Solar Orbiter ha effettuato il primo flyby del Sole

Lo scorso 15 giugno, dopo quattro mesi di viaggio, SolO la sonda europea per lo studio del Sole ha effettuato il primo di una lunga serie di passaggi ravvicinati della nostra stella transitando a 77 milioni di chilometri dalla sua superficie, pari alla metà della distanza Terra/Sole.

In questa settimana successiva al perielio, il punto dell’orbita più vicino al Sole, gli scienziati testeranno i dieci strumenti scientifici di bordo, tra cui sei telescopi ottici che, per la prima volta all’unisono, acquisiranno immagini dettagliate del Sole. Queste prime osservazioni serviranno a validare tutta la suite scientifica per le future osservazioni.

Secondo Daniel Müller, ESA Solar Orbiter Project Scientist, queste saranno le prime immagini del Sole mai acquisite da così vicino. «Nessuno ha mai potuto acquisire immagini da cosi vicino, certo l’Inouye Solar Telescope delle isole Hawaii è in grado di ottenere immagini di risoluzione maggiore, ma a causa dell’interferenza dell’atmosfera terrestre, non gli è possibile osservare l’intero spettro solare, cosa che invece avviene dallo spazio».

La sonda NASA Parker Solar Probe (PSP) lanciata nel 2018, ha già effettuato flyby più ravvicinati di SolO e in futuro passerà a soli 6,9 milioni di chilometri, ma proprio per questo non ha a bordo nessuno strumento ottico per l’osservazione diretta del Sole.

La posizione di tutti gli strumenti scientifici di SolO.

«I nostri telescopi all’ultravioletto di bordo hanno la stessa risoluzione spaziale di quelli del NASA Solar Dynamic Observatory (SDO), che però opera dall’orbita terrestre, il che significa che le immagini acquisite da SolO hanno una risoluzione doppia di quelle di SDO», afferma Müller.

I dati ottenuti dagli strumenti ottici verranno messi in correlazione anche con i dati ottenuti dai quattro strumenti di misurazione “in situ”, che monitorano l’ambiente circostante la sonda, fornendo informazioni riguardanti la struttura e composizione del vento solare.

«Per gli strumenti in situ questo non sarà soltanto un periodo di test», afferma Yannis Zouganelis, ESA Solar Orbiter Deputy Project Scientist. «Ci aspettiamo veramente nuovi e esaltanti risultati».

La posizione attuale di SolO tra le orbite di Venere e Mercurio.

Nel dicembre prossimo SolO effettuerà il primo “gravity assist” di Venere e il mese successivo ci sarà il secondo flyby del Sole, mentre la missione scientifica vera e propria inizierà all’inizio del 2022 con il primo passaggio veramente ravvicinato di 48 milioni di chilometri.
La particolarità dell’orbita di SolO sarà la sua inclinazione crescente rispetto all’equatore del Sole. La sonda sarà infatti in risonanza con l’orbita di Venere e ogni volta che si troverà a passare in prossimità del pianeta sfrutterà il suo campo gravitazionale per inclinare sempre di più l’orbita, arrivando a 25° alla fine della missione nominale (2027) e 34° alla fine della missione estesa (2030).
Questa inclinazione permetterà per la prima volta di ottenere immagini dei poli del Sole, invisibili dalla Terra e dalle altre sonde, per studiare i processi che danno origine al campo magnetico solare.

Dato che attualmente la sonda si trova a 134 milioni di chilometri dalla Terra, ci vorrà un’intera settimana per ricevere tutti le immagini di queste prime osservazioni, dopodiché i vari team di ricerca dovranno analizzare, processare e comparare il tutto prima di rendere pubblici i risultati, il che è previsto avverrà per la metà del prossimo mese di luglio. I dati degli strumenti in situ verranno invece rilasciati nei mesi successivi mano a mano che i numerosi sensori di rilevamento verranno attentamente calibrati.

L’antenna europea DSA-3 di Malargüe è stata inaugurata nel 2012 e ha un diametro di 35 metri.

«Attualmente abbiamo una finestra di nove ore al giorno per la ricezione dei dati tramite l’antenna di 35 metri di diametro di Malargüe in Argentina», chiarisce Müller. «Nei prossimi anni, con la variazione dell’inclinazione dell’orbita, impiegheremo addirittura alcuni mesi per poter ricevere tutti i dati della sonda, che proprio per questo è stata progettata con una grande e affidabile capacità di immagazzinamento dei dati».

Fonte e foto credit, ESA.

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Commenti

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.

2 Risposte

  1. Adriano Fantoni ha detto:

    Interessantissima esplorazione della sonda, e interessante il fatto che a meta’ strada tra terra e sole le temperature dell’ ambiente circostante non siamo proporzionalmente correlate e neppure che in orbite piu’ prossime al sole, si riscontrino problemi insuperabili ad avvicinare sonde dotate di apparecchiature delicate. Certo che un punto di fusione ad una certa distanza dal sole, ipotizzato senza tempeste in corso, pur ci sara’…..ma a quante migliaia di chilometri, con materiale speciale ad oggi noto, si potra’ arrivare….di distanza dal sole in un futuro?

  2. MayuriK ha detto:

    Wow, ottimo!