Il Darksat di Starlink si dimostra (ancora non abbastanza) il meno riflettente della serie
SpaceX ha lanciato il suo ultimo set di satelliti Starlink lo scorso 18 marzo, il quarto relativo a questo progetto per quest’anno e il sesto in totale. La compagnia ha messo finora in orbita 362 satelliti Starlink e attualmente sono in orbita e operativi per la quasi totalità.
Da quando i lanci Starlink su larga scala sono iniziati nel maggio 2019, gli astronomi avevano avvertito che i satelliti avrebbero sicuramente interferito con le osservazioni scientifiche, in particolare se SpaceX avesse portato a completamento i piani per il lancio di ben 12.000 o più unità nei prossimi anni.
In risposta a tali preoccupazioni, SpaceX ha incluso tra i 60 satelliti Starlink lanciati il 7 gennaio quello che è stato soprannominato “DarkSat”, una variante sperimentale con con il corpo del satellite annerito (eccetto i pannelli solari) per ridurne la riflettività e quindi la luminosità apparente.
Durante la diretta web dell’ultimo lancio di Starlink, SpaceX ha paventato un certo successo riguardo a questa implementazione: «I risultati preliminari mostrano una notevole riduzione», ha dichiarato Jessica Anderson, una delle host del webcast e Lead Manifacture Engineer di Space X, aggiungendo che la società aveva «…un paio di altre idee che pensiamo potrebbero ridurre ulteriormente la riflettività».
Le nuove idee in campo
Una di queste sembra essere una sorta di “parasole” che si aprirebbe come un ombrello. Questo espediente sarà testato in una futura missione Starlink, ma non sono stati forniti ulteriori dettagli né sulla soluzione proposta, né su quando sarebbe stato implementato in una prossima missione.
Elon Musk, amministratore delegato di SpaceX, ha anche menzionato l’opzione “parasole” durante un’intervista sul palco della conferenza Satellite 2020 tenutasi il 9 marzo: «Stiamo lavorando con i maggiori membri della comunità scientifica e gli astronomi professionisti per ridurre al minimo l’albedo (riflettività alla luce) dei satelliti» aggiungendo: «Stiamo conducendo molti di esperimenti. Questi includono un parasole e altri espedienti per ridurre al minimo il potenziale impatto sulle osservazioni astronomiche».
Sempre durante la sua apparizione al Satellite 2020, Musk ha affermato che la costellazione di Starlink alla fine non avrà alcun effetto sull’astronomia terrestre: «Sono fiducioso sul fatto che non si avrà alcun impatto sulle scoperte astronomiche», incalzando «Zero. Questa è la mia previsione. Adotteremo ancora altre misure correttive se si supera lo zero».
Le preoccupazioni rimangono e la comunità scientifica continua a vigilare
Al momento comunque sembra che scurire il corpo del satellite non sia sufficiente e gli scienziati non sono pienamente d’accordo con le dichiarazioni di Elon Musk sul fatto che il sistema Starlink avrà in futuro un effetto “nullo” sul loro lavoro.
In uno studio pubblicato il 17 marzo un gruppo di astronomi che operano il telescopio del Centro de Astronomia della Università di Antofagasta (CITEVA) situato in Cile, ha misurato la luminosità di DarkSat e di un altro satellite Starlink senza alcun trattamento di oscuramento. L’indagine rivela che DarkSat ha una luminosità di 0,88 magnitudini, il 55%, più scuro del normale satellite Starlink. Un risultato promettente, ma comunque molto al di sotto delle specifiche minime richieste dagli astronomi.
In una discussione tenutasi l’11 marzo (pochi giorni prima della pubblicazione dello studio) organizzata dall’American Astronomical Society, Tony Tyson, capo scienziato dell’Osservatorio Vera Rubin in costruzione in Cile, ha affermato che simulazioni effettuate sui satelliti Starlink hanno dimostrato che non solo i satelliti traccerebbeo strisce luminose sulle immagini scattate dal telescopio in un dato momento, ma creerebbero disturbi duraturi alle indagini scientifiche nei minuti a venire, saturando i pixel dei sensibilissimi rivelatori dei telescopi.
