Boeing, passi avanti per il secondo volo orbitale di Starliner
Dopo le numerose criticità emerse nel primo volo orbitale di collaudo della capsula CST-100 Starliner, avvenuto il 20 dicembre 2019, Boeing è corsa ai ripari, lavorando alacremente nel corso dell’ultimo anno per sistemarli e pagando di tasca propria un secondo volo orbitale. L’esito di questa missione sarà determinante affinché gli Stati Uniti abbiano per la prima volta due veicoli diversi in grado di trasportare in sicurezza gli astronauti verso l’orbita terrestre bassa.
L’inchiesta di un team indipendente di NASA e Boeing che ha lavorato per scoprire le cause del fallito attracco alla Stazione Spaziale Internazionale e la successiva fine anticipata della missione OFT-1, meglio nota come Orbital Test Flight 1, ha varato 80 raccomandazioni volte a migliorare l’intero processo di collaudo e a riprogettare alcune parti della capsula, prima della seconda missione. Le due macro aree in cui si è intervenuti maggiormente sono il codice del software di volo di Starliner, responsabile del mancato raggiungimento degli obiettivi della missione, e il cono protettivo del sistema di attracco.
Il 18 gennaio 2021 Boeing ha comunicato di aver concluso con successo una verifica completa del software presso il suo laboratorio Avionics and Software Integration Lab a Houston, con le prove che hanno sia interessato gli effetti di ogni singolo comando sia diversi scenari di una missione. Una pietra miliare importantissima per l’azienda, visto che non era stato condotto in occasione del primo volo, preferendo un controllo per parti del software. Infatti il fallimento della missione è stato imputato a un errore nell’impostazione del parametro Mission Elapsed Time, responsabile della sequenza di eventi automatici dopo il decollo, compresa l’accensione dei propulsori, causando un consumo anomalo di carburante per quella fase di volo.
La modifica più evidente su CST-100 Starliner riguarda la copertura del sistema di attracco, che adesso adotta una soluzione simile a quella utilizzata sulla Crew Dragon, ovvero un coperchio incernierato che si apre una volta in orbita. In origine Boeing aveva preferito una soluzione “usa e getta”, con il cono che veniva espulso nella fase di ascesa, dopo il superamento del max q, il punto di massima pressione aerodinamica sul lanciatore e sul veicolo. Questa nuova soluzione è in grado di proteggere meglio le componenti al di sotto, in particolar modo durante il rovente rientro atmosferico. Così facendo sarà estesa la vita utile del modulo abitabile affinché possa essere riutilizzato per almeno 10 volte.
Intanto, di pari passo all’allestimento della navicella per il secondo Orbital Flight Test, al Kennedy Space Center è in corso il ripristino e l’aggiornamento della capsula Calypso utilizzata per la missione OFT-1 e che volerà una seconda volta nel primo volo con equipaggio.
Il lancio… quando?
Lo scorso 9 dicembre NASA e Boeing hanno indicato il 29 marzo 2021 come data per il secondo volo di Starliner, che partirà dal complesso di lancio 41 di Cape Canaveral, sempre a bordo del lanciatore Atlas V (versione N22) costruito da United Launch Alliance (ULA), la collaborazione tra Lockheed Martin e Boeing.
Secondo quanto emerso dal Comitato del Consiglio Consultivo per l’Esplorazione e le Operazioni Umane della NASA riunitosi il 13 gennaio, il direttore dei voli spaziali commerciali Phil McAlister avrebbe proposto di anticipare il lancio di un paio di giorni. Il motivo risiede nel fatto che la Stazione Spaziale Internazionale dispone di due soli ormeggi per le navette di SpaceX e Boeing, gli International Docking Adapter IDA-2 e IDA-3, posizionati nei boccaporti anteriore e zenit del modulo Harmony, uno dei quali è occupato dalla Crew Dragon Resilience.
Inoltre, a partire dalla seconda metà di marzo, inizia un periodo intenso per l’Expedition 64, che a quel punto sarà vicina alla conclusione, per via dell’avvicendamento tra gli equipaggi della Sojuz MS-17 e MS-18, ma soprattutto quelli di SpaceX Crew-1 e Crew-2, il cui lancio è previsto non prima della fine di marzo, cioè in concomitanza della missione di Starliner. Alla fine, il 25 gennaio, dopo aver valutato la prontezza della navetta e le priorità della Stazione, NASA e Boeing hanno formalizzato quanto ventilato dal Comitato del Consiglio Consultivo, rettificando il lancio al 25 marzo 2021.
