Apollo 14: Shepard e Mitchell sono sulla Luna nonostante due inconvenienti
5 febbraio 1971
Dal nostro inviato a Houston
Questa mattina, dopo alcuni momenti di tensione causati dal computer e dal radar, il modulo lunare (LM) Antares con a bordo il comandante Alan Shepard e il pilota Edgar Mitchell, si è posato sulla superficie lunare dando inizio alla terza esplorazione umana della Luna.
La lunga giornata era iniziata dopo la mezzanotte italiana con la sveglia, l’ingresso nel LM Antares e la separazione dal modulo di comando (CM) Kitty Hawk con a bordo il collega Stuart Roosa.
Prima di iniziare la discesa propulsa verso la superficie, i controllori a Houston hanno rilevato un segnale di abort proveniente dal computer di bordo, provocato probabilmente da un frammento di saldatura che, fluttuando liberamente all’interno dell’involucro dell’interruttore, andava a chiudere il contatto sul quadro comandi del LM.
Il classico rimedio del “prova a dargli un colpetto” risolveva solo temporaneamente il problema, che si ripresentava regolarmente dopo pochi istanti. Se il fatto si fosse presentato durante la discesa con il motore acceso, il computer avrebbe immediatamente avviato la procedura di spegnimento del motore, separazione della cabina dal resto del LM e conseguente ritorno in orbita.
Con l’approssimarsi del momento previsto per l’inizio della discesa e impossibilitati ad aggiornare da Terra il software, i programmatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology) hanno risolto il problema elaborando in pochissimo tempo una serie di comandi numerici che facessero credere al computer di essere già in una situazione di aborto e quindi ignorare i successivi input spuri.
Dopo le opportune verifiche al simulatore i comandi sono stati comunicati via radio all’equipaggio e inseriti manualmente da Mitchell nel computer AGC (Apollo Guidance Computer) tramite l’interfaccia DSKY.
La sequenza di comandi che Mitchell ha inserito a pochi minuti dall’accensione del motore di discesa sono stati:
VERB 25 ENTER, NOUN 7 ENTER, 105 ENTER, 400 ENTER, 0 ENTER
VERB 21 ENTER, NOUN 1 ENTER, 1010 ENTER, 107 ENTER
VERB 25 ENTER, NOUN 7 ENTER, 101 ENTER, 200 ENTER, 1 ENTER
VERB 25 ENTER, NOUN 7 ENTER, 105 ENTER, 400 ENTER, 0 ENTER
VERB 21 ENTER, NOUN 1 ENTER, 1010 ENTER, 77 ENTER
Dove VERB
è il pulsante per definire un’azione, NOUN
è il pulsante per definire l’oggetto dell’azione ed ENTER
è il pulsante che avvia il comando desiderato. A ogni azione e oggetto è associato un numero. Per i veri appassionati esiste un emulatore DSKY online.
Questo sotterfugio, o hack nel gergo informatico, ha permesso quindi di iniziare la discesa verso la superficie, ma con un grosso rischio per i due astronauti del LM che, in una vera situazione di emergenza, avrebbero dovuto eseguire manualmente tutte le manovre previste oltre che inserire velocemente altre serie di comandi numerici.
Il motore di discesa è stato quindi acceso, ma dopo qualche minuto il radar di bordo, che fornisce indicazioni di altitudine e velocità di discesa, non riusciva ancora a rilevare la superficie. Mentre la discesa continuava il radar è stato riavviato varie volte e alla fine, a circa 6.700 metri di altitudine, il contatto è stato stabilito. Anche in questo caso la missione è stata a rischio di aborto in quanto una regola di procedura stabilisce che se il radar è ancora inoperante a 3.000 metri, l’atterraggio deve essere annullato. Conoscendo Shepard, qualcuno a Houston era però sicuro che avrebbe comunque tentato di atterrare anche senza radar.
Risolti tutti i problemi, alle 10:18 italiane Shepard e Mitchell hanno finalmente posato il LM sulla superficie, leggermente inclinato di 8° a causa di un avvallamento del terreno.
Dopo i rapidi controlli per stabilire se rimanere o decollare subito, aver configurato il LM per i prossimi due giorni di permanenza e pranzato, i due astronauti si sono preparati per la prima delle due escursioni previste.
È stato un lungo viaggio, ma siamo qui.
Alan Shepard
Alle 15:54 italiane Alan Shepard è diventato il quinto uomo ad aver posato piede sulla superficie lunare, seguito qualche minuto dopo dal compagno Ed Mitchell, il tutto ripreso per la prima volta da immagini a colori. Nelle successive quattro ore gli astronauti hanno posizionato i vari strumenti scientifici:
- un magnetometro per la misurazione del campo magnetico a livello della superficie;
- un sismometro attivo per rilevare le onde sismiche provocate da una serie di piccoli detonatori posizionati a distanze differenti e attivati manualmente dagli astronauti e quattro mortai esplosivi (attivati da Terra dopo la ripartenza degli astronauti);
- un sismometro passivo;
- un rilevatore di particelle cariche per lo studio della ionosfera;
- un riflettore laser passivo per misurare la distanza Terra/Luna;
- un rilevatore per la misurazione di densità e temperatura della quasi nulla atmosfera lunare;
- un rilevatore di particelle cariche per studiare l’interazione della superficie con il vento solare.
Come già avvenne per Apollo 12, anche in questa missione gli strumenti scientifici vengono gestiti da un’unità centrale e alimentati da un piccolo generatore termoelettrico a radioisotopi (SNAP-27).
In vista della seconda escursione gli astronauti hanno preparato il MET (Modular Equipment Transporter) un carrellino a due ruote ribattezzato subito “il risciò”, che domani servirà a trasportare vari materiali lungo le pendici del cratere Cone.
Durante l’attività esterna i due astronauti hanno potuto usufruire, per la prima volta sulla Luna, di una sacca d’acqua interna alla tuta da cui bere tramite una cannuccia posta a lato bocca. Una seconda novità della tuta lunare consiste in un sistema che in caso di necessità, tramite un tubo aggiuntivo esterno, consente ai due astronauti di condividere l’acqua di raffreddamento del sistema di supporto vitale. Infine, come si evince chiaramente dalle immagini trasmesse, il comandante della missione è facilmente riconoscibile dal compagno grazie ad alcune strisce rosse poste su casco, braccia e gambe, una piccola ma importante miglioria a favore delle riprese televisive.
Il video degli ultimi 6 minuti prima dell’atterraggio.
Foto credit: NASA.
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