«Se potessimo rendere gli Starlink, più scuri di 10-20 volte, si potrebbe rimuovere molti di questi disturbi», chiarendo che «Non si potrà rimuovere il disturbo dato dal passaggio principale, quello sarà sempre rilevato, ma rimuoverà disturbi di saturazione in modo che potremmo essere in grado di ottenere comunque una quantità di dati sufficiente a fare scienza».
Al momento dell’evento, c’erano ancora poche informazioni disponibili su quanto meno visibile il DarkSat fosse rispetto al resto della costellazione di Starlink. Essendo in orbita solo dall’inizio di gennaio, il satellite “scuro” ha raggiunto la sua orbita operativa solo alla fine di febbraio, consentendo da quel momento l’inizio di una campagna di osservazioni atte a un riscontro accurato della sua riflettività, rivelandosi meno luminoso solo la metà.
Una serie di soluzioni in fase di sviluppo continuo
«Questo è un tipo di sperimentazione in continuo corso d’opera», ha detto Tyson parlando delle osservazioni sul DarkSat, precisando che le sue affermazioni erano basate su una serie di dati raccolti proprio la sera prima. I dati del telescopio Cileno analizzati durante l’intervento provenivano principalmente da una sola notte di osservazioni all’inizio di marzo, dopo che il DarkSat aveva appena raggiunto la sua orbita operativa di 563 chilometri.
Tyson, tuttavia, ha sottolineato la cooperazione tra SpaceX e la comunità di astronomi per cercare ridurre la luminosità dei futuri satelliti Starlink dichiarando diplomaticamente: «Abbiamo avuto una collaborazione davvero ottima, lavorando per un paio di mesi con gli ingegneri di SpaceX», ribadendo anch’egli che «Ci sono molte idee sul tavolo per oscurare i loro satelliti. Questo è solo il primo».
Anche Tyson, pur essendo anch’egli molto fiducioso, non si spinge tanto da credere in un effetto “zero” sulle osservazioni. «La mia speranza in futuro è che vengano oscurati sufficientemente, proprio come ho già detto, solo per uscire almeno da questo problema della saturazione per cui i nostri rilevatori sono colpiti in modo molto negativo».
Una speranza che condividiamo riportando comunque che una larga parte della comunità scientifica si ritiene piuttosto preoccupata, invocando una più rapida soluzione. Al momento infatti vi è solo un satellite che indaga sulla riduzione di luminosità sui 360 attualmente operativi. Entro la fine dell’anno Space X conta di aver già in orbita oltre 1200 satelliti e il tempo per studiare una soluzione efficace, prima di una massiva presenza della costellazione in orbita bassa terrestre sembra essere davvero poco.
Occhi puntati su DarkSat anche da parte degli osservatori amatoriali
Non solo la comunità scientifica “ufficiale” si interessa ovviamente alla questione Starlink. Una comunità su tutte si sta impegnando alla osservazione di DarkSat e in generale del progetto Starlink. Si tratta del gruppo di osservatori amatoriali del network SeeSat.
In una mailing list fortemente tecnica e strutturata a livello globale, sta fornendo non solo i dati per tenere traccia di tutti i satelliti della costellazione di Musk sin dalle prime orbite (e spesso anche in anticipo, calcolando le previsioni in base agli orari di lancio previsti), ma anche registrando una serie di testimonianze oggettive sulla luminosità del DarkSat (e di tutti i satelliti Starlink in orbita) su scala globale.
Queste osservazioni vengono anche costantemente condivise attraverso i social network, con foto e filmati a corredo.
Non solo lo spettro visibile, ma anche quello radio e infrarosso
Finora ci siamo soffermati solo su uno degli aspetti principali delle interferenze che la megacostellazione di satelliti Starlink porterà con sè: quello che impatta sulle osservazioni nello spettro visibile. In gioco ci sono non solo le osservazioni dei telescopi ottici ma anche i radiotelescopi, anch’essi molto sensibili oltre a quelli dedicati allo studio dello spazio cosmico nello spettro dell’infrarosso.
Fonti: SpaceNews.com, Medium.com
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