Rientrata dalla ISS la Dragon CRS-21 di SpaceX
Nelle prime ore del 14 gennaio italiano, si è regolarmente conclusa con un morbido ammaraggio nel Golfo del Messico a ovest di Tampa (Florida, Stati Uniti) la ventunesima missione di rifornimento di SpaceX della Stazione Spaziale Internazionale, iniziata lo scorso 6 dicembre dal Kennedy Space Center.
Martedì 12 gennaio, quando in Italia erano le 15:05, la navicella Cargo Dragon ha lasciato il laboratorio orbitante, allontanandosi in modo automatico dal boccaporto di zenit del modulo Harmony, sotto la supervisione dell’astronauta Victor Glover e degli ingegneri NASA del centro controllo missione di Houston. Come accennato diverse volte, la seconda generazione di Cargo Dragon non necessita più del braccio robotico Canadarm2 per le fasi di attracco e rilascio, in quanto gestita interamente dai computer di bordo della navicella.
Uscita dalla sfera immaginaria del raggio di 200 metri intorno la Stazione, la responsabilità della missione è passata a SpaceX e la Dragon è rimasta in volo libero per circa 36 ore, in attesa del momento giusto per l’accensione dei propulsori per uscire dall’orbita e il successivo rientro atmosferico. La discesa finale della navicella è stata rallentata dai 4 paracadute principali e ha toccato il pelo dell’acqua alle 02:26 italiane del 14 gennaio, le 20:26 del 13 gennaio locali, riportando a terra circa 2.000 chilogrammi tra attrezzature di bordo da revisionare e preziose indagini scientifiche condotte dagli astronauti.
Infatti tra i veicoli cargo che oggi riforniscono la Stazione Spaziale Internazionale, la Dragon è l’unico in grado di sopravvivere al rientro e consegnare del carico utile dallo spazio.
Una volta issata la capsula sul pontile della nave di supporto Go Navigator, arrivata in anticipo nella zona di ammaraggio, gli addetti della squadra di recupero hanno prelevato dalla stiva gli esperimenti più importanti e li hanno prontamente inviati al Kennedy Space Center nelle mani dei ricercatori. Dopo aver tratto qui i primi risultati, le ricerche saranno consegnate ai laboratori responsabili di quello specifico studio sparsi negli Stati Uniti e nel mondo.
Dunque la vicinanza a Cape Canaveral, che può essere raggiunto nel giro di 4–9 ore, è un motivo per cui la navicella non rientra al largo della California, come invece accadeva con la precedente Cargo Dragon. A sottolinearlo è Kirt Costello, direttore scientifico del programma ISS della NASA: «Essere in grado di ottenere così velocemente i risultati scientifici è molto importante per la biologia spaziale, perché vogliamo comprendere se gli effetti che stiamo studiando in orbita sono dovuti alla condizione di microgravità o agli effetti delle sollecitazioni che un soggetto o un campione potrebbe sperimentare all’atterraggio».
Cosa è tornato dalla Stazione Spaziale Internazionale?
Nel corso di ciascuna Expedition gli astronauti si occupano di diversi progetti di ricerca, sia pubblici che privati, inerenti a diverse discipline e ambiti di conoscenza, alcuni di questi molto curiosi. Scopriamoli più da vicino!
Dodici bottiglie di Bordeaux (famoso vino prodotto nei dintorni dell’omonima città francese) hanno invecchiato per 14 mesi nello spazio e adesso sono di nuovo qui sulla Terra. Sono state inviate al laboratorio orbitante col veicolo cargo Cygnus NG-12 nel novembre 2019 con lo scopo di valutare come l’ambiente spaziale abbia influito sul processo di maturazione del vino. Sempre per rimanere in tema, alcuni ricercatori analizzeranno 320 tralci di vite sottoposti alla microgravità e alle radiazioni cosmiche. L’esperimento, finanziato da fondi privati e guidato dalla start-up lussemburghese Space Cargo Unlimited, studierà la capacità di adattamento della pianta, con la speranza che ciò porti benefici nei metodi di coltivazione dell’uva nelle zone più aspre della Terra.
Presenti nella Dragon soprattutto ricerche di biologia e di biomedicina, come quello dell’università statunitense di Stanford, che si focalizza sugli effetti della microgravità sulle cellule cardiovascolari, oppure quello sulla risposta al riadattamento alla gravità dei roditori, meglio noto come Rodent Research-23. I topolini sono perfetti per questo tipo di studio, perché la loro fisiologia è simile a quella dell’uomo e reagisce in modo analogo in microgravità. Grazie alle analisi comparative prima e dopo il volo spaziale, i responsabili di questo studio sperano così di trovare il fattore scatenante che induce i problemi di vista notati dagli astronauti nelle missioni di lunga durata.
Fonti: NASA, Spaceflight Now
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