ESA Solar Orbiter, le prime immagini ci regalano già una nuova scoperta
Solar Orbiter, la sonda europea per lo studio ravvicinato del Sole ha inviato a Terra le prime immagini riprese durante i giorni del recente perielio, rivelando sulla superficie della nostra stella un nuovo fenomeno esplosivo battezzato prontamente Campfire, il piccolo falò da campo.
Lanciata lo scorso 10 febbraio, la sonda Solar Orbiter è transitata al primo perielio della sua missione lo scorso 15 giugno, quando è passata a 77 milioni di chilometri dalla superficie del Sole. Durante il passaggio tutti e dieci gli strumenti scientifici di bordo hanno lavorato incessantemente, compresi i sei telescopi ottici, e nei giorni successivi tutti i dati sono stati ricevuti dalla stazione europea di Malargüe in Argentina e quindi distribuiti ai vari team responsabili dei vari strumenti.
Finalmente ieri, 16 luglio, con una teleconferenza, ESA ha rilasciato pubblicamente le prime esaltanti immagini, enfatizzando meritatamente la prima nuova scoperta della missione.
I Campfire
I solar flare, i brillamenti o eruzioni solari, sono eventi esplosivi di inimmaginabile potenza ben osservabili dagli osservatori solari terrestri. Essi sono spesso seguiti da gigantesche protuberanze di plasma e particelle cariche che vengono espulse nello spazio, con emissione di radiazioni in tutto il campo elettromagnetico.
Il mese scorso, analizzando le immagini riprese dallo strumento EUI (Extreme Ultraviolet Imager), gli scienziati belgi responsabili dello strumento si sono accorti della presenza di piccoli brillamenti sulla superficie del Sole, fenomeni mai osservati finora.
«I campfire sono molto piccoli rispetto ai flare che osserviamo dalla Terra, milioni o miliardi di volte più piccoli», ha affermato David Berghmans dell’Osservatorio Reale belga e Principal Investigator di EUI.
«A prima vista il Sole potrebbe apparire tranquillo, ma se osservato in dettaglio possiamo vedere questi brillamenti in miniatura ovunque guardiamo».
Ancora nulla sappiamo sulla natura di questi fenomeni, se sono solo una versione ridotta dei grandi brillamenti o sono scatenati da meccanismi differenti. Naturalmente nelle ultime settimane alcune teorie sono già state proposte e alcune si domandano se i campfire possano contribuire al misterioso fenomeno del riscaldamento della corona solare.
«I campfire sono totalmente insignificanti se presi singolarmente, ma sommando i loro effetti e considerando tutta la superficie del Sole, essi potrebbero dare un contributo sostanziale al riscaldamento della corona solare», chiarisce Frédéric Auchère, dell’Institut d’Astrophysique Spatiale (IAS) francese.
La corona solare è lo strato più esterno dell’atmosfera del Sole e si estende per milioni di chilometri nello spazio. Il mistero cui facevamo riferimento precedentemente riguarda la sua temperatura, che risulta essere nell’ordine del milione di gradi Celsius, notevolmente superiore ai semplici 5500 °C della superficie sottostante. Ancora oggi, dopo decenni di studi, il meccanismo che genera il riscaldamento della corona non è ancora pienamente compreso e, tra gli scienziati, la sua soluzione è considerata il Santo Graal dell’eliofisica.
«Naturalmente è ancora troppo presto per arrivare alla soluzione, ma mettendo in relazione i dati provenienti da tutti e dieci gli strumenti di bordo, compresi quelli che si occupano della composizione del vento solare che la sonda attraversa durante il suo percorso, saremo in grado di risolvere finalmente il mistero», aggiunge Yannis Zouganelis, ESA vice Project Scientist per Solar Orbiter.
«Queste sono solo le prime immagini della missione e già abbiamo potuto osservare un nuovo fenomeno», conclude Daniel Müller, ESA Solar Orbiter Project Scientist. «In verità non ci aspettavamo grandi risultati fin da subito, ma abbiamo constatato come tutti e dieci i nostri strumenti si completino a vicenda, offrendoci una visione globale del Sole e del suo ambiente circostante».
Solar Orbiter è infatti ancora nella fase preparatoria alla missione scientifica vera e propria che inizierà nel 2022. Questi primi due anni serviranno per attivare e calibrare i sensori e gli strumenti di bordo ed effettuare misurazioni e analisi dello spazio attraversato.
Il prossimo appuntamento sarà per dicembre quando la sonda effettuerà un flyby di Venere, sfruttandone l’effetto fionda gravitazionale (gravity assist) necessario ad avvicinarsi sempre più al Sole.
Fonte, video e foto credit: ESA.
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Wow! Complimentoni all’ESA!