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Matthias Maurer raggiungerà nel 2021 la ISS con una Crew Dragon

Matthias Maurer e Thomas Pesquet in visita alla sede di SpaceX a Hawthorne (California). Credit: SpaceX

«Le due missioni europee nel 2021 ci permetteranno di condurre un numero maggiore di importanti ricerche scientifiche insieme ai nostri colleghi internazionali. Sono lieto di vedere che questa importante collaborazione proseguirà ancora, nonostante siano trascorsi 20 anni dal lancio del primo equipaggio». Con queste parole, Jan Wörner (Direttore Generale uscente di ESA) ha felicemente accolto l’assegnazione dell’astronauta tedesco Matthias Maurer alla sua prima missione sulla Stazione Spaziale Internazionale, che raggiungerà nell’autunno 2021 per dare il cambio al francese Thomas Pesquet.

A inizio mese i rappresentanti dell’agenzia spaziale statunitense NASA, russa Roskosmos, europea ESA, canadese CSA/ASC e giapponese JAXA si sono riuniti e hanno eletto 3 dei 4 membri dell’equipaggio per la missione SpaceX Crew-3, la terza operativa del Commercial Crew Program, poi resi pubblici il 14 dicembre. Matthias Maurer, l’unico membro del Corpo Astronauti Europeo a non aver ancora volato da quando è stato selezionato nel 2015, farà squadra con due colleghi della NASA: l’esperto Thomas Marshburn e il novellino Raja Chari, uno degli astronauti selezionati nel 2017 e che di recente è stato inserito nel gruppo Artemis Team per le missioni lunari.

Come si apprende dalla nota rilasciata dalla NASA, il quarto membro dell’equipaggio sarà ufficializzato in una fase successiva, una volta che si saranno concluse le trattative tra la NASA e le altre agenzie. Questo posto potrebbe essere affidato o a un cosmonauta di Roskosmos o a un astronauta canadese, considerando che sia la JAXA che ESA faranno volare due loro rappresentati in altrettante missioni: Soichi Noguchi (SpaceX Crew-1), Akihiko Hoshide e Thomas Pesquet (SpaceX Crew-2) e – per l’appunto – Matthias Maurer (SpaceX Crew-3). Se da un lato, in base a quanto scritto in un accordo intergovernativo, la NASA non precluderebbe la possibilità di far volare un cosmonauta sulla Crew Dragon e CST-100 Starliner in cambio di “biglietti” sulla Sojuz, dall’altra David Saint-Jacques è ad oggi l’ultimo canadese ad aver raggiunto il laboratorio orbitante.

È opportuno ricordare che l’accesso e lo sfruttamento delle risorse della Stazione Spaziale Internazionale è disciplinato dal contributo al progetto delle agenzie spaziali e delle singole nazioni, vedi quello italiano. Fin quando la Sojuz è stato l’unico mezzo certificato per la turnazione degli equipaggi del laboratorio orbitante, i tre posti sulla navetta russa erano così ripartiti: uno riservato necessariamente a un cosmonauta (il comandante), uno a un astronauta statunitense e il terzo a rotazione tra le varie agenzie in base alle necessità. In questo modo una ordinaria Expedition con un equipaggio di 6 contava la presenza di almeno 2 cosmonauti nella parte russa della Stazione e i rimanenti in quella statunitense, massimizzando così l’operatività di ciascun segmento.

Merita una breve parentesi la designazione dell’incarico di pilota e di comandante della Crew Dragon tra i due astronauti NASA. Sebbene Thomas Marshburn abbia effettuato due missioni spaziali (STS-127 e Sojuz TMA-07M), il ruolo di comandante è stato affidato a sorpresa a Raja Chari, perché di solito questa responsabilità viene data a un astronauta con esperienze pregresse. Per quanto concerne i voli umani statunitensi, una situazione simile si è verificata 47 anni fa con la missione Skylab 4, che vide al comando il compianto Gerald Carr.

Tuttavia bisogna fare una precisazione: è vero che Joseph Engle quando comandò la missione STS-2 dello Space Shuttle era alla sua prima missione, ma aveva già ottenuto il distintivo di astronauta, poiché in 3 voli suborbitali con lo spazioplano North American X-15 superò l’altitudine di 80 chilometri, la quota riconosciuta dall’aeronautica militare statunitense per ricevere questa qualifica.

Cosmic Kiss

Cosmis Kiss: ecco il nome e l’emblema della prima missione di Matthias Maurer, che lo stesso astronauta tedesco ha svelato e illustrato sul proprio account Twitter insieme all’annuncio del suo primo volo.

Mai un nome poteva essere più adatto e denso di significato. Una vera e propria “dichiarazione d’amore per lo spazio”, come ha spiegato l’astronauta, che ispirerà l’interesse dello spazio nelle persone, legando virtualmente la Stazione, gli abitanti della Terra e l’universo. Inoltre la stessa Stazione Spaziale Internazionale è il miglior esempio di ciò che si può ottenere se si uniscono le forze per un fine comune, permettendo all’uomo di andare più lontano (verso la Luna e Marte, ad esempio). Ma in tutto questo non bisogna dimenticarsi di proteggere il nostro pianeta, che negli occhi degli astronauti nello spazio enfatizza la sua fragilità.

Per il disegno dell’emblema, Matthias Maurer ha preso spunto dal Disco di Nebra (la più antica rappresentazione del cielo notturno risalente all’età del bronzo), dai Dischi d’Oro e delle placche delle sonde Voyager e Pioneer, a dimostrazione che la magnificenza dello spazio è senza tempo. Tra i vari simboli ben riconoscibili, si notano in primo piano la Terra e la Luna e più in lontananza Marte, quasi a sottolinearne la distanza, stilizzato di un puntino rosso e l’ammasso stellare delle Pleiadi. Al centro la Stazione Spaziale Internazionale, il “cuore” della ricerca dove l’uomo sta sviluppando le tecnologie necessarie per le sue prossime sfide nel cosmo.

Video esplicativo di ciò che può fare il robot CIMON. Credit: ESA via YouTube

L’addestramento di Matthias Maurer per Cosmic Kiss è già iniziato, l’astronauta si è preparato al fianco di Thomas Pesquet in qualità di astronauta di riserva, ma con una nuova sfida in più: il rispetto delle normative anti-contagio dovute alla pandemia da COVID-19, necessarie per proteggere il delicato ambiente della Stazione Spaziale Internazionale. Nei suoi 6 mesi in orbita, l’astronauta tedesco si occuperà sia di nuovi esperimenti scientifici sia di proseguire alcuni studi condotti dal connazionale Alexander Gerst nelle missioni Blue Dot e Horizon, come il robot CIMON che sfrutta l’intelligenza artificiale per dialogare con gli astronauti, aiutandoli con le attività di manutenzione e di ricerca quotidiane.

Fonti: DLR, ESA (in italiano) e NASA

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