Secondo il programma di volo in caso di ascesa nominale, dopo 31 minuti dalla partenza, la navetta effettuerà la manovra per l’inserimento in orbita, sul giusto tracciato verso la sua destinazione con un avvicinamento in 26 ore. Starliner attraccherà automaticamente al boccaporto anteriore del modulo Harmony restandovi per circa una settimana prima di rientrare e atterrare sulla terra ferma nello stato del Nuovo Messico, una delle 5 zone d’atterraggio sparse nell’ovest degli Stati Uniti. In questo lasso di tempo, l’equipaggio in orbita scaricherà i rifornimenti presenti a bordo e condurrà dei test della navetta. Alcuni di questi riguardano una prova di abitabilità e il campionamento dell’aria della cabina, grazie al quale è possibile rilevare la presenza di sostanze nocive rilasciate dalla naturale degassificazione dei materiali.
Se questo volo orbitale si concluderà con un esito positivo, allora si procederà in estate (data da stabilire) con il volo di collaudo con equipaggio, denominato Crew Test Flight (CTF), con gli astronauti NASA Nicole Mann e i veterani Micheal Fincke e Barry “Butch” Wilmore, subentrato a Christopher Ferguson dimessosi dall’incarico per motivi personali. Il 7 ottobre 2020, con un video pubblicato sul suo account Twitter, l’ultimo comandante dello Space Shuttle ha comunicato la sua sofferta decisione, spiegando che nel 2021 ci sarebbero stati importanti impegni familiari a cui non voleva mancare, tra questi il matrimonio della figlia. Una scelta condivisibile, anche perché ha fatto notare che la carriera professionale che ha intrapreso lo ha tenuto lontano da casa nei momenti più significativi della famiglia.
Sebbene abbia rinunciato al volo, resterà coinvolto negli sviluppi di Starliner con una mansione di primo piano: direttore delle operazioni dell’equipaggio e della missione. Lui infatti si assicurerà che la navetta di Boeing soddisfi le esigenze degli astronauti, oltre a seguirli passo passo nel loro addestramento e durante tutte le fasi della missione, compresi gli istanti antecedenti il lancio e successivi all’atterraggio.
Per Barry Wilmore sarà il ritorno sul laboratorio orbitante, dopo la breve parentesi con lo Space Shuttle Atlantis (STS-129) e la lunga permanenza con le Expedition 41 e Expedition 42, per un totale di 178 giorni nello spazio e 4 EVA. A partire da luglio 2018 si è addestrato al fianco degli equipaggi di Starliner come unico astronauta di riserva, prima di focalizzarsi unicamente al ruolo di comandante ereditato da Chris Ferguson, a cui riconosce gli sforzi profusi nel progetto Starliner: «Per lui non dev’essere stato facile farsi da parte, ma con la sua guida e il suo aiuto, questa squadra è pronta per il successo. Andremo avanti con la stessa professionalità e dedizione che Chris ha plasmato».
Interpellato sulla possibile durata del Crew Flight Test, Phil McAlister ha fatto presente che molto probabilmente si tratterà di un volo regolare di collaudo di circa 14 giorni, visto che la presenza di astronauti statunitensi sulla Stazione è garantita dalla Crew Dragon di SpaceX, ma nulla è stato ancora deciso. In prima battuta, infatti, la NASA ha preso in considerazione di estendere il soggiorno dei 3 astronauti, un po’ come successo con Bob Behnken e Doug Hurley con la missione SpaceX Demo-2.
Se entrambi i voli di collaudo e di certificazione fileranno lisci, per la fine dell’anno, inizio del 2022, è attesa la prima missione operativa di Boeing (Starliner-1), quella che porterà sulla Stazione Spaziale Internazionale gli astronauti NASA Sunita Williams, Josh Cassada e Jeanette Epps, che da poco è stata aggiunta all’equipaggio. Resta dunque ancora un posto da assegnare per questo volo. Uno dei papabili candidati potrebbe essere l’astronauta Koichi Wakata che, come annunciato a novembre dalla JAXA (l’agenzia spaziale giapponese), ritornerà nel 2022 sulla Stazione per la sua terza missione di lunga durata, la quinta della sua carriera.
Fonti: NASA, Spaceflight Now, Spacenews e Space.com
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