Houston, dove rimarranno fino al 27 febbraio. Dopo la totale assenza di patogeni e sintomi “lunari” evidenziata dagli equipaggi di Apollo 11 e 12, se anche questa volta l’esito sarà simile, le precauzioni post volo verranno abbandonate già dalla prossima missione 15 prevista per fine luglio.

Il video del rientro, con il rimbalzo sugli strati alti dell’atmosfera, blackout, apertura dei paracadute e ammaraggio.

Un secondo fuori programma

Edgar Mitchell al suo posto sul seggiolino destro del CM.

Dopo l’inaspettato e non pianificato colpo di golf di Shepard sulla Luna, un’altra attività “clandestina” si sarebbe svolta a bordo in questi ultimi giorni di missione. Notizie non ancora confermate sosterrebbero che Ed Mitchell, durante le ore di riposo e all’oscuro anche dei compagni, avrebbe condotto per quattro volte esperimenti di telepatia “inviando” a quattro persone preventivamente avvisate, sequenze di simboli delle carte Zener. La fonte riporta che i risultati ottenuti sarebbero però simili alle possibilità generate casualmente. Infatti, su 200 simboli che Mitchell avrebbe “inviato”, due persone “riceventi” ne avrebbero indovinati 51, mentre le altre due hanno ottenuto risultati inferiori, portando la media intorno ai 40 simboli indovinati, che è proprio il numero che mediamente si otterrebbe scegliendo a caso.

Due pagine del taccuino su cui Mitchell ha annotato la sequenza dei simboli inviati. © Fia Backström/Cabinet.

Foto credit: NASA.

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