BepiColombo ha effettuato il primo flyby di Venere
La sonda europea in viaggio verso Mercurio, realizzata in collaborazione con l’agenzia giapponese JAXA, ha effettuato oggi il suo primo passaggio ravvicinato di Venere. Per l’occasione alcuni strumenti e fotocamere sono stati accesi per acquisire dati sull’atmosfera del pianeta, soprattutto in seguito alla recente scoperta riguardante la fosfina, un possibile indicatore di attività biologica.
Questa mattina, alle 5:58 italiane, BepiColombo è passata a circa 10.720 km dalla superficie di Venere, aggiustando la sua traiettoria che la porterà nel 2025 a essere catturata definitivamente nell’orbita di Mercurio. La manovra odierna, chiamata in gergo gravity assist e ideata negli anni ’60 dal matematico italiano Giuseppe “Bepi” Colombo, è ormai ampiamente utilizzata dalle sonde interplanetarie per accelerare o rallentare senza l’utilizzo dei propulsori, solamente sfruttando il campo gravitazionale di un pianeta.
Con l’obbiettivo finale di raggiungere Mercurio, che rispetto alla Terra si trova in un orbita più interna nel Sistema Solare, BepiColombo nel corso dei 7 anni di viaggio deve progressivamente perdere velocità rispetto a quella acquistata al lancio per sfuggire al campo gravitazionale terrestre e quindi “cadere” verso il pianeta più vicino al Sole. Questa decelerazione viene ottenuta sia in maniera propulsa, grazie a quattro propulsori ionici elettrici QinetiQ T6 allo xeno, sia effettuando ben 9 gravity assist planetari, uno con la Terra, due di Venere e sei di Mercurio.
La prima di queste manovre di frenata assistita dalla gravità, è avvenuta con la Terra lo scorso 10 aprile, quando la sonda passò a 12.700 km dal nostro pianeta transitando da est verso ovest, quindi in direzione opposta al moto della Terra nella sua orbita intorno al Sole, ottenendo una diminuzione della sua velocità di ben 5 km/s e risparmiando circa 450 kg di carburante.
Dopo il passaggio di oggi, BepiColombo ha rallentato ulteriormente la sua corsa al punto di essersi sincronizzata con Venere, guadagnando così un secondo flyby del pianeta previsto per il prossimo 10 agosto 2021, quando passerà a soli 550 km di distanza e rallenterà definitivamente per iniziare la discesa verso l’orbita di Mercurio.
Facendo di necessità virtù, alcuni strumenti a bordo della sonda, che solitamente sono dormienti, sono stati accesi per investigare la spessa atmosfera venusiana, così come la ionosfera e la magnetosfera. Il potenziale scientifico di questa opportunità è enorme e tutta la comunità scientifica mondiale aspetta con curiosità soprattutto i dati del radiometro e spettrometro all’infrarosso MERTIS, che potrebbe confermare la recente scoperta di tracce di fosfina nell’atmosfera. MERTIS è infatti in grado di analizzare gli strati di nuvole presenti alle medie altitudini dell’atmosfera di Venere, dove pressione e temperatura sono più miti rispetto alle 90 atmosfere e 450 °C del suolo, rilevando anidride carbonica, anidride solforosa, acido solforico e altri composti.
La fosfina venne rilevata tra il 2017 e 2019 dagli osservatori James Clerk Maxwell Telescope (JCMT) alle Hawaii e Atacama Large Millimeter / submillimeter Array (ALMA) in Cile. La pubblicazione sulla rivista Nature lo scorso 14 settembre fece molto scalpore perché la fosfina sulla Terra è associata all’attività biologica e viene prodotta da batteri anaerobici che prosperano in ambienti privi di ossigeno. La quantità rilevata su Venere è risultata mille volte superiore a quella terrestre e le condizioni altamente ossidanti di Venere in teoria impedirebbero la produzione di fosfina. Infatti sui giganti gassosi come Giove e Saturno è presente in piccolissime quantità e viene prodotta all’interno dei pianeti, dove ci sono condizioni di pressione e temperatura talmente elevate che innescano la riduzione del fosforo con idrogeno.
A bordo dell’orbiter giapponese MMO (Mercury Magnetospheric Orbiter) erano attivi:
- MPPE (Mercury Plasma Particle Experiment);
- MMO-MGF (Mercury Magnetospheric Orbiter Magnetometer);
- PWI (Plasma Wave Instrument).
A bordo dell’orbiter europeo MPO (Mercury Planetary Orbiter) erano attivi:
- ISA (Italian Spring Accelerometer);
- MERTIS (MErcury Radiometer and Thermal Infrared Spectrometer);
- MGNS (Mercury Gamma-ray and Neutron Spectrometer);
- MORE (Mercury Orbiter Radio-science Experiment);
- MPO-MAG (Mercury Planetary Orbiter Magnetometer);
- PHEBUS (Probing of Hermean Exosphere by Ultraviolet Spectroscopy);
- SERENA (Search for Exospheric Refilling and Emitted Natural Abundance);
- SIXS (Solar Intensity X-ray and particle Spectrometer);
- BERM (BepiColombo Radiation Monitor).
A bordo del modulo propulsivo e di servizio europeo MTM (Mercury Transfer Module) erano attive le Monitoring Cam (MCAM) 2 e 3.
Tutti i dati ottenuti verranno confrontati con quelli degli osservatori professionali terrestri, da quelli di una rete coordinata di osservatori amatoriali e quelli della sonda giapponese Akatsuki, già in orbita venusiana dal dicembre 2015 per studiare la stratificazione e le dinamiche dell’atmosfera.
Fonte: ESA.